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salute mentale

Perché gli studenti italiani sono i primi d'Europa per consumo di psicofarmaci

Secondo uno studio, gli studenti italiani sono primi consumatori europei nella fascia 15-19 anni per l'abuso di psicofarmaci senza ricetta. La responsabile dello studio chi ha spiegato dove trovano gli psicofarmaci e per cosa li usano.

Immagine dell'utente Flickr Dean812

Secondo l'ultima ricerca ESPAD [European Survey Project on Alcohol and Drugs] gli studenti italiani sono i numeri uno in Europa per l'abuso di psicofarmaci. In generale, l'abuso di psicofarmaci è noto a chiunque soffra o abbia intorno qualcuno che soffre di disturbi di ansia, depressione o anche solo paura di volare—ma in altri termini. È un attimo ricordarsi di come ti aveva fatto stare bene quel bromazepam quando non riuscivi a districare i pensieri e fartene prescrivere una scatola dalla cugina medico della tua amica.

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Ma non è di questo abuso, un abuso "mirato" e funzionale, simile piuttosto a quello dei farmaci, che parla il rapporto dell'Istituto di Fisiologia Clinica del Consiglio Nazionale di Ricerca di Pisa, quanto piuttosto di un uso randomico e sovrapponibile a quello dell'alcol e della droga: quello alla Mark Renton, per intenderci.

Vista l'aura di mistero e preoccupazione che circonda questi medicinali e chi ne fa un uso anche mirato nel nostro paese, non stupisce che poi siano spesso i ragazzi i più propensi a considerarli alla stregua di qualsiasi altra cosa potrebbero ingerire per fare serata. E infatti, stando alla ricerca, è un 15-19enne su dieci ad abusare di psicofarmaci. La percentuale più alta in Europa, appunto. E anche la più alta degli ultimi anni, un ritorno ai picchi degli anni Novanta.

Ho contattato Sabrina Molinaro, dell'Istituto di Fisiologia del CNR, per indagare più a fondo la questione di chi, quando e perché faccia uso degli psicofarmaci in Italia quando ancora sta sui libri di scuola.

VICE: Mi può parlare della ricerca in generale, dei suoi criteri e del funzionamento?
Sabrina Molinaro: Lo studio ESPAD-Italia 2014 non riguarda solo l'abuso di psicofarmaci, ma i comportamenti a rischio in generale: alcol, tabacco e sostanze illegali, ma anche il gioco d'azzardo. Si è tenuto per la prima volta nel 1995, poi dal 1999 ha in Italia cadenza annuale e copre la popolazione tra i 15 e i 19 anni: ovvero, ogni anno, circa 50 mila studenti. In Europa invece la cadenza resta quadriennale. Le scuole partecipano volentieri perché si rendono conto dell'importanza del rapporto.

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I consumi di psicofarmaci dei ragazzi italiani sono stimati significativamente più alti di quelli dei coetanei europei, giusto?
I dati italiani di consumo di sostanze psicoattive sono significativamente più alti della media europea. Sui motivi non vorrei fare congetture. Comunque, se la media europea è del sei percento, in Italia il dieci percento dei ragazzi tra i 15 e i 19 anni ha consumato psicofarmaci almeno una volta nella vita. Il maggiore consumo interessa i farmaci per dormire, a seguire abbiamo i farmaci per attenzione e iperattività e quelli per regolare l'umore e la dieta.

Il rapporto interessa solo i ragazzi italiani che abusano di psicofarmaci, ovvero li prendono senza prescrizione. Dove li trovano?
Quello che noi chiediamo ai ragazzi è sia se li prendono con prescrizione sia se ne prendano o ne abbiano presi senza prescrizione. Perciò, sappiamo che 400 mila studenti ne fanno uso senza prescrizione, ricercando effetti che non sono quelli per cui il farmaco è stato pensato. Li prendono solitamente al mercato nero [ quello delle droghe], ma abbiamo rilevato che uno su quattro che ne fa un uso sostanzioso—ovvero più di una volta al mese—dice di trovarli in casa. Questo ovviamente ci fa pensare che ci sia qualcuno in casa che ne fa uso e non li tiene sotto controllo; non si pensa che i ragazzi sanno che ci sono delle sostanze psicoattive in giro per casa e le vanno a prendere. Quello che noi raccomandiamo di fare è molto semplice, tenete sotto controllo i vostri psicofarmaci.

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Ma i ragazzi per cosa usano gli psicofarmaci? Ho letto alcuni articoli, che giungono tra l'altro a due conclusioni contrastanti—secondo l'Osservatorio per la droga sono i ragazzi con un cattivo rapporto con i genitori e con un rendimento insufficiente a scuola a farne grande uso, secondo Repubblica invece questo dieci percento userebbe gli psicofarmaci per migliorare proprio le loro performance intellettuali.
Questo non lo sappiamo, ma sappiamo i contesti e i più utilizzati, perciò possiamo in qualche modo immaginarci gli effetti che cercano. La maggior parte, per esempio, utilizza quelli che sono classificati come farmaci per dormire. Ma questo ovviamente non perché non riescono a dormire; posso piuttosto formulare l'ipotesi che li usino per sopperire al rebound di sostanze eccitanti, o magari perché si sono accorti che i farmaci per dormire, mischiati con altre sostanze, per esempio l'alcol, possono avere effetto contrario a quello sonnifero. Per esempio, un ipnotico mischiato all'alcol potrebbe avere un effetto eccitante—anche se io non sono un farmacologo, sono cose piuttosto note.

Un dato importante è che se per quanto riguarda le altre sostanze i consumi sono soprattutto maschili, nel campo degli psicofarmaci l'uso, l'abuso, è soprattutto femminile. Per esempio, in quanto ai farmaci per dormire, ne fa uso l'otto percento delle ragazze, contro il quattro percento dei coetanei maschi. Quindi possiamo immaginare che ci sia una differenza nel modo in cui l'uso di queste sostanze è avvertito.

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Questo studio non riguarda solo gli psicofarmaci, ma anche le droghe. È, immagino, un indicatore del fatto che i ragazzi percepiscono questi farmaci non come tali, ma come droghe analoghe a qualunque altra possano trovare sul mercato. Solo, forse, più facilmente.
Sicuramente, ed è il motivo per cui nello studio dedichiamo spazio non solo agli psicofarmaci ma anche a tutte le azioni a rischio, come il gioco d'azzardo e il consumo di altre sostanze. Infatti, spesso gli indicatori di consumo di un individuo o di una scuola sono alti quando sono alti in tutte le categorie. Quello che abbiamo notato è che se le prime due sostanze per consumo tra i giovani italiani sono l'alcol e la cannabis, al terzo posto ci sono poi gli psicofarmaci. A queste sostanze seguono le altre droghe.

In particolare, con gli psicofarmaci, continuano a crescere i consumatori abitudinari, ovvero quelli che nel nostro questionario hanno risposto di averne fatto uso più volte nell'ultimo mese. Un'ultima cosa da notare è nel caso specifico dei farmaci per dormire: progressivamente con l'età crescono anche i consumi.

Potrebbe essere che in questo caso specifico sviluppino una assuefazione? A questo proposito volevo chiederle, da più parti la comunità medico-scientifica ha chiesto una liberalizzazione degli psicofarmaci. Lei pensa che potrebbe essere una soluzione—voglio dire, se già non vengono rispettati i fini terapeutici, non è pericoloso renderli disponibili come farmaci da banco?
Se c'è educazione all'uso la liberalizzazione non è una cosa negativa. Tanto, se voglio comprare una sostanza la trovo comunque al mercato nero, quando non la trovo in farmacia. E questo alimenta un interno mondo della criminalità. Quello che si dovrebbe fare è creare coscienza e conoscenza. Per esempio, bisogna spiegare ai ragazzi che se prendo farmaci per dormire per un lungo periodo poi subentrano meccanismi di assuefazione e non riuscirò a dormire se non li prendo.

Alcune sostanze sono dannose nel qui ed ora, altre sul lungo termine. Oltretutto con la nostra ricerca abbiamo individuato che il tre percento degli studenti almeno una volta all'anno fa uso di psicofarmaci di cui non conosce gli effetti. Il che, mi pare, rappresenta una situazione piuttosto drammatica: se mi metto in bocca qualunque cosa, basta che sia psicoattiva, ci sono anche possibilità che mi metta in bocca un veleno, non ti pare? Perciò, io direi che dipende da qual è il nostro obiettivo, se il nostro obiettivo è diminuire il rischio invece che proibire, la liberalizzazione può essere una soluzione. La conoscenza lo è di sicuro.

Segui Elena su Twitter: @gabbagabbaheil