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Cantona, prima parte: il complesso di inferiorità

Sulla vita dopo il calcio, e di come il derby di Milano sia il più squallido di tutti.

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"A Milano, la stessa opera va in scena da più di cento anni. Questa opera è il Derby della Madonnina, in cui si oppongono l'AC Milan e l'Inter. Gli attori cambiano, la sceneggiatura si evolve ma la cornice è sempre la stessa. Quella dello stadio San Siro. La Scala del calcio." Comincia così, in maniera molto letterale, con Cantona al centro della Scala, il secondo di una serie di otto documentari, prodotti da Cantona stesso per Canal Plus, sulle città che ospitano i derby più antichi e accesi del mondo. Io ne ho trovati quattro online, usciti a distanza irregolare l'uno dall'altro, e poche informazioni su quelli in lavorazione, ma si sa, Cantona ha mille progetti. Ispirandosi al titolo del film più riuscito della sua carriera d'attore (quello, cioè, in cui recita la parte di se stesso), i documentari si chiamano Looking for Manchester, Looking for Milano, Looking for Istanbul, Looking for Barcellona (a cui dovrebbero aggiungersi almeno Glasgow e Buenos Aires). Il fatto, come per i cinque calciatori con coscienza politica protagonisti del documentario presentato all'ultimo festival di Locarno (Les rebelles du foot), è che il calcio a Cantona è andato sempre stretto.

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I documentari sono strutturati sull'alternanza tra la voce profonda fuoricampo di Cantona che commenta immagini d'epoca, interviste a calciatori, dirigenti, storici, e il documentario vero e proprio che segue la vita di due tifosi, uno per squadra, nei giorni precedenti al derby. Cantona non partecipa alle interviste e non incontra i tifosi protagonisti; le sole parti in cui compare, che sembrano interessargli davvero, sono quelle storiche. Durante la presentazione alla stampa dell'episodio girato a Milano, un giornalista gli chiede se questa serie di documentari non vada interpretata come il tentativo di Cantona di colmare le proprie lacune di cultura calcistica. "Quando giocavo nel Manchester United ero a conoscenza della rivalità col City, ma ero concentrato sul gioco. Non avevo tempo per imparare la storia della città e delle due squadre di calcio (…) Domandate a un giocatore dell'Olympique Marsiglia se conosce la storia del suo club, come è stato creato."

Cantona ha da sempre una passione sincera per l'arte e la cultura. Da bambino chiedeva al padre, infermiere e pittore della domenica, di portarlo al museo. Pittore anche lui e collezionista, a ventidue anni con i primi soldi guadagnati giocando ha comprato quadri post-impressionisti ed esposto i suoi in una galleria di Marsiglia. Introvabili su internet, nel 2010 Le Monde li ha descritti come "violenti, espressionisti, molto colorati, con fiamme e dollari dappertutto." Dopo l'addio al calcio giocato la passione per l'arte ha avuto libero sfogo. Cantona fotografa (sempre stando a Le Monde ha tre soggetti: dettagli astratti a colori, tauromachia in b/n, la povera gente) e colleziona fotografie. Ama la poesia, ha una carriera avviata come attore, ha visto tutti i film di Pasolini. È impegnato politicamente, sostiene la causa della Fondazione Abbé-Pierre per gli alloggi in Francia. Nel 2010 ha anche provato a destabilizzare il sistema bancario internazionale. È come se, non accontentandosi di essere solo un giocatore quando giocava, adesso faccia di tutto per dimostrare di non essere solo un ex-giocatore.

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Assunto dai New York Cosmos nel gennaio 2011 come Direttore Sportivo, Cantona si è presentato dicendo che si sarebbe trattato di "uno splendido progetto, un mix di calcio e arte." Ma nessuno, neppure a New York, sente il bisogno di aggiungere l'arte al calcio. I Cosmos-che se tutto va bene ripartiranno nel 2013 dalla NASL, la seconda divisione americana-anche senza tirare in ballo l'arte sono la squadra perfetta per Cantona. Con quella maglia bianca e verde ha chiuso la carriera Pelé, attuale presidente onorario (37 gol in 64 partite), ma soprattutto Giorgio Chinaglia. Se a New York l'ex laziale (213 gol in 193 partite) è risultato ancora più amato del brasiliano, è anche per merito del suo carattere. Siparietto: Chinaglia dice a Pelé di passargliela di più, Pelé risponde che non gliela passa perché lui tira da tutte le posizioni, e Chinaglia risponde: Io sono Chinaglia, se tiro da una certa posizione è perché Chinaglia può segnare da quella posizione. Adesso, dopo che Cantona se n'è uscito con la storia del mix tra arte e calcio, a Manhattan è nata una squadra chiamata F.C. Cantona, composta solo da dipendenti delle più importanti gallerie d'arte. Adam Cohen, direttore della Gagosian, ha detto di aver scelto delle maglie nere perché per lui era fondamentale giocare indossando lo stesso colore di Cantona nel suo "Kung Fu moment." Quale aspetto della sfaccettata personalità di Cantona avrà spinto i dirigenti dei Cosmos a chiamarlo: il suo amore per l'arte figurativa o il suo momento Kung Fu?

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Cantona è forse il giocatore più amato nella storia recente proprio per i contenuti extra-calcistici di cui ha arricchito le sue performance, in campo e fuori. Vorrei quasi dire per la sua artisticità, ma penso che sia proprio questo all'origine del complesso di inferiorità che Cantona prova ora rispetto a quei settori dell'esperienza umana considerati più "seri".

Guardando questi documentari, a volte si ha l'impressione che Cantona abbia compilato una specie di tesina con cui affrancarsi agli occhi dei suoi spettatori, che evidentemente immagina più assetati di cultura di quanto non fosse lui quando giocava (questo, oppure il suo scopo è diventare il Piero Angela del calcio). E il complesso di inferiorità di Cantona non ha senso, non solo perché le parti storiche sono proprio le più banali di tutto il documentario-una sorta di spiegone riassuntivo di tutte le pagine Wikipedia in tema-ma soprattutto perché chiunque decida di passare un'ora davanti al video lo farà per guardare Cantona, per sentire la sua voce nonostante il tono drammatico e la retorica dell'impegno. Magari sto per dire una cosa forte, ma l'errore di fondo è nella convinzione di Cantona che Cantona sia meno importante della Guerra civile spagnola o dei saccheggi e delle violenze anti-cristiane del 1955 a Istanbul.

Non so cosa Cantona stia cercando di scoprire su se stesso o sui contenuti extra-calcistici del calcio attraverso quest'opera di divulgazione sportiva, ma di qualsiasi cosa si tratti non si trova nel racconto storico della rivalità calcistica tra Galatasaray e Fenerbahce, tra Barcellona ed Espanyol. Il punto di questi documentari semmai è la presenza/assenza di Cantona. Secondo me, vanno guardati come se si trattasse di una caccia al fantasma inquieto di Cantona, costretto a vagare per gli stadi vuoti di mezzo mondo in cerca di pace.

Ecco quello di bello che ho trovato io in questi documentari: Cantona gira per Istanbul con le mani nelle tasche del cappotto. Cantona cammina sui binari di Manchester. Cantona ci parla dei nonni immigrati in Francia per sfuggire al franchismo. Le scene in cui sul petto nudo di Cantona vengono proiettati i colori delle squadre o immagini di repertorio. A Milano Cantona indossa una polo chiara col collo aperto e a un certo punto alla sua faccia barbuta con le sopracciglia da Muppet si sovrappone quella del Duce. Cantona poggiato a una balaustra davanti alle luci notturne del Bosforo. Cantona su un traghetto circondato da gabbiani. Cantona in catalano dice di essere catalano. Cantona prende sulle spalle due bambine e poggia le mani sulla schiena dell'ultimo giro di un Castell, la torre umana tipica catalana. Cantona chiama un taxi turco. Cantona si siede in prima fila durante le prove di un gruppo teatrale di studenti turchi. Cantona guarda il Flamenco. Cantona guarda verso i riflettori spenti degli stadi in cui entra con la stessa intensità con cui guarda la ramificazione delle colonne della Sagrada Familia. Cantona guarda quadri d'arte contemporanea, Cantona si interessa all'architettura moderna camminando sulla spiaggia di Barcellona. Cantona beve una cosa con un vecchio fotografo turco che gli dice non c'è più la Istanbul di una volta. Cantona incontra il più grande collezionista di paccottiglia del Manchester United, che quando se ne va dice all'operatore: "Cantona è stato nel mio soggiorno. Se lo avessi saputo, avrei passato l'aspirapolvere." Cantona è troppo umile. Il collezionista gli dice: "Quando sei arrivato te al Manchester erano ventisei anni che non vincevamo il campionato" e lui risponde: "Sono stato fortunato ad arrivare proprio in quel momento." Ma il tifoso chiarisce: "No. Siamo stati fortunati noi che sei arrivato te." Cantona incontra due tifose del Manchester City, madre e figlia. La madre, quasi anziana, ha appena chiamato in radio per lamentarsi della sconfitta nel derby subita nel recupero: "Sei all'ultimo minuto, d'accordo, stai provando a fare gol, ma non puoi perdere il possesso palla." Anche se sono tifose del City lo accolgono con sommo piacere. Chiamano il genero, un tipo educato e magrolino con una camicia bianca. Salta sul posto quando vede Cantona. Lo chiama Mister Cantona. Dice: "Mister Cantona is in my kitchen." Cantona incontra un tifoso sulla trentina con tatuato sul petto il suo nome: Cantona.

Ah, e poi ci sono tutti gli altri tifosi. Emin del Galatasaray ha 44 anni e ha sempre fatto di tutto per essere un buon tifoso. "Nel 2007 sono anche stato in prigione. Mi dispiace aver dato un cruccio alla mia famiglia. Ma insomma, il passato è passato. Adesso è solo un bel ricordo… no, volevo dire un brutto ricordo!" Emin prende in braccio il figlio più piccolo mentre guarda una partita, dopo pochissimo però lo dà alla figlia maggiore con una scusa. Giovani ultras del Galatasaray vanno a trovare Emin per avere dei consigli su come essere dei bravi ultras. Indossano maglia e sciarpa del Galatasaray, si sono messi il vestito della domenica per Emin. Non so perché, ma questa cosa mi emoziona. Mi emoziona anche la scena con i tifosi del Fenerbahce che portano in spalla il loro giocatore preferito, Diego Lugano, all'aeroporto, dopo che è stato comprato dal Psg (e anche a Parigi, pare, i primi ad accoglierlo sono stati tifosi del Fenerbahce). Ad ogni modo, in Turchia ragazze carine, con cappotti rossi e i capelli fatti, parlano di calcio e si dicono fiere di tifare Fenerbahce e non Galatasaray. I discorsi da tifoso sono stupidi anche quando a farli è una ragazza carina con le guance piene. Un vecchio-ha 50 anni-ultras de Galatasaray dice che gli dispiace per i suoi figli, che comprano i biglietti il giorno prima e guardano la partita mangiando un panino coi gamberetti. Secondo lui non è più calcio ormai, è come andare a teatro. Quando il Fenerbahce perde il derby un tifoso in giacca razionalizza: "È dal 2008 che non perdevamo contro il Galatasaray. 1319 giorni. In 1319 giorni hai il tempo di fare una famiglia di undici figli."
Nel bar in cui lavora Javi non vendono la Coca-Cola perché non vogliono avere a che fare con le multinazionali, tipo il Barcellona. Però c'è la Mate-Cola, che è tipo l'Espanyol. Javi quando saluta il tifoso del Barcellona dice: "Che vinca il peggiore." Javi ha ragione a odiare il Barcellona: sulle Ramblas vendono sciarpe e maglie di Barça e Real ma niente dell'Espanyol.
A Manchester una bambina è capace di riconoscere Fergie (Ferguson, Sir Alex) in foto.
I tifosi italiani sono più tristi di quelli turchi, spagnoli e inglesi. Giuseppe gestisce il bar-pasticceria di famiglia, da piccolo aveva lo zainetto del Milan, il diario del Milan. Adesso, a sua figlia di meno di un anno, fa indossare la maglia del Milan e la mette davanti alla partita del Milan. La mamma dice alla bambina: "Domani papà va allo stadio, va a vedere la partita, evviva!", e Giuseppe aggiunge "E se vinciamo lo Scudetto vi porto alla festa in piazza. Se vuole la mamma. Se vuole la mamma." Giuseppe va da un barbiere interista anche se non ha bisogno di tagliarsi i capelli, si fa la barba. Giuseppe dice: "Uomo di merda Leonardo" e il barbiere chiama "terrone" un altro avventore abitudinario. Il barbiere prende in giro Berlusconi ma Giuseppe difende il suo presidente: "Ci andresti anche tu con le ragazze. Sei invidioso perché non t'invita." E il barbiere: "Non tromba più ormai." Il barbiere anziano prende a schiaffi Giuseppe in un modo che lascia capire che lo prende a schiaffi da sempre. Corrado e Riccardo lavorano nella carrozzeria di famiglia che si chiama "Inter" con la tuta da meccanico dell'Inter e sotto una camicia con la cravatta dell'Inter. Vanno allo stadio con i biglietti falsi e non li fanno entrare. Mentre tornano in carrozzeria un tifoso del Milan gli grida dietro: "Vaffanculo," più volte. Il derby di Milano è il più squallido di tutti.

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