Smontare una centrale nucleare è un bel casino

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reportage

Smontare una centrale nucleare è un bel casino

Ai tempi della Repubblica Democratica Tedesca, l'impianto nucleare di Greifswald era il più grande del paese. Oggi, anni dopo la chiusura, è il più imponente progetto di decommissioning al mondo insieme a Fukushima.

Lubmin è un paesino tedesco affacciato sul Baltico, nella Baia di Greifswald. È la tipica località di villeggiatura low cost per famiglie con spiagge, riserve naturali, sentieri per passeggiate a cavallo e case da affittare immerse nelle pinete. Il turismo non manca, ma fino a una ventina di anni fa Lubmin e dintorni vivevano dell'attività dell'impianto nucleare di Greifswald, il più grande ai tempi della Repubblica Democratica Tedesca.

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La centrale dava lavoro a 3.600 ingegneri, tecnici, operai e colletti bianchi, coprendo l'11 percento del fabbisogno energetico della nazione. È diventata operativa nel 1974, con un reattore di tipo sovietico, se ne sono aggiunti quattro negli anni successivi, e nell'anno della caduta del Muro di Berlino altri tre—mai entrati in funzione.

Nella nuova Germania riunificata, adeguare la centrale agli standard di sicurezza occidentali era troppo costoso e di investitori all'orizzonte neanche a parlarne. Greifswald ha chiuso i battenti nel 1990.

I bunker di cemento recintati da filo spinato sono ancora lì, sorvegliati da decine di telecamere. Oggi la vecchia centrale si chiama Energiewerke Nord (EWN), unico azionista il Ministero Federale delle Finanze, e il suo nuovo compito è smantellare, decontaminare e stoccare scorie radioattive. Insieme a quello di Fukushima, questo è il più imponente progetto di decommissioning al mondo.

"Nel 1995 abbiamo avviato la fase di decommissioning, dopo aver ottenuto la licenza dal Ministero degli Interni. Impresa non semplice; prima di cominciare devi dimostrare che hai un piano ben preciso su come gestire il progetto affinché ti dicano 'ok, siete in grado di farlo.' Dopotutto si tratta di demolire una centrale nucleare e non una fabbrica di zucchero," spiega Gudrun Oldenburg, responsabile comunicazione di EWN. "Organizzare la logistica è stato un lavoro colossale, se ci pensi una centrale atomica non è progettata per essere smantellata," aggiunge. "Parliamo di un milione e otto mila tonnellate di tutto il materiale che la faceva funzionare, rimosse e sottoposte a rilevamenti. Dai blocchi di calcestruzzo a ogni singolo cavo, ai muri di isolamento, alle migliaia di metri quadrati di rivestimenti progettati per resistere anche all'attacco di un jumbo, fino alle singole tute dei tecnici, i guanti e occhiali di protezione. Ma la parte più complessa è la rimozione del combustibile dai reattori."

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I nuovi dipendenti di EWN sono 850, ma molti di loro sono gli stessi che facevano funzionare i reattori quando sfornavano ancora gigawatt di energia. Come Dietmar Dering, assunto nell'ex centrale nel 1973, ora responsabile della Protezione Radiazioni nel Warm Workshop, dove avviene il processo di frammentazione e decontaminazione delle parti smantellate. "Ogni singolo pezzo della centrale passa di qui. Ne arrivano alcuni grossi come sequoie, per uscirne ridotti a porzioni di poche centinaia di centimetri; decontaminare parti troppo grandi sarebbe impossibile," spiega Derig nella sua tuta verde, l'unica tra le tante marroni che si vedono nell'hangar: "Il mio compito è far lavorare in sicurezza i colleghi, se succede qualcosa devo essere facilmente individuabile."

Il rigido protocollo della sua routine di sentinella delle radiazioni comincia alle 6.15 del mattino: fornire abiti di protezione e asciugamani, rimuovere quelli usati, cambiare i filtri dell'aria di scarico e misurare il livello di radioattività di tutte le postazioni di lavoro. Una di queste è la cella al cui interno è stato tagliato il vecchio generatore che trasformava in vapore l'acqua calda del reattore. Un gigante di 250 tonnellate: "Ci sono voluti sei mesi per frantumarlo." Accanto, un paio di tecnici bardati di scafandri entrano in gabbiotti metallici, richiudendosi velocemente la porta alle spalle. Sono le cabine impiegate per i lavori con un maggiore rischio di contaminazione. C'è quella utilizzata per i tagli al plasma, dove si riducono piastre di acciaio al carbonio in spessori di 50 millimetri, quella in cui si decontaminano le superfici con procedure abrasive, in cui ogni frammento cade a terra attraverso griglie e viene raccolto minuziosamente.

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"Qui si bonifica anche la polvere. L'obiettivo entro il 2015 è lasciare non più dell'un percento di rifiuti altamente radioattivi," dice uno dei tecnici. Come in una catena di montaggio, il materiale che esce dal Warm Workshop è pronto per il suo ultimo viaggio, nel Reparto di Misurazione e Rilascio. Se esente da radiazioni si ricicla, come un ferrovecchio qualsiasi. "Il via libera lo dà quel misuratore," dice Carola Brendel, una delle responsabili del settore, indicando una specie di microonde gigante, "le casse con i frammenti decontaminati si mettono al suo interno, in 30 secondi il risultato appare sul monitor. Luce verde del rilevatore: tutto ok, in caso contrario il percorso è da rifare."

La vera zona off limits di EWN è l'Interim Storage North, il deposito di stoccaggio temporaneo, blindato da un'ulteriore recinzione. Questo hangar asettico di 20.000 metri quadrati custodisce tutto quello che è ancora troppo radioattivo per essere tagliato e decontaminato. Come il contenitore a pressione che arriva dalla centrale di Rheinsberg, per esempio, nello stato federato di Brandeburgo, anch'essa in decommissioning dal 1995.

Impilati in fusti da 200 litri ci sono anche i contenitori Castor con il combustibile esaurito, riempiti di cemento e super compattati per ridurre il volume, perché nel deposito finale si paga per lo spazio. L'Interim Storage North, infatti, è solo una soluzione provvisoria per lo stoccaggio delle scorie. E ora che il 95 percento della centrale è ormai decontaminato, si possono tirare due somme su ciò che rimarrà: "Di fatto, solo cinque reattori sono entrati in funzione, gli altri tre non hanno mai ricevuto combustibile. Quindi su 1.800.000 tonnellate smantellate solo 600.000 erano contaminate," spiega Eberhard Thurow, responsabile dei Progetti Internazionali. "Delle scorie rimaste, una parte a bassa e media attività radioattiva è destinata al deposito di Schacht Konrad, in Bassa Sassonia, non ancora operativo. Per le scorie ad alta attività la questione è controversa. La verità è che in Germania non si è ancora trovato il luogo destinato a immagazzinare per millenni le scorie nucleari," ammette Thurow, che oltre a occuparsi del decommissioning a Greifswald, è coinvolto in progetti all'estero.

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Dopo quasi 20 anni, il lavoro di EWN volge al termine, ma l'addio all'atomo entro il 2022 deciso da Angela Merkel è un costoso problema che la Germania comincia ad affrontare. Belgio e Svizzera seguiranno presto il suo esempio, mentre nel resto dell'Europa Occidentale e dell'Est, secondo un rapporto di Nomisma Energia, entro il 2030 è previsto lo smantellamento di 147 impianti nucleari.

"Puntare solo su gas, carbone e rinnovabili avrà i suoi costi, ma creerà nuovi posti di lavoro," conclude Oldenburg. Per averne un'idea, basta fare un giro nei pressi dell'ex centrale e vedere il riuso del terreno bonificato. Nella vecchia sala turbina ora c'è un'azienda di componenti per navi, accanto una di pale eoliche offshore. Dietro, c'è il porto industriale, punto d'arrivo del gasdotto Nord Stream: più di 1.200 chilometri sotto il Baltico che pompano gas dalla Siberia verso l'Unione Europea. Il serpentone sottomarino segna il rafforzamento delle relazioni tra UE e Russia, come ha proclamato il Primo Ministro Dmitrij Medvedev. Allo stesso tempo apre una nuova fase, quella della caccia ad altre sorgenti di energia.