Roger Ballen fotografa gli emarginati del Sudafrica

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Roger Ballen fotografa gli emarginati del Sudafrica

Molti hanno sentito parlare di Roger Ballen solo dopo l'uscita del video di "I Fink U Freeky" dei Die Antwoord, ma altrettanti sapranno anche che quest'uomo ha passato gli ultimi cinquant'anni a immortalare su pellicola gli emarginati della società...
Daisy Jones
London, GB

Molti hanno sentito parlare di Roger Ballen solo dopo l'uscita del video di "I Fink U Freeky" dei Die Antwoord (da lui codiretto), ma altrettanti sapranno anche che quest'uomo ha passato gli ultimi cinquant'anni a immortalare su pellicola gli emarginati della società sudafricana.

Dato che spesso e volentieri ha fotografato soggetti violenti o con problemi mentali il suo lavoro è stato ammirato e criticato in egual misura; voleva mostrare la verità o stava solo sfruttando quelle persone? Ballen sostiene che le sue foto ci dicono più della psiche di chi guarda, che non di quella di chi è ritratto. Venuto su a Samuel Beckett e André Kertész, preferisce le tematiche esistenziali a quelle politiche. Ho telefonato a Roger in occasione della ripubblicazione del suo lavoro, e dell'uscita di Roger Ballen's Outland, il corto di quattro minuti che lo accompagna.

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VICE: Ciao Roger. Quindi, come hai iniziato a fare il fotografo?
Roger Ballen: Negli anni Sessanta mia madre lavorava per la Magnum, e a inizio anni Settanta ha aperto una galleria a New York, ma nel 1973 è mancata. Fu lei a comprarmi la mia prima macchina fotografica, quando avevo cinque anni. Per il diploma, nel 1968, i miei mi regalarono una Nikon STN; io me andavo in giro come una scheggia impazzita, a fotografare di tutto e a cercare di imitare alcuni dei fotografi più famosi con cui aveva lavorato mia madre.

Dato il tuo stile così particolare, è interessante sapere che all'inizio cercavi più che altro di emulare altri.
Sì, il mio stile si è evoluto negli anni. Nei primi tempi non avevo le capacità concettuali di oggi. Inizi provando a emulare gli altri, poi se sei fortunato sviluppi un tuo stile, ma per quello ci vogliono anni e anni di lavoro.

Perché i tuoi scatti sono solo in bianco e nero?
I colori confondono. Il bianco e nero mi piace ancora, e continua a insegnarmi qualcosa. Mi piace la sua chiarezza, il suo minimalismo. Penso che il bianco e nero mi permetta di poter dire le cose con più accuratezza.

Spesso fotografi persone ai margini della società. Pensi che le tue foto siano oggettive?
Se Picasso mi dipingesse, non è detto che poi io mi ci ritroverei. È Picasso. La fotografia andrebbe vista più che altro come una versione estetica di me stesso: sono io che uso il mondo intorno a me. È un processo di trasformazione, tutto qui. Non succede niente, si crea soltanto un'altra realtà.

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Come entri in contatto con le persone che fotografi?
A volte mentre cammini per strada trovi qualcuno che si ferma a parlare con te. Devi essere aperto e amichevole, e io cerco sempre di dare qualcosa in cambio, che sia una foto, del cibo, o qualche soldo per le medicine. La gente può anche dire che sfrutto i miei soggetti, ma nessuno conosce il legame che ho con loro. Se non ci fosse una relazione, mi ammazzerebbero. Johannesburg è una delle città con più omicidi al mondo; non c'è un clima rilassato. Se non piaci a queste persone, e ti stai portando in giro l'attrezzatura, potresti facilmente finire nei guai.

Nelle tue foto, e specialmente in Outland, non ci sono mai molte descrizioni, e così, senza contesto, appaiono spesso assurde…
Diventano universali. Se elimini il contesto culturale, tutti possono relazionarsi all'immagine che trascende il tempo.

Quindi vuoi che chi guarda si relazioni con le tue immagini.
Le mie immagini sono molto formali. Se guardi la foto dell'uomo con il maiale, il maiale è importante quanto l'uomo, e lo sono anche le scritte sul muro. Tutto si trova lì per una ragione. Io penso che la fotografia costringa le persone a relazionarsi con le immagini stesse piuttosto che con quello che è ritratto.

La mia arte è psicologica per natura, non è sociale o politica o culturale. Non è mai stato tra i miei obbiettivi, nemmeno all'inizio. Se non puoi identificarti con una foto, ci passi semplicemente davanti. Le foto in Outland entrano nella testa delle persone, e ne influenzano lo stato emotivo. Nessuno può quantificare queste cose. No?

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C'è una foto a cui sei particolarmente legato?
Fotografo da così tanto tempo che è difficile scegliere un'immagine in particolare. Ma ce l'ho, è una foto abbastanza famosa, The Cat Catcher. L'uomo della foto se ne va in giro, ruba gatti, e poi se li porta dietro in un sacco. Sono vent'anni che ci conosciamo, e a volte lo carico in macchina e lo porto da uno stregone, a cui vende i gatti al chilo. Sul retro della casa dello stregone uccidono i gatti e gli tagliano le orecchie, la pelliccia e le zampe per fare una specie di pozione.

Cosa mi dici invece del lavoro che hai fatto con i Die Antwoord? I videoclip si scostano molto da quello che fai di solito.
Erano molto disciplinati e organizzati. E si vedeva che apprezzavano il mio lavoro. Anzi, sembrava che in certi casi ne sapessero di più di tutte le gallerie in cui ho esposto. Io l'ho presa come una sfida, e sono contento di avercela fatta. Sopratutto perché le persone interessate ai videoclip sono diecimila volte più numerose di quelle interessate alla fotografia in bianco e nero. Tantissimi hanno scoperto le mie foto proprio grazie al video.

Pensi che una scena più piccola come quella di Johannesburg ti abbia aiutato?
Sì. Nel mio lavoro, la cosa più importante è l'isolamento. Quando mi chiedono "cosa ti ispira?" io dico sempre "il muro bianco." Non mi serve ispirazione, deve solo piacermi quello che faccio. E poi servono disciplina e concentrazione. C'è quest'idea che devi andare in ogni museo e devi aver letto ogni cosa, ma in realtà devi solo capire cosa ti piace e cosa è importante per te, per poi condividerlo e lavorarci con continuità.

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In questi anni il mondo dell'arte ha subito cambiamenti anche drastici. Come la vedi?
Come ogni cosa nella vita, ci sono aspetti positivi e negativi. Oggi ci sono più appassionati di arte, ma manca uno standard preciso. È diventato più una questione d'affari, che una questione di poetica. Alcune cose sono molto negative: il marketing, il dare un prezzo a tutto… La spiritualità si è persa, secondo me.

Che mi dici invece del tuo video, Roger Ballen's Outland?
Ho lavorato con la stessa persona con cui ho fatto Asylum of the Birds; l'ho messo in contatto con alcune delle persone con cui avevo già lavorato in passato. Alla fine ha incontrato un tipo che passa le giornate a cacciare topi. Poi arriva a casa e li libera. Lo abbiamo seguito per un po'. Nel video c'è anche un'altra storia, quella di un uomo che ha subito un'aggressione: 36 colpi di ascia. Pensavano fosse morto. Da quell'attacco è diventato molto violento; ha l'abitudine di catturare animali e di farli a pezzi con l'accetta. Vuole vendicarsi del mondo. Fortunatamente non ha ancora cercato di fare a pezzi un essere umano, ma nessuno può dire cosa succederà domani.

Grazie Roger.

@Daisythejones