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Il 9 dicembre inizia la rivoluzione italiana

Nel caso in cui non ve ne foste accorti lunedì comincia la rivoluzione. In previsione del blocco del Paese, abbiamo fatto un giro tra gruppi e pagine Facebook che promuovono la sollevazione.

Dalla pagina Facebook I Forconi, in data 13 novembre. Nei commenti si chiede, "Ma questa volta sarà vero?"

Nel caso in cui non ve ne foste accorti, lunedì comincia la rivoluzione. Una serie di sigle che va dal Movimento Autonomo Autotrasportatori ai Forconi Siciliani sta minacciando il blocco del Paese a partire dalla sera dell’8 dicembre, con appuntamento ufficiale al 9, per liberarlo dall'attuale classe politica e punire i traditori della Patria che “hanno annientato il futuro di intere generazioni.”

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L'obiettivo immediato è occupare piazze cittadine e snodi cruciali della viabilità autostradale, un metodo che però non ha avuto l'OK di Alba Dorata Italia, secondo cui "andrà a finire che la stragrande maggioranza della popolazione esasperata dalla mancanza di benzina e generi alimentari sosterrà le forze dell'ordine che inevitabilmente dovranno farli desistere con le buone o con le cattive."

Le rivendicazioni di questa sommossa popolare viaggiano su Internet da settimane sotto forma di samizdat in Arial grassetto, riconducibili a un evento di Facebook da oltre 27mila aderenti e diverse pagine con centinaia di migliaia di fan. La cosa non sarebbe una novità degna di nota, dal momento che una parte della rete italiana organizza e fomenta quotidianamente vari modelli di lotta al Sistema, per non parlare delle ragioni della contestazione—non c’è bisogno di spiegoni né di indicatori statistici per capire che le cose vanno male e il perché la responsabilità di questa situazione venga generalmente fatta ricadere sulla Casta.

Eppure la Rivoluzione del 9 dicembre può ambire a qualcosa di più di qualche tweet sarcastico, per i numeri visibilmente più alti del solito e per la rete organizzativa su cui si basa. Ed è per questo che ho passato alcuni giorni in compagnia dei suoi militanti, frequentando gruppi e pagine il cui umore è abilmente riassunto negli accostamenti di questo video.

Immagini-a-caso.flv

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Il sito ufficiale 9dicembre2013.it riporta l’organigramma completo del coordinamento nazionale della Rivoluzione. Al vertice di questa struttura troneggia il triumvirato Calvani-Chiavegato-Ferro, definiti portavoce e referenti dell’intera mobilitazione, nonché personaggi del tutto peculiari.

Danilo Calvani è membro di spicco dei Comitati Riuniti Agricoli, il gruppo dell’Agro Pontino che ha dato vita a Dignità Sociale, un movimento per la rivendicazione della sovranità monetaria che fa della lotta al signoraggio bancario il proprio core business. La prima intervista video che compare sul sito della protesta è proprio quella di Calvani. Le idee sono chiare, le decisioni irrevocabili e l’obiettivo—in pieno spirito “Vogliamo i colonnelli”—uno soltanto: la destituzione dell’attuale Parlamento, la caduta del Governo e l’instaurazione di un esecutivo transitorio capeggiato dalle forze dell’ordine, alle quali sarà demandato il compito di riscrivere la Legge Elettorale.

“Milioni di partecipanti.”

Lucio Chiavegato è un indipendentista veneto con trascorsi politici in Veneto Stato, e dei tre è quello col sito più bello. “Basta Italia, Basta Lega, Basta tasse”: un Basta TUTTO che è programma di LIFE, associazione di liberi imprenditori federalisti europei e un po’ secessionisti, della quale è diventato da poco presidente. Il nemico è uno solo e si chiama “Stato Ladro Mafioso Italiano,” vittima a sua volta di “un complotto di Germania e Francia per distruggere il Made In Italy.” Si distingue per l’uso creativo della lingua, come testimonia l’espressione “Galoppini paraculati.”

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Mariano Ferro (ex MPA) è invece il leader dei Forconi che a inizio 2012 cercò di bloccare le autostrade siciliane e che poi si presentò alle elezioni regionali non andando oltre l’1,55 percento. Sin dalla sua nascita nel luglio del 2011, il movimento è stato avvicinato a formazioni neofasciste, dalla scelta di alcuni referenti locali fino al sostegno pubblico da parte del segretario di Forza Nuova Roberto Fiore e l’inserimento nelle liste al Senato alle ultime elezioni di uno dei leader dei Forconi, Martino Morsello, poi espulso. Stavolta—dice Ferro—“la protesta non può essere democratica e pacifica, continuerebbero a prenderci in giro,” e un saluto al feldmaresciallo Von Kleist e a tutti quelli che mi conoscono.

Dopo aver occupato militarmente buona parte dei talk show televisivi per poi scomparire dall’agenda che li aveva elevati a idealtipo di “Gente incazzata con difetti di pronuncia”, i Forconi sono quelli che più di tutti finora sembrano aver movimentato “gente” in giro per il Paese. In Sicilia hanno indetto vari incontri di coordinamento; a uno di questi ha partecipato un imprenditore cosentino che, nel periodo di massima gloria del movimento, si era fatto crocifiggere nei pressi dell’autostrada sommerso da una salva di proclami epici e semanticamente disinibiti. Il video della crocifissione era stato pubblicato dal canale YouTube EuropaDelSud, in seguito particolarmente attivo nel movimentismo meridionalista e filoborbonico.

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“La nostra lotta è giusta, com’è buono e giusto il nome di Dio.”

Non ha fatto mancare il proprio sostegno anche la Lega Della Terra, altra organizzazione connessa a Forza Nuova e capeggiata da un ex coordinatore pavese del partito. Già promotrice del “Piano Fenice” per l’agricoltura, la Lega della Terra non nasconde le simpatie neofasciste che traspaiono già dal nome, un probabile richiamo a questo movimento tedesco. Tra i coordinatori nazionali del 9 dicembre spicca anche il leader del movimento di ispirazione cattolica SCIMPID Giovanni Di Ruvo, che ha una bandiera notevole con una grande croce gialla e condivide immagini contro un presunto “Keller (Mr Euro)” come queste.

Lega Della terra + Movimento dei Forconi by Forza Nuova Militello <3

A donare rabbia e ritmo all’impianto ideologico della protesta è il rapper Miguel Cris, ex Centocelle Nightmare dai fugaci trascorsi televisivi e autore di “Er paese dei balocchi”, un’invettiva (“totalmente gratuita!”) contro lo stato delle cose, piena di pauperismo anti-casta e nostalgie fasciste. L’acme è raggiunto nel momento in cui Miguel indica il Palazzo della Civiltà Italiana mentre parla di fasti ormai perduti e sembra debba apparire da qualche parte la scritta “Benito :((” fatta con questo font.

“La piaga dei rimborzi elettorali.”

Da giorni alcuni contatti Facebook continuano a condividere sistematicamente il video su decine di bacheche indicandolo come Inno della Rivoluzione e alternandolo a un sontuoso remix. Miguel Cris spiega che è stato contattato da persone che definisce “referenti della protesta” della pagina principale (quella da 27mila aderenti), e che col loro OK e la Risposta della Gente il suo pezzo è stata scelto per acclamazione come canzone della rivolta. Sul suo sito ufficiale (“sito creato interamente da Miguel”) si definisce pioniere dello StripRap, un’arte a metà strada fra lo spogliarello e le storie di borgata, e oltre alla produzione letteraria (Spogliarsi a Quarant’anni e L’altra faccia del pusher – in uscita), ci tiene a essere ricordato come “escluso di lusso” dai casting del Grande Fratello (qui la rassegna stampa). Ma Miguel mantiene sempre le promesse, qualsiasi esse siano. E ora promette libertà.

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Questa macchina da guerra sta spronando il popolo all’assalto del suo Palazzo d’Inverno coordinandolo tramite sms e comitati locali creati su Facebook—gruppi privati nei quali si organizzano incontri, si raccomanda di depredare (anche su invito di Calvani) i supermercati prima della rivolta e di munirsi di “stuoie” e “palle” per il presidio. I gruppi sono gestiti da amministratori che spesso censurano materiale ritenuto “sensibile” per evitare che nelle discussioni traspaia una venatura “ideologica”: curioso è il caso del gruppo di coordinamento di Milano Sud, nel quale l’amministratore—un uomo che ha indetto una di queste riunioni in una Chiesa di Rozzano e che fa mostra di un banner del partito di Magdi Allam nel proprio profilo—ha severamente proibito agli aderenti qualsiasi riferimento politico “anzi partitico”.

L’unico volantino ufficiale riconosciuto è quello con le bande rosse e gli strali contro il “far-west della globalizzazione” e “questo modello di Europa.” Riporta un motto erroneamente attribuito a Sandro Pertini ed è diventato immagine profilo di numerosi utenti che giurano fedeltà eterna alla causa, secondo in termini di condivisioni solo ai banner con le pecore che non si svegliano dal torpore del Regime, quelli con le vecchine che rovistano nella spazzatura, quelli con i Paesi che si sono liberati dal giogo europeista (spiccano la “rinascita ungherese” e Vladimir Putin) e quelli con la paranoia da video che le Iene non ti “farebbero mai vedere - clicca qui prima che diventi solo un prodotto della tua immaginazione.”

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L'immagine con la "citazione" che circola su molti profili degli aderenti alla rivoluzione del 9 dicembre, via.

L’adesione emotiva e ideologica a questo genere di cause online trova spesso forza nei video dei media “tradizionali” che circolano su Facebook rastrellando like e condivisioni, spezzoni di show “proibiti” nei quali intravedere il messaggio di rottura e l’avvio della rivolta. In questa parte oscura, densamente abitata e populisteggiante della rete-Facebook i video di Bonolis che prende per il culo il Senato in diretta su Canale 5 raggiungono facilmente i 40mila share, e Brignano assume una sorprendente rilevanza politica e culturale che gli permette di poter includere nello stesso discorso il disgusto per personaggi come Calderoli e l’orgoglio d’essere italiani, perché l’Italia è “molto meglio dell’Iraq, dell’Iran della Libia, dove esistono persone malvagie.”

Proprio questo.

Durante una puntata de Lo Zoo di 105—un programma radiofonico a metà fra Colorado Cafè e uno show di Rush Limbaugh il cui ascolto è uno dei benchmark tipici per inquadrare da subito l’Uomo Medio—uno dei conduttori ha giurato di voler raggiungere Roma e manifestare insieme al popolo italiano (tutto) il 9 dicembre, ché tanto “che paura possono farci questi quattro rincoglioniti del cazzo con le auto blu.” La pagina Facebook, da sempre attiva nelle cause di Popolo, ha poco dopo confermato la propria adesione con procedura standard (ovvero postando una foto). Cazzotti in faccia alla vecchia maniera e via andare: “Guarda, io te lo giuro.”

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Ma chi ha aderito online a “l’inizio della fine”, “l’inverno del potere”? Dentro c’è tutta la fauna dell’Internet Italiano, un gruppo eterogeneo che per partecipazione ansimante, forte senso d’assedio e spirito collaborativo “perché se non ci aiutiamo tra di noi” ricorda il carcere della terza stagione di The Walking Dead, con un leader che ci vede lungo e annusa nell’aria il pericolo, il saggio riparatore di flame, il giovane sprovveduto dal cuore grande, l’ossessionato dai troll pagati dal sistema, il badass, il boicottatore e quello che mette in discussione le certezze—“E se poi non viene nessuno?”, “Tutti bravi a far le tigri da tastiera”, “Le bombe ci vogliono, altro che”. A questo punto di solito si scongiura il probabile fallimento dando vita a un rituale fatto di promesse e giuramenti—ancora. “Vengo!”. “Dobbiamo travolgerli”. “Insieme”. Gli zombi sono Casta.

Alcune categorie:

- I simpatizzanti di Grillo; i delusi di Grillo ormai corrotto dal sistema;

- I fondamentalisti di Report che hanno “visto cose” su RaiTre; i nuclei anti-Equitalia;

- Personaggi dalle chiare velleità fasciste che ricordano a tutti che lo stato sociale, l’Agro Pontino, le tabelle dei treni, e noi che cazzo stiamo perdendo tutto ci stiamo facendo rubare il futuro e la libertà;

- Sedicenti No TAV/No MUOS attirati dalle istanze antieuropeiste e dall’ambientalismo mistico che sfocia nell’occulto, nella paranoia e in Paolo Barnard;

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- Leghismo spurio, “Kyenge Merda”, antiarabismo, antisemitismo;

- “La Russia Ha Capito Tutto” (sfumatura rossa, sfumatura nera);

- Meridionalisti antigaribaldini che non dimenticano il sacrificio delle armate borboniche contro il piemontese massone;

- Conservatorismo cattolico, ostilità nei confronti del Concilio Vaticano Secondo;

- Complottismo classico (signoraggio bancario/scie chimiche/HAARP);

- Istanze no global di matrice Anti-Euro, nostalgici della Lira e esperti conoscitori delle gallery di Google con Prodi che mangia il gelato o sorride perché ce l’ha messa in culooo;

- Gente comune mediamente incazzata.

Going global.

Per questi rivoluzionari del 9 dicembre, l’apparato dei media, malgrado le recenti comparsate, resta una macchina di regime predisposta per alterare la verità e soffocare le coscienze. La paranoia tocca il suo zenit quando qualcuno in un gruppo di coordinamento lancia l’allarme: Canale 5 avrebbe controprogrammato uno show di Adriano Celentano proprio per il 9, per distrarre e sopire il popolo lungamente atteso in piazza. Inutile dire che le difficoltà di connessione a Radio Informazione Libera di lunedì 2, che doveva parlare della protesta, siano state piuttosto sospette.

In questi gruppi il nemico ha quasi sempre la faccia di Cécile Kyenge, Emma Bonino e Laura Boldrini, di pezzi del PD e “dei komunistelli”, di Monti e della Fornero, dei banchieri e dell’Europa, più raramente di Alfano, e sorprendentemente di Mastella e Pecoraro Scanio, la cui legislatura almeno qui va ancora molto forte. Per contro, Berlusconi non compare quasi mai tra gli Affamatori né tra i Luridi Assassini dello Stato. Ambiguo è invece il rapporto con le forze dell’ordine: da un lato “figli di popolo” da portare in piazza, dall’altro milizie addestrate dal governo italiano per reprimere le future sommosse (link che continua a battere indisturbato l’Internet italiano da luglio).

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Il Titanic affonda al minuto 1.33 circa.

E in fin dei conti ad accomunare tutti davvero, stavolta in maniera inconsapevole rispetto all’odio per la casta, quella che resta è la paura. Il timore che, citando dai commenti sulle varie pagine, al momento dell’azione il “solito italiota” si confermi un “rivoluzionario da tastiera”, non “come negli altri Paesi,” e che al banale “partecipa” di una pagina Facebook non corrisponda poi un’effettiva presenza—alcuni dei fogli ‘locali’ da portare in Questura per l’autorizzazione prevedono gruppi di non più di “30/50 unità”.

Perché se questa adesione non dovesse corrispondere un’effettiva presenza, i convitati alla Prima Rivoluzione Italiana avrebbero “disatteso una promessa” come e quanto l’odiata Casta.

Poi se dalla settimana prossima non ci si vede sapete perché.

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