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A qualcuno frega ancora degli scout

Se le vostre vite annegano nell'inedia, se la vostra bistrattata vocazione civile implora redenzione, o se semplicemente siete amanti dell'abbinamento calzoni corti-calzini lunghi, sappiate che vi siete appena persi 10 giorni decisivi per la vostra...
Niccolò Carradori
Florence, IT

Foto di Giulia Chiti.

Se le vostre vite annegano nell'inedia e nella paura, se il vostro slancio e la vostra bistrattata vocazione civile implorano redenzione, o semplicemente se siete degli amanti dell'abbinamento calzoni corti-calzini lunghi, sappiate che vi siete appena persi 10 giorni decisivi per la vostra esistenza.

Il primo agosto su tutto il territorio nazionale sono iniziati i campi mobili che hanno portato 30.000 scout e 5000 fra organizzatori e servizio di sicurezza nel parco di San Rossore, a Pisa, per la Route Nazionale Agesci 2014, un enorme evento per la branca cattolica scout che non si svolgeva dal 1986. L'obiettivo prefissato—oltre a quello di limonare duro in tenda, cantare e lavarsi con difficoltà—era quello di stipulare una Carta del Coraggio, tema portante di quest'edizione.

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Facendo un po' di ricerca, poi, capisco che il senso reale di questa manifestazione è quello di dare respiro all'immagine scout: un po' ovunque nel sito della Route 2014, e nelle dichiarazione dei responsabili, è sbandierato l'intento di dare una svolta al movimento. In vari articoli che ho letto si faceva riferimento ad una sorta di scoutismo 2.0; e in effetti la cosa più interessante da capire è cosa spinga dei ventenni, nell'anno del Signore 2014, a continuare con la mise militaresca e tutta la storia del codice comportamentale.

Nel parco—dove hanno costruito una vera e propria cittadina divisa nei cinque quartieri di Gioia, Speranza, Responsabilità, Fedeltà, Novità—è stata installata una rete a fibra ottica, e l'intero evento sarà raccontato degli scout su Twitter, su Facebook e su Instagram. Per bilanciare questo sforzo futuristico però, l'organizzazione sì è premurata di regalare al parco anche tre dromedari: perché va bene l'era social, ma l'abitudine di commerciare con i mercanti della Tracia non va assolutamente persa.

2.0

ll programma dell'ultimo giorno inizia prestissimo: la sveglia del campo è fissata alle cinque per seguire l'alba, fare colazione e cominciare a sbaraccare il possibile prima dell'inizio della cerimonia di chiusura. La responsabile dell'ufficio stampa della Route mi ha intimato di farmi trovare al gazebo accrediti per le 7, quindi per arrivare in tempo partiamo a un orario indecente e quando incontro Giulia, la fotografa, lei arriva fissandomi con un misto di odio e disprezzo.

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Neanche il latte macchiato acquoso che le ho portato come deplorevole presente riesce a farle cambiare espressione, e anzi più avanti si dimostrerà una scelta sbagliatissima, visto che i bagni chimici funzionanti vicino al palco si riveleranno essere solo due, e verrò infamato pesantemente per tutta la mattina.

Arrivati a San Rossore attraversiamo l'accampamento degli organizzatori che è stato montato fuori dal parco—i volontari della Route se ne andranno via solo il 13 per smontare le strutture e ripulire tutto. Facciamo la fila per accreditarci insieme agli inviati RAI di A Sua Immagine, che sembrano essere ammanicatissimi con l'organizzazione. A loro infatti i ragazzi del gazebo offrono caffè e biscotti Gran Turchese (che a quanto pare sono la principale fonte di sostentamento scout, visto che le confezioni sono un po' ovunque) mentre noi veniamo considerati zero e li guardiamo fare colazione come dei cani randagi fuori dalla vetrina di un ristorante.

Il pezzo di spago che mi danno per il tesserino poi è troppo corto per metterlo attorno al collo, e sono costretto a fissarlo all'asola della camicia come una coccarda.

Di fronte all'entrata una signora energica con la pettorina catarifrangente smista le persone che devono accedere. Le chiediamo se possiamo arrivare al campo percorrendo a piedi la via principale così da fotografare gli accampamenti, ma lei non ci fa nemmeno finire e sollevandoci quasi di peso ci piazza di lato, intimandoci categoricamente di aspettare la navetta per la stampa. "Se perdete quella non entrate, e noi non torniamo certo a prendervi."

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Rassegnati saliamo sulla navetta insieme ad altri giornalisti che hanno annusato subito il nostro status di paria prendendo le distanze e lasciandoci in quarantena nei sedili posteriori mentre loro fanno comunella discutendo di Renzi e delle implicazioni politiche della sua presenza.

Il pulmino percorre il lungo viale a passo d'uomo, circondato da migliaia di scout che si dirigono dalle tende verso il fondo del parco, dove si svolgerà la cerimonia. Sembra di essere in un safari nella piana del Serengeti: spuntano ovunque in branco come gnù entusiasti che migrano verso un giacimento salato cantando, agitando i fazzoletti e brandendo cartelli di cartone.

Mentre passiamo molti ragazzi ci guardano incuriositi attraverso il finestrino; ci mostrano i cartelli e ci salutano con la mano, e non posso fare a meno di pensare a quei filmati di repertorio in cui si vedono i bambini polacchi salutare i treni.

Arrivati al Campo del Futuro, il nome dato all'area dove hanno montato il palco principale e dove si svolgeranno la Messa e la presentazione della Carta del Coraggio, veniamo portati nello spicchio laterale riservato alla stampa, all'ombra del palco. Mentre il resto dei giornalisti si getta voracemente sulle sedie, noi eludiamo l'asfissia dell'organizzazione e ci facciamo largo fra la folla cercando qualcuno a cui fare qualche domanda.

Le difficoltà di interazione con gli scout sono assolutamente nulle, a patto che tu sorrida e ti mostri entusiasta quanto loro per quello che sta accadendo. I gradi di esaltazione vanno dal sorprendentemente fomentato al Vanna Marchi.

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La gestalt sonora è un mix destabilizzante di cori, ululati, e canti che mette a dura prova il controllo degli sfinteri.

Sembrano tutti desiderosi di mettersi in mostra e farsi fotografare. "Ehi ehi! Fotografa lui! Ha i calzini rosa!"

Ok.

C'è qualche agitatore che mina tutte le motivazioni scoperecce che i miei compagni al liceo davano a noi plebei riguardo alle cause della loro appartenenza scout.

Ci avviciniamo a un gruppetto che, senza apparente ragione, sta intonando un coro a favore del buddismo. Vengono da Copertino, in provincia di Bari, e rappresentano quella sparuta minoranza che è disponibile a interrompere il giubilo per farsi fare qualche domanda, e non solo per farsi fotografare.

Chiedo al loro capo scout cosa pensa della presenza di Renzi, e se crede veramente che l'appoggio richiesto dall'AGESCI alle istituzioni con la Carta del Coraggio sarà considerato. Lui si schermisce un po' e tergiversa, ma gli altri ragazzi del gruppo non si fanno troppi problemi.

"Non poteva fare a meno di venire, in quanto presidente del consiglio ed ex scout. Ma è chiaro che la sua presenza qui rappresenti una passerella. Io sinceramente non sono molto interessato a quello che avrà da dire, però vediamo," mi spiega uno di loro.

Il capo scout mi guarda sorridendo, "diciamo che ha sintetizzato il nostro pensiero."

Si riveleranno essere gli unici a mostrare dei dubbi fra i rover e le scolte di Agesci: da qui in poi è stata solo una confessione di fede e devozione alla causa.

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Come quella di Niccolò, che viene da Bitonto ed è uno degli alfieri che hanno redatto la Carta.

"Partecipare alla realizzazione di questo progetto è stata un'esperienza che mi ha segnato. Essere scout è una vera e propria scelta civile e politica: è una dichiarazione d'impegno. Significa individuare uno scopo, essere più accorti, più responsabili." Conclude poi, "Vogliamo un linguaggio nuovo, e siamo certi di ottenerlo. Renzi è venuto a trovarci, e la sua presenza è un segnale forte nei nostri confronti."

O Sonia: "C'era veramente bisogno di un evento come questo. Noi scout stiamo dando una scossa reale a tutto il paese, e non era facile in un clima stanco e depresso come quello che stiamo attraversando. Essere scout ti obbliga a metterti a confronto con dinamiche che non puoi affrontare normalmente, ti fa capire altri punti di vista. Hai una visone di insieme più reale. Dai vertici ci è arrivato questo input di cambiamento, e noi lo abbiamo assecondato in pieno. Noi ci crediamo." E si vede.

Nonostante gli obiettivi, gli slogan e le enfasi (sul coraggio, sulla determinazione, sulla speranza ecc ecc) promossi dalla Route 2014 siano identici a tutte le nenie che mi sono dovuto puppare durante le forme di educazione extra scolastiche a cui i miei genitori mi hanno costretto a partecipare, l'opinione di Niccolò e Sonia sulla decisività di questi giorni trascorsi a San Rossore è condivisa da tutti quelli attorno a noi.

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Si beccano delle pacche generose sulle spalle, e molti sguardi di ammirazione. Probabilmente quello degli scout è uno dei pochi aggregati umani rimasti in questa epoca in cui le affermazioni di principio rimangono illese. Se questo abbia a che fare più con la ricchezza interiore o con l'inibizione di certe aree della corteccia cerebrale preposte a individuare le stronzate, non è dato saperlo.

La realtà è che la questione sembra non toccare minimamente le persone che ho di fronte. E l'osservazione sul fatto che il panmilitarismo, e tutte le costruzioni maieutiche del metodo educativo e dello stile di vita scout, per quanto ingenue, rappresentino un solidissimo appiglio alla questione del bisogno di appartenenza, appare del tutto vera nonostante la sua banalità.

Non c'è bisogno di troppo acume per capirlo; basta recepire l'insistenza e la ripetitività da carta carbone delle risposte sulla maturità civile che mi propinano tutti (vi risparmio 6000 ulteriori esempi), e degli sguardi compassionevoli con cui mi fissano quelli a cui chiedo che senso abbia continuare ad essere scout oggi, mentre mi ripetono le stesse identiche motivazioni che ho trovato scritte nell'introduzione sulla guida del sito di AGESCI.

"Perché dovrei smettere? Per la paura di essere preso per il culo? A 28 anni, non me ne frega assolutamente niente," mi dice Carlo, un ragazzo con cui mi fermo a chiacchierare. "Credo in quello che facciamo. Il meglio arriva proprio adesso." E allora comincio a chiedermi che senso abbia tutto questo parlare di scoutismo 2.0. Alle persone che fanno parte del movimento (e presumo anche alle persone che vorranno farne parte in futuro) va già tutto benissimo così.

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Mentre sono assorto in questa riflessione si avvicina un addetto alla sicurezza, che sul fazzoletto ha appuntata una spilla con su scritto "Sei l'ardore della compagnia," chiedendomi per quale motivo io e la fotografa non siamo seduti al nostro posto nella zona stampa. Convince poi i ragazzi ad allontanarsi da noi e a rimettersi seduti, perché la funzione sta per cominciare.

Torniamo indietro mestamente perché non vogliamo scatenare il suo ardore. Il lato positivo è che riesco a vendicarmi degli inviati di A Sua Immagine fregando una delle loro sedie prima dell'inizio della messa.

È in questo momento che Renzi fa la sua apparizione fra le sedie della zona autorità.

Durante la funzione il riflesso pavloviano di fissare le efelidi sullo scalpo dei pelati di fronte a me è più forte dell'istinto giornalistico di annotarmi i temi dell'omelia del cardinale Bagnasco, ma riemergo dal torpore quando afferma: "coraggio è vincere l'indifferenza e il sospetto. È credere in qualcosa che non si capisce appieno." Io e Giulia ci guardiamo per un attimo, con la stessa fissità spietata nello sguardo di Andreas Baader e Ulrike Meinhof.

Intanto il caldo comincia a provocare dei malori, e dagli altoparlanti arrivano comunicazioni sulle precauzioni da prendere. Cominciano tutti a rovesciarsi bottiglie d'acqua in testa, e ci sono tre autobotti che bagnano la folla con degli idranti.

Altri invece, più pragmatici, hanno ovviato al problema in un altro modo.

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Ma l'entusiasmo e la partecipazione scout non ne risentono: ogni esortazione al CORAGGIO e al NON AVER PAURA vengono ricambiati con fazzolettate e vocalizzi.

A quel punto parte il mio pezzaccio da chiesa preferito: l'Alleluja.

Tento di unirmi per partecipare, ma il mio tempismo non è dei migliori, e tutti mi guardano malissimo.

Arriva il momento della telefonata di Papa Bergoglio, accolta con un'ovazione generale e cori da stadio. Il Papa aggiunge benzina al tema del coraggio, e un'esortazione a non rassegnarsi. Invita i ragazzi dell'AGESCI a pregare per lui, e si prende doppia dose di fazzoletti. Parte anche un "E l'AGESCI paura non ne ha" sulle note dell'Inno Nazionale dei Vigili del Fuoco.

Finita la messa inizia la cerimonia di chiusura, e sul palco vengono portati dei poliedri colorati che non ho ben capito cosa simboleggino, ma che devono essere importanti perché si danno un gran da fare per portarli sul palco e riportarli giù dopo cinque minuti.

Sento una delle addette stampa comunicare al cordolo umano della sicurezza che è arrivato il momento della consegna della Carta del Coraggio, e che devono prepararsi a far passare i fotografi. Io e Giulia ci appostiamo accanto all'Ardore della Compagnia, ed è nell'attesa che incontro Gaetano, che ha 70 anni ed è scout da 55.

Mi parla un po' della sua storia scout e del suo lavoro qui alla Route 2014. Mi indica alcune strutture decorative in legno che il suo gruppo era incaricato di allestire nel parco—"abbiamo costruito a mano anche l'altare per la messa." Gli chiedo cosa pensa delle critiche che AGESCI ha ricevuto per aver deciso di tenere l'evento nel parco di San Rossore e mi dice "Vedi, questa gente non capisce che uno degli insegnamenti cardine di Baden Powell è quello di abitare il territorio e la natura non solo rispettandola, ma migliorandola. Noi siamo venuti qui per migliorare questo posto, e abbiamo preso le critiche e la petizione contro di noi come un incentivo per dimostrare l'impegno e l'etica scout. Guarda questi ragazzi, sono meravigliosi!"

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Seduto vicino a lui c'è anche Gigi, sorridente e un po' sordo, che ha coordinato la logistica delle costruzioni. "Il coraggio non è solo il tema di quest'anno, per gli scout il coraggio è il tema di una vita intera. Il mio coraggio è stato venire qui per una settimana a settant'anni."

Mentre tento di urlare altre domande nell'orecchio di Gigi, gli alfieri portano sul palco la Carta del Coraggio per presentarla a Renzi e al cardinale Bagnasco.

I ragazzi si avvicendano al leggio per leggerla. La carta contiene la richiesta di maggior considerazione da parte delle istituzioni, a cui chiedono di essere riconosciuti come una risorsa attiva della società. Si parla di diritti dei carcerati e dei senza dimora, e si chiede un passo avanti nei confronti di tutti coloro che restano esclusi dalla comunità cristiana, comprese le nuove forme di famiglia.

Renzi sale sul palco, e come è sua abitudine elabora per osmosi tutti gli slogan che riesce a recepire. "L'Italia è in Route, abbiate coraggio, date un calcio all'impossibile. Coraggio, Route, coraggio."

Fa un paragone fra la situazione politica del suo governo e gli inconvenienti di un'uscita scout. Chiede ai rover e alle scolte di non lasciare il paese, di avere fiducia, "Se qualcuno in Italia immagina che i giovani siano dei pigri sdraiati e bamboccioni, voi siete la risposta per far capire che questo qualcuno sta sbagliando tutto. Se qualcuno pensa che voi siete semplicemente il futuro, questo qualcuno sta sbagliando tutto perché voi siete il presente di questa nazione."

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Giusto Renzi, basta pensare al passato e sale subito l'ottimismo sugli scout.

Poi lupetti e coccinelle salgono sul palco per cantare la sigla ufficiale, e per il rito dell'ammainamento della bandiera.

La folla intuisce che siamo agli sgoccioli, e si esibisce in un ultimo repertorio di autoesaltazione e gioia: fazzoletti come se non ci fosse un domani, balli di gruppo. Alla fine si leva un coro generale che accompagna le immagini dalla Route che passano sul maxi schermo: "TUTTI INSIEME FAMO PAURA! TUTTI INSIEME FAMO PAURA!", che si chiude con un riverbero che in effetti un po' di paura la fa.

I responsabili danno ufficialmente il congedo e inizia la diaspora.

Ci muoviamo in mezzo alla Piazza del Coraggio, che si svuota lentamente. Vogliamo sentire il parere sul discorso di Renzi.

Mirko, 20 anni, è entusiasta: "Ha parlato come un vero capo scout, ed è riuscito a trasmettere il coraggio e la determinazione giusta. Pensare positivo è fondamentale nella vita, io questo lo capisco ogni giorno di più. L'ottava legge scout AGESCI impone allo scout di cantare e sorridere sempre, anche in mezzo alle difficoltà. Ed è quello che ho intenzione di fare."

Noi abbiamo perso l'ultima navetta stampa, e quindi sorridiamo meno. Siamo obbligati a seguire la fiumana di scout che si snoda  per il parco verso l'uscita. L'atmosfera ricorda l'esodo dopo la caduta di Saigon: la stanchezza comincia a farsi sentire, e tutti avanziamo lungo l'interminabile viale trascinando i piedi, scansando le ambulanze e i pulmini dei servizi sociali.

Decidiamo di approfittare dei millemila chilometri che ci separano dall'uscita per fare qualche ultima domanda.

Leonardo, un capo scout di 44 anni se ne sta all'ombra di un albero mentre la sua compagnia si raduna. Mi dice che il discorso di Renzi non lo ha colpito molto, ed è un po' scettico riguardo all'attenzione che susciterà la Carta. Ma la cosa, dice, non ha poi tutta questa importanza. Gli scout continueranno comunque a portare avanti la loro attività ovunque e comunque.

L'ultima persona con cui parlo è un signore che mangia seraficamente un panino appollaiato su un macchinario. Mi dice che se voglio delle risposte devo prima sganciargli la borraccia della cintura perché la pancia lo ostacola. Io incurante di tutti gli avvertimenti della mamma sugli sconosciuti e le borracce eseguo. Si chiama Mario, e ha 68 anni. Era presente all'ultima route nazionale in Abruzzo del 1986.

Gli chiedo se lo spirito sia cambiato dall'ultima route, e se avverte questa aria di cambiamento di cui si parla.

"In realtà non molto, alla fine il nostro spirito è sempre lo stesso. Anche 20 anni fa parlavamo di cambiamento e di novità. Venire alla route ha senso per lo stare insieme, è un rito di celebrazione. La storia della carta è una bella idea, ma alcuni punti potevano anche risparmiarseli. Se mi parli di rinnovamento io non ne vedo l'esigenza."

E nemmeno io. Mentre ansimo per raggiungere l'aria condizionata della macchina e maledico la natura e le sue asperità, mi rendo conto che per mantenere costante il coefficiente della sopportazione su luoghi comuni e divise ridicole, gli scout non possono che essere così.