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stili di gioco

Il calcio non è semplicità

Affermando ognuno a suo modo che il calcio è un gioco, che il calcio è semplice, Del Piero e Di Bartolomei ci dicono in realtà che il calcio non è solo un gioco, ma una questione complessa.

Il Manuale del Calcio di Agostino di Bartolomei e il secondo libro scritto da Alessandro Del Piero, Giochiamo ancora, sono due ottimi esempi di come in Italia si tenti di educare attraverso il calcio. La buonissima intenzione di entrambi è di rivolgersi più o meno direttamente ai ragazzi. Luca Di Bartolomei dice di aver deciso di pubblicare questo libro, a vent'anni quasi dalla morte del padre (ieri, su Rai 3, una puntata di Sfide dedicata al Capitano Silenzioso ha fatto bagnare di lacrime i cuscini di tutti i romanisti che lo hanno guardato), per rendere partecipi bambini e ragazzi "delle sue esperienze di calciatore e allo stesso tempo di uomo che ha fatto delle regole, dell'etica sportiva, un personale comandamento: un proprio piccolo stile di vita." Del Piero invece a un certo punto si chiede: "Ale, ma questo libro per chi lo stai scrivendo? E mi rispondo che lo sto facendo per i miei bambini, ma anche per tutti quelli che pensano che nell'esperienza di un altro ci sia anche qualcosa di loro. E che le storie delle altre persone, non importa se famose o no, possano aiutare la nostra. Possono, magari, renderci migliori. È questa la presunzione che ho."

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Si tratta di libri diversissimi tra loro. Quello di Di Bartolomei è una via di mezzo tra il Manuale delle Giovani Marmotte e il libretto di istruzioni del Giuoco Calcio inteso come gioco da tavolo (immaginatevi una scatola enorme con all'interno pali e traverse, la calce per le righe e le bandierine).

Di Bartolomei dedica le 50 pagine centrali del libro alle regole. Non solo ci sono paragrafi dedicati a cose come "I raccattapalle" o "L'uso delle bandierine", ma Di Bartolomei scende in dettagli ovvi per chiunque conosca il calcio e che, al tempo stesso, non si capisce perché dovrebbero interessare chi di calcio non sa davvero niente. Nella parte dedicata agli allenamenti (70 pagine), Di Bartolomei si rivolge anche agli educatori, con un linguaggio più scientifico, intitolando i paragrafi "La psicocinetica", o "La preparazione fisica e atletica dopo i 13 anni". Stila elenchi di allenamenti diversi, con scopi diversi, e disegna schemini come:  ANALIZZATORE VISIVO TATTICO ACUSTICO → SISTEMA PERCETTIVO → SISTEMA ELABORATORE TATTICO.

La biografia di Del Piero invece, lo dice lui stesso, è la risposta al tema delle elementari "Cosa farò da grande" a cui, all'epoca, non ha potuto rispondere con coscienza di causa. Sarebbe ingiusto confrontarla con quella di Agassi (o anche con quella di Ibrahimovic) sul piano della letterarietà proprio per questo: Del Piero (aiutato da Maurizio Crosetti) scrive come un bambino perché in fondo vuole rivolgersi a loro come un fratello maggiore.

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Nel presentarla a Che Tempo Che Fa, Fabio Fazio fa un piccolo monologo che potrebbe andar bene anche per Di Bartolomei: "Credo che l'affetto che si ha per una persona, innanzitutto, e per un calciatore e per un simbolo come Alessandro Del Piero, non sia casuale ma derivi da un modo di comportarsi, da una vita, e ancora di più, se mi permetti, da come si è cresciuti, dalla mamma e dal papà che si è avuto in sorte di avere. E questo libro devo dire, sarà che son vecchio ma, insomma, l'ho trovato persino romantico a tratti… perché non è un libro che parla di calcio. È un libro che parla del gioco del calcio. Siccome a me, ad esempio, da quando il calcio è stato messo 'in gioco' piace molto meno, devo dire…".

Alla base, cioè, c'è un forte disagio per quello che il calcio è veramente. Così se il motto sulla quarta di copertina del manuale di Di Bartolomei, riportato al punto 10 del decalogo "per i piccoli calciatori", è IL CALCIO È SEMPLICITÀ, sembrerebbe che quello di chi desideri parlare di calcio in maniera costruttiva, positiva, debba per forza di cose essere semplice. Quello che hanno in comune questi due libri è proprio questo: affermando ognuno a suo modo che il calcio è un gioco, che il calcio è semplice, ci stanno dicendo in realtà che il calcio non è solo un gioco, che è una questione complessa.

Io ho letto i due libri insieme sotto le coperte, con la febbre, confondendoli quasi. Passare dall'uno all'altro è stato educativo, le descrizioni stranianti di Di Bartolomei unite all'intimismo di certe frasi di Del Piero hanno creato un cortocircuito di senso. Di quale calcio stanno parlando?  
Questa qui sotto è una poesia dada costruita con le frasi più significative dei due libri. Una poesia che è anche un discorso di educazione calcistica. Io non so più cosa pensare. Ditemelo voi se c'è qualcosa da imparare.

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Il pallone deve essere sferico. L'involucro esterno deve essere di cuoio o di altro materiale approvato. Per la sua confezione non potrà essere utilizzato alcun materiale che possa costituire pericolo per i giocatori.
Io ho un modo di pensare molto pratico e meritocratico: se gioca un altro al posto mio, vuole dire che gli spetta. Poi, magari non è vero, ma io ci credo e mi demoralizzo.
Ti metti in discussione, e questo va bene. Però, può capitare che ti metti in dubbio, e questo è pericoloso. Perché perdi l'autostima.
Il terreno di gioco deve essere segnato, non con solchi a forma di V, con linee visibili la cui larghezza deve non superare i 12 centimetri e non essere inferiore a 10 centimetri. I lati maggiori del rettangolo sono denominati linee laterali, quelli minori linee di porta.
Perché un calciatore può essere anche molto solo. Alcuni possono persino cadere in depressione, è già successo con conseguenze drammatiche, ricordo quel povero portiere tedesco che si è ucciso qualche anno fa. La gente fatica a capire. Si pensa che all'atleta famoso non sia concessa nessuna debolezza, ma non è così. Il calcio è un mondo bellissimo e anche strano, una specie di pianeta in una galassia remota, piena di contrasti, privilegi e trappole. In questo pianeta circola gente strana, che cerca di sfruttare il calciatore senza curarsi minimamente di lui come persona.
Al centro di ciascuna linea di porta devono essere collocate le porte. Esse sono costituite da 2 pali verticali, equidistanti dalle bandierine d'angolo e distanti fra loro, all'intero, 7,32 metri.
Nulla è estraneo dal tuo percorso di crescita, un viaggio nel quale non si può fare a meno del dolore fisico e psicologico. Chi non soffre, non migliora.  
Una rete risulta segnata quando il pallone ha interamente oltrepassato la linea di porta, tra i pali e sotto la sbarra trasversale, a condizione che nessuna infrazione alle regole del sia stata precedentemente commessa dalla squadra che ha segnato la rete.
Io credo al destino, ma al caso no.

Accade a volte di rubacchiare una punizione a centrocampo, per carità, chi è senza peccato scagli la prima pietra. Però non credo che queste siano clamorose offese alla lealtà.
Il dolore è una dimensione misteriosa.
Le due squadre devono indossare colori che le distinguono una dall'altra a anche dagli ufficiali di gara.
Il dolore, compreso quello che nasce dalle sconfitte, ha sempre qualcosa di positivo. Perché ferisce, tocca la carne e l'anima, non si può restare indifferenti.
Ai giocatori è consentito esprimere la propria gioia dopo la segnatura di una rete, ma tale manifestazione non deve essere eccessiva e non deve causare un'eccessiva perdita di tempo.
Avere stile è un dovere più che un diritto.
Il dribbling se fatto al momento e nel posto giusto può essere quel qualcosa in più che consente a un giocatore di saltare il diretto avversario e di mettere la sua squadra in grado di segnare un gol, vincendo così la partita.
Ci si potrebbe chiedere: "L'autocontrollo è una bugia?". Forse sì, potremmo quasi chiamarla una "falsa bugia" nell'interesse collettivo.
Sarebbe bello se io fossi solo veramente come le cose che ho detto fin qui, se sapessi governare il mio talento conoscendone i meccanismi, se fossi proprio un esempio di correttezza e di stile. Invece, è tutto ancora da conquistare.
Un altro modo di colpire la palla è di testa.

Segui Daniele su Twitter: @DManusia