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In Italia non siamo tutti allenatori

Per capire quanto conta l'analisi statistica nel calcio italiano abbiamo intervistato Antonio Gagliardi, analista della Nazionale, proprio mentre stava preparando la partita con la Spagna di stasera.

La Nazionale italiana nel 2012. Via Wikimedia Commons.

In un articolo di qualche settimana fa intitolato A cosa servono le statistiche nel calcio? ho provato a illustrare il punto di vista seguente: prendiamo le statistiche come uno strumento in più, relativamente nuovo, a disposizione per provare a capire la complessità di una partita di calcio. Questo, in un contesto in cui sono ancora vivissimi pregiudizi come “il calcio non è matematica.”

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Per approfondire l'argomento con un punto di vista interno, professionale, ho pensato di fare qualche domanda ad Antonio Gagliardi, analista della Nazionale italiana di calcio. Antonio ha 30 anni ed è di Bassano del Grappa. Ha un profilo pubblico facebook e un account twitter su cui condivide alcuni suoi spunti. È un lettore estremamente attento di tutto ciò che riguarda il calcio e mi scrivo da tempo con lui, anche se non l'ho mai conosciuto di persona. Antonio stava preparando la partita con la Spagna quando gli ho fatto le mie domande, per questo ringrazio lui e la FIGC che ha dato la disponibilità.

Personalmente mi piacerebbe che, arrivando al termine dell'intervista, fosse chiaro come il calcio a livello professionale si è già evoluto in questa direzione, e che sviluppare un discorso più oggettivo rispetto a quello di potere dei giornalisti, il potere di dare i voti per il Fantacalcio o comunque i giudizi che preferiscono senza stare troppo ad argomentare, a questo punto dipende solo da noi.

VICE: Ciao Antonio, inizierei chiedendoti di presentarti, cosa hai fatto prima di essere l'analista della Nazionale?
Antonio Gagliardi: Ho iniziato da giovane ad allenare e a prendere i primi patentini. Dal punto di vista lavorativo ho cominciato in SICS, azienda fornitrice di software e servizi a tutti i livelli calcistici, dalla Serie D alla Nazionale. Ad inizio 2000, nel boom dell'espansione tecnologica, tutti gli allenatori iniziavano ad appassionarsi a video e statistiche e il mio lavoro consisteva nel dirigere un gruppo di lavoro di dieci analisti che forniva analisi a tantissime squadre dal Milan di Ancelotti alla Roma di Spalletti, dall’inter di Mancini alla Fiorentina di Prandelli.

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Io ho avuto la fortuna di essere uno dei più giovani del settore, ma allo stesso tempo avevo esperienza già da una decina d'anni al momento del boom. Nel 2007 tutta la struttura di analisi video e dati SICS è passata ad Opta Italia e circa un anno dopo Roberto Donadoni mi ha chiamato come video analista per Euro 2008 con la Nazionale. Terminato l’Europeo 2012 ho lasciato Opta per entrare in Federazione a “tempo pieno”, come parte dello staff di Cesare Prandelli, responsabile della Match Analysis.

Euro 2008. Antonio è quello con le braccia conserte.

Puoi descrivere i tuoi compiti all'interno dello staff di Prandelli?
Mi occupo dell’analisi degli avversari e delle analisi delle nostre partite. Presento una serie di report sia video che cartacei sui nostri avversari, nei giorni precedenti all'incontro. Il mio ruolo è dunque quello di fornire il più completo studio sugli avversari possibile e le mie analisi vengono studiate e rielaborate da Gabriele Pin, vice allenatore, e Maurizio Viscidi, collaboratore tecnico, e poi condivise con il Ct Prandelli.

Chi ha portato in Italia l'analisi?
Con la rivoluzione tattica di Sacchi di fine anni Ottanta sono cambiate anche le metodologie di lavoro e l’avvento di una generazione di allenatori ha portato nel corso degli anni Novanta a un utilizzo massiccio delle tecnologie nel mondo del calcio. In Italia sono nate due aziende: la bresciana Digital Soccer di Adriano Bacconi e la citata Sics, di Bassano del Grappa. Hanno cominciato loro ad effettuare le prime rilevazioni statistiche inserendosi poco a poco sia nel mercato dei club sia nel mercato dei media. L’aumento delle partite in tv dei primi anni Duemila e le innovazioni tecnologiche hanno fatto il resto: ai dati statistici si è aggiunta l’analisi video.

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Poi è nata anche l’italianissima Wyscout, che partendo da Chiavari in pochi anni diventerà la principale protagonista nel settore dello scouting dei giocatori e dei giovani per il mercato calcistico (con clienti come Barcellona, Liverpool, Boca Juniors, una vera e propria eccellenza italiana).

Già da qualche anno ormai praticamente ogni squadra ha un proprio analista (o legato al club o legato allo staff dell’allenatore) e nei media i dati vengono ampiamente utilizzati. Addirittura nei contratti calcistici sono previsti bonus non solo per goal e presenze ma, in alcuni casi, anche per gli assist. Nel frattempo Adriano Bacconi lascia la Digital e approda in Rai, dove inizia a far conoscere al grande pubblico l’utilizzo delle statistiche nel calcio e l’analisi tattiche.

Tra le parabole che fondano il mito dell’analisi statistica c’è quella di Redknapp, allora allenatore del Southampton che dopo una sconfitta risponde provocatoriamente all’analista Simon Wilson: “Facciamo così, la prossima volta facciamo giocare il tuo computer contro il loro e vediamo chi vince.” Adesso si parla in maniera esplicite di “rivoluzione”, sia dal lato professionale dei club ma anche da quello mediatico. A che punto pensi che ci troviamo? A livello ufficiale come è inquadrata la figura dell’analista?
Il calcio non è diverso da altri importanti settori della nostra vita quotidiana, in Italia e nel mondo, dunque l'innovazione spesso trova parecchie resistenze. Credo però che il processo di rivoluzione sia ampiamente iniziato ed è irreversibile.

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Purtroppo però quella dell'analista è una figura non ancora riconosciuta ufficialmente alla pari degli altri membri di uno staff tecnico—preparatore dei portieri, preparatore atletico etc. Spesso l’analista è inquadrato come collaboratore tecnico che poi funge da responsabile della Match Analysis. In linea generale in Italia l’analista si occupa dell’analisi video degli avversari e “controlla” le statistiche (in Italia sono usate molto poco dagli staff tecnici), senza separare le due figure. In Inghilterra o in altri paesi più evoluti, dove per ogni club esiste l’area della Match Analysis con 3-4 persone dedicate, può esserci una maggiore specializzazione.

Soffermandoci sull'aspetto mediatico, in che modo pensi si distingua il contesto attuale italiano da quello inglese? Non senti sminuito il tuo lavoro dalle telecronache sciatte o dai commentatori poco competenti del dopo-gara?
Tralasciando gli Usa che come approccio ai dati sconfiggono tutti per distanza—aiutati anche dal fatto di amare sport più facilmente leggibili attraverso le statistiche, dal basket al baseball—anche in Inghilterra sono molto più avanti di noi. Dal punto di vista mediatico invece nei giornali ormai non si contano le classifiche di rendimento “numeriche", le analisi tattiche corredate di numeri e i “Fantacalcio” statistici.

Credo sia un problema culturale, il tifoso o l’addetto ai lavori italiano, anche se mediamente più appassionato di tattica, mostra maggior diffidenza ai numeri rispetto a un inglese. Forse si preferisce esprimere la propria opinione senza affidarsi a dati oggettivi. Credo però che anche qui l’approccio stia cambiando, e i mass media se ne sono accorti. Se vogliono dei lettori di qualità devono fornire informazioni di qualità, e l’utilizzo dei numeri per approfondire una determinata tattica di una squadra o dei movimenti di un giocatore credo possa rientrare nella definizione di “informazione di qualità”.

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No, non credo che il mio lavoro sia sminuito dalla presunta mancanza di qualità di alcuni commentatori. L’ambito professionale e quello mediatico sono due mondi diversi con target separati. Chiaro che, da appassionato, preferisco seguire quei giornalisti o commentatori che privilegiano un’informazione di qualità.

Immagine tratta dal profilo di Antonio Gagliardi: si tratta di OVS, un software professionale Opta con cui lui guarda le partite.

Quali sono i limiti delle analisi oggettive sul calcio? Come misurate il vostro lavoro in uno sport dominato dalla famosa “cultura del risultato”?
Come ho accennato il nostro lavoro al momento privilegia la parte video a quella statistica. Per quanto riguarda l’analisi video, riuscire a individuare pregi e difetti dell’avversario di turno è diventata un’operazione fondamentale nel lavoro quotidiano di un allenatore. La situazione invece è diversa per l’utilizzo di analisi oggettive numeriche. I limiti delle analisi oggettive numeriche nel calcio sono intrinseci alla natura stessa di questo sport. E ciò che rende unico il calcio rispetto agli altri sport è il punteggio.

In tutti i principali sport il punteggio viene “costruito”: per vincere una partita di tennis ho bisogno di effettuare decine di punti (15-0, 30-0, game, set, partita), così come nel basket ho bisogno di effettuare decine di canestri (80-60 per esempio, più di 30 canestri effettuati). Negli altri sport, cioè, vince sempre il più bravo. Non il più forte sulla carta ma il più bravo in quella singola partita, perché solo la bravura (certo non la fortuna) mi permette di sopravanzare l’avversario per decine di volte (al massimo una partita può presentare un risultato in parità fino alla fine e dunque con una bravura uguale o quasi per le due squadre).

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Nel calcio il Real Madrid può dominare la partita contro l’Almeria, tenere 80 percento del possesso palla, 30 tiri in porta con 5 pali e miracolose parate del portiere, ma poi nell’unico tiro in porta al novantesimo magari l’Almeria vince. Non esiste la ripetitività dell’evento fondamentale, quello che fa vincere la partita. Detto questo, diventa ancora più importante lavorare non sul risultato ma sulla prestazione. Lavorare cioè per far ripetere il maggior numero di volte possibili quelle situazioni in cui la tua squadra può segnare o, in fase difensiva, lavorare per ridurre le situazioni pericolose in cui gli avversari possono segnare.

A che tipo di errori si va incontro se ci si avvicina alle statistiche in modo troppo ingenuo?
Alcuni dati, se non bene interpretati, non solo non aggiungono niente all’analisi ma possono portarti fuori strada. Un esempio perfetto è quello della posizione media: viene calcolata mediando le zone in cui un giocatore ha interagito con la gara (dunque tocchi di palla, tiri, dribbling, passaggi ma anche falli, intercettazioni, etc). Nel caso dei giocatori di fascia, a volte la posizione media risulta centrale, quasi da punta, ma questo si spiega perché magari hanno giocato un tempo da ala sinistra e un tempo da ala destra. Un osservatore esterno però può pensare che abbia effettivamente giocato al centro. Chiaramente per chi non ha ben chiari i metodi di raccolta del dato e di rielaborazione andare incontro a questi errori è abbastanza normale.

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Né le statistiche possono rispondere a tutte le domande, giusto? Mi viene in mente il caso di Hamsik, le cui difficoltà secondo alcuni si spiegherebbero proprio con la diversa "posizione media" rispetto allo scorso anno. Secondo te non sarebbe necessaria una formazione di qualche tipo?
Sì la posizione di Hamsik è un esempio calzante: andando ad osservare le posizioni medie dell’anno passato e quelle attuali si nota che non sono cambiate significativamente; i tocchi palla avvengono nelle stesse zone, probabilmente però è il movimento del giocatore ad essere cambiato. L’anno scorso riceveva palla in corsa verso la porta avversaria, quest’anno invece viene chiamato in causa anche spalle alla porta. Tutti movimenti che le statistiche non potranno mai darti. Sulla formazione o comunque sull’aggiornamento mi trovi completamente d’accordo. Ripeto, sarebbe difficile per chiunque usare dei dati statistici senza conoscere il metodo di raccolta dei dati stessi.

Per capire il livello raggiunto dall'analisi calcistica in Inghilterra basta confrontare un qualsiasi intervento di Gary Neville (a destra, mentre usa un touchscreen alimentato con dati Opta) con le trasmissioni sportive italiane. Unica eccezione il già citato Adriano Bacconi.

Che differenza c’è tra i dati accessibili al pubblico e ai media e quelli per professionisti?
Chiaramente i dati disponibili al pubblico e ai media sono di un livello di dettaglio inferiore a quelli utilizzati dai club professionistici. Giustamente, aggiungerei, spesso i club pagano migliaia di euro per avere quei dati, e non accetterebbero di vederli gratuitamente sul web con il rischio, fra l’altro, di svelare qualche loro “segreto”.

In generale comunque ogni partita di calcio è suddivisibile in quattro aree: tecnica - tattica - fisica e psicologica. Sulla base di queste aree si costruisce il giudizio sulla prestazione della squadra e del singolo e in ogni gara il ‘peso’ delle quattro aree varia. Per quanto riguarda i dati tecnico-tattici (cioè numero di tiri, passaggi, dribbling, lunghezza in m della squadra o di un reparto) sul web come detto esistono diverse fonti, mentre i dati fisico-atletici (cioè numero di km percorsi, di accelerazioni effettuate ecc.) sono molto più difficili da trovare, e in ambito professionale interessano maggiormente i preparatori atletici. Spesso sono dati elaborati ad hoc per qualche squadra (hanno bisogno di software importanti e hanno un alto costo di gestione) e quindi difficilmente pubblicabili sul web.

Fa eccezione la Bundesliga che a differenza di altri paesi fa elaborare questi dati centralmente per poi distribuirli a tutte le squadre che partecipano al campionato; con questo meccanismo la Bundesliga può permettersi di rendere pubblici una parte di questi dati sul proprio sito internet.

Interessante, perché spesso si dice che una squadra non “ha gamba” o “sembra stanca” quando invece sarebbe possibile misurare effettivamente anche questo genere di cose. E penso che se ci fosse più conoscenza dei dati i commentatori non potrebbero dire la prima cosa che gli passa in testa come a volte sembra. Secondo te la Serie A è davvero più tattica degli altri campionati (penso ai tre terzini sinistri di Gasperini)?
La tattica si è globalizzata a livello europeo, se non mondiale, ma l’Italia rimane all’avanguardia soprattutto per quanto riguarda l’organizzazione difensiva e le contromosse rispetto agli schieramenti avversari.

Vorrei chiudere chiedendoti una cosa sulla Nazionale. Senza rivelare segreti strategici, che Mondiale ci aspetta?
Con il clima che ci aspetterà in Brasile questo Mondiale sarà una competizione dove l’aspetto fisico-atletico probabilmente avrà un “peso” importante se non determinante, dunque potrebbero esserci delle sorprese. Sembra una contraddizione ma in Brasile, nel paese del calcio “bailado”, conterà meno la tecnica e più il fisico. Mentre fra quattro anni in Russia, con un clima mite, probabilmente la tecnica e la tattica saranno gli aspetti più importanti.

Thumbnail via Flickr/Fabio Porta. Segui Daniele su Twitter: @DManusia

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