FYI.

This story is over 5 years old.

News

Cosa c'è da sapere sulla rimozione del segreto di stato sulle stragi

A leggere i titoli sembra che la direttiva di Renzi sulla declassificazione dei documenti riservati sia una svolta epocale, come se di punto in bianco la verità definitiva sulle stragi italiane fosse dietro l'angolo. Ovviamente non è proprio così

I primi soccorsi dopo la strage di Bologna. Foto via Wikimedia Commons

Oggi, a dare un’occhiata ai maggiori quotidiani italiani, più o meno tutti i titoli recitano in tono perentorio: “Renzi toglie il segreto di Stato sulle stragi.” Il corollario è piuttosto implicito: finalmente sapremo tutto sulla stagione di piombo che ha insanguinato la storia recente del nostro paese.

Naturalmente non sono mancati i commenti entusiasti a seguito della decisione del nuovo esecutivo. Ezio Mauro, per esempio, ha parlato di “una nuova stagione nei rapporti fra cittadini e istituzioni.” Altri hanno evocato la “fine ormai definitiva della guerra fredda” o addirittura l’immagine di una “WikiLeaks all’italiana.”

Pubblicità

Ma è veramente così? Se si ripercorrono i passaggi dell’iniziativa del Governo, e si analizza il merito del provvedimento, non si direbbe affatto.

Venerdì scorso il CISR, Comitato Interministeriale per la Sicurezza della Repubblica, ha formulato una direttiva che “consente il versamento anticipato di carte classificate in possesso di tutte le amministrazioni dello Stato.” In breve, viene annullato il vincolo minimo di 40 anni per i documenti classificati, consentendo di raccogliere quelle carte in ordine cronologico presso l’Archivio di Stato.

Due giorni fa Matteo Renzi ha annunciato l’eliminazione del segreto di Stato dalle carte riguardanti le stragi avvenute nel nostro Paese dal 1969 al 1980, da Piazza Fontana alla stazione di Bologna, passando per l’Italicus, Piazza della Loggia, Ustica. Ovvero il Sacro Graal dei complottisti all’italiana, pronti—finalmente—a scoprire i retroscena delle macchinazioni internazionali e decifrare la scatola nera della Prima Repubblica.

Il premier ha firmato la direttiva ieri pomeriggio e la notizia, com’era prevedibile, ha scatenato un putiferio.

Abbiamo 'declassificato' i documenti su alcune delle pagine più oscure della storia italiana pic.twitter.com/pisMLOurk1

— Matteo Renzi (@matteorenzi) April 22, 2014

Il Movimento 5 Stelle non sembra essersi lasciato impressionare più di tanto. Beppe Grillo ha risposto a Renzi su Facebook con la consueta eleganza: “Renzie e il segreto di Stato. L'abbiamo smascherato in mezzo secondo. Basta balle!” Eppure lo stesso Grillo, nel 2010, scriveva sul suo blog: “Il segreto di Stato sui documenti relativi alla strage [di Piazza della Loggia] va tolto. Chi ha interesse a mantenerlo? Qualcuno che è ancora nelle Istituzioni?"

Pubblicità

Il punto è che il segreto di Stato, per legge, non è opponibile sui documenti riguardanti le inchieste per strage o eversione dell’ordine democratico. La Magistratura, tra l’altro, ha già acquisito gran parte di quelle carte che vengono citate oggi. Perché, allora, tutto questo rumore per degli atti che sono già stati visionati dagli inquirenti?

Marco Minniti, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega alla sicurezza della Repubblica, ha precisato infatti che non è stato tolto il famigerato segreto di Stato—“che su queste vicende non c’era e non è stato apposto”—ma “sono stati eliminati i 4 livelli di classificazione”: “riservato”, “riservatissimo”, “segreto” e “segretissimo” (l’equivalente nostrano della dicitura “Top Secret”).

Per fare un po’ di ordine in mezzo a tutto questo caos ho chiamato Giacomo Pacini, ricercatore per l’Istituto Storico Grossetano della Resistenza e dell’Età Contemporanea e autore del recente saggio Le altre Gladio. Lo studioso mi ha detto, al netto delle polemiche, che il deposito di questi documenti presso l’Archivio Centrale di Stato “è comunque una buona notizia,” dato che queste carte possono risultare “estremamente utili per uno studioso.”

Secondo Pacini, però, in tutto il dibattito c’è un aspetto squisitamente pratico che sta venendo sottovalutato: “Questi documenti, oltre ad essere declassificati, vanno poi catalogati, inventariati ecc. ecc. Fino ad arrivare alla loro digitalizzazione. Chi lo farà? Con quali fondi? E in quali tempi?” Per il momento, si tratta di problematiche che non sembrano interessare il Governo; l’Archivio Centrale di Stato non assume archivisti da anni e soffre di una cronica carenza di personale. I documenti declassificati possono anche essere trasferiti all’Archivio, ma rischiano di rimanere lì, incartati, a prendere polvere.

Pubblicità

“La declassificazione di documenti riservati è sempre un’ottima cosa,” continua Pacini. “L’importante, però, è poi avere un giusto approccio a questo materiale. Di documenti dei servizi ne abbiamo già a disposizione migliaia, ma tra di essi vi sono anche colossali patacche. Ecco, è importante […] saper vagliare e incrociare con grande attenzione e rigore questa documentazione e non andare a trovarvi la conferma alle proprie tesi.”

Le informative dei servizi, infatti, possono dire tutto e il contrario di tutto: “Se prima ancora di guardare le carte, io sono convinto a priori che dietro il caso Moro ci fu una manovra della Cia, sarò poi in grado di trovare decine di elementi che apparentemente mi danno ragione, perché sistematicamente non considero o svaluto quelli che mi danno torto. Al tempo stesso se, sempre prima di guardare le stesse carte di cui sopra, sono già certo che dietro al caso Moro c’è il KGB, sarò a mia volta in grado di trovare altrettante evidenze che confermano la mia tesi di partenza, sempre perché andrò sistematicamente a eliminare quelle che mi danno torto. E cosi via…”

Museo per la memoria di Ustica. Foto via Wikimedia Commons.

Il vero problema, come ha rilevato Benedetta Tobagi, è il “segreto di stato strisciante”—un “segreto” fatto di disordine, informalità e silenzio. La circostanza è confermata dallo stesso Pacini: “La Tobagi fa riferimento in modo particolare a quanto avvenuto poco dopo la strage di Piazza della Loggia del 28 maggio 1974, quando numerose informative che delineavano con estrema precisione le attività eversive della rete ordinovista veneta vennero letteralmente imboscate. Poche settimane dopo la strage l’allora responsabile del Reparto D del Sid, generale Maletti, ascoltato dai magistrati negò che il Servizio disponesse di informazioni su quell’eccidio, mentre, appunto, quelle informazioni c’erano eccome. Ma vennero alla luce, quasi casualmente e in forma certamente parziale, solo molti anni dopo.”

Pubblicità

Una riprova relativamente recente dell’esistenza di questo “segreto di stato strisciante” si è avuta nell’ottobre del 1996, quando Aldo Giannuli (ricercatore e consulente della procura di Milano) trovò nella sede del Viminale di Via Appia un armadio contenente un fondo dell’Ufficio Affari Riservati, il servizio segreto che faceva capo al potentissimo Federico Umberto D’amato, forse la più importante spia italiana della storia.

Lo stesso Giannuli, sul suo blog, affermache il vero “tesoro” è rappresentato dagli “archivi inarrivabili”; quello della Presidenza della Repubblica, dell’Arma dei Carabinieri, della Guardia di Finanza. “Vi sono archivi,” dice Pacini, che per la stesura del suo ultimo libro ne ha consultati centinaia, “come l’archivio personale di Federico D’Amato, certamente esistiti, ma che altrettanto certamente non troveremo mai. Di altri, invece, si sa che esistono, ma non vi si può accedere in alcun modo.”

La vicenda del Piano Solo, il progetto golpista ordito dal generale dei carabinieri Giovanni De Lorenzo, è piuttosto emblematica. “Sarebbe di eccezionale interesse,” afferma Pacini, “poter consultare l’archivio della Presidenza della Repubblica per capire bene che ruolo ebbe Antonio Segni in quella convulsa estate del 1964. Ma, a oggi, non è possibile e non sappiamo se mai lo sarà. E, d’altronde, se anche un giorno lo sarà (ma ne dubito fortemente) chissà che documenti troveremo; non fosse altro per l’irreversibile deterioramento e disfacimento della carta dell’epoca.”

E qui torniamo alla domanda di partenza: la misura di Renzi rappresenta davvero una svolta, un atto senza precedenti che consentirebbe di chiarire definitivamente tutti i complotti avvenuti durante la cosiddetta Strategia della Tensione? O si tratta, come accusa il Movimento Cinque Stelle, di una semplice “trovata elettorale”?

Nessuno dei due, afferma Pacini: “Ovviamente sarebbe ridicolo parlare di svolta epocale, ma tutto sommato è anche eccessivo definire la decisione di Renzi una burla o il frutto solo di bassi calcoli elettorali. Diciamo che è un primo, seppur molto timido, passo in avanti.” Insomma, il provvedimento renziano non è solo fumo elettorale negli occhi; ma non è neppure la Pietra Filosofale che consentirà di trovare, una volta per tutte, l’agognata Verità Definitiva Sulle Stragi Italiane—ammesso che esista veramente.

Segui Emanuele su Twitter: @miaotsetung