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stili di gioco

Report post-partita, Italia-Spagna 0-4

Un'analisi lucida e completa della sconfitta della nazionale agli Europei.

Un piccolo aiuto per comprendere meglio la sconfitta di ieri-Cosa è successo davvero? Come è stato possibile battere così bene la Germania e perdere così male con la Spagna? Cosa è cambiato rispetto a venti giorni fa, quando siamo stati in grado di limitarli e al tempo stesso fare il nostro gioco? È solo una partita di calcio, è solo una partita di calcio…-arriva dalle dichiarazioni di Prandelli a fine partita.

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"L'interpretazione della gara non è stata sbagliata, ma abbiamo capito subito che bisognava contenere, perché eravamo molto stanchi. Questo ci ha tolto tanto equilibrio, la nostra è una squadra che deve stare bene fisicamente per rendere al meglio."

Prandelli qui non sta solo dicendo che l'Italia era stanca, e che non se lo aspettava, ma anche che solo in virtù del nostro particolare sistema di gioco, quell'equilibrio a cui Prandelli tiene tanto e che richiede molta energia, la stanchezza può spiegare una prestazione così al di sotto delle aspettative.

La scelta, a mio avviso coraggiosa, del modulo tattico era basata probabilmente sui progressi fatti durante l'Europeo e la considerazione che tornare al 3-5-2 (la prima volta l'Italia doveva iniziare la competizione con una sola amichevole alle spalle persa in malo modo), sarebbe stata un'ammissione di insicurezza, se non addirittura inferiorità.

Ma ad essere cambiata rispetto alla partita del girone, era soprattutto la Spagna. Daniel Taylor sul Guardian aveva notato come alla Roja del 2012, prima della finale di ieri, ci volessero in media 58 passaggi prima di effettuare un tiro, contro i 44 della Coppa del Mondo e i 33 del 2008. Una squadra, quindi, progressivamente più lenta, forse invecchiata-a fine ciclo? Quella che ci siamo trovati di fronte, invece, è stata la Spagna più bella di sempre. Del Bosque ha affinato nel corso del torneo, senza fretta e senza lasciarsi influenzare da chi riteneva il calcio spagnolo "noioso", il suo sistema senza centravanti, portandolo al grado di massima eccellenza proprio in finale. Se doveva scegliere una partita da giocare al meglio in tutto il torneo, ha scelto quella giusta. Non solo, anche se Prandelli ha detto che l'Italia avrebbe cercato di sfruttare i difetti della Spagna, le cose sono andate esattamente nella maniera opposta.

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Con il rombo a centrocampo l'Italia è vulnerabile nei cambi di gioco e quando salgono i terzini avversari (sia contro l'Inghilterra che contro la Germania abbiamo rischiato a sinistra, ieri a destra). La Spagna di Del Bosque ha sfruttato questo nostro difetto "congenito" facendo salire costantemente sia Arbeloa che Jordi Alba (neo-acquisto del Barcellona). Cambiando spesso gioco con lanci precisi in diagonale hanno fatto correre, da destra a sinistra, da sinistra a destra, i quattro del rombo italiano. In questo modo ci è stato impossibile mantenere le giuste distanze tra i giocatori. È questo tipo di movimenti a rendere il modulo di Prandelli, a questo si riferisce quando parla di "una squadra che deve star bene fisicamente per rendere al meglio." È inutile prendersela con Chiellini, magari un giocatore più rapido avrebbe potuto recuperare su Fabregas o chiudere in scivolata, ma la verità è che l'Italia aveva continui problemi a riposizionarsi adattandosi al giro palla spagnolo. Nell'immagine qua sotto la palla tra i piedi ce l'ha Iniesta. Poco prima la Spagna aveva allargato il gioco su Arbeloa, in fondo allo schermo. Chiellini quindi si era allargato da poco e stava tornando al centro, come De Rossi. Il lato sinistro della difesa e del centrocampo è stato allargato proprio con l'intenzione di creare quello spazio (tra Chiellini e Bonucci, De Rossi e Pirlo, con quest'ultimo come sempre poco aggressivo) in cui far passare il pallone. La corsa di Fabregas, più "centravanti" del solito, è stata perfetta, sfruttando la linea alta della difesa italiana (alta nel tentativo di recuperare palla col centrocampo). La palla di Iniesta, va da sé, è stata perfetta e Silva (1 metro e 70), è riuscito a saltare tra Bonucci e Barzagli.

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Se nel corso del torneo uno dei problemi di Del Bosque era come allargare il gioco (di solito inseriva Jesus Navas e Pedro proprio con questo scopo), ieri semmai si trattava di competere contro i quattro centrocampisti centrali italiani. Che la Spagna avrebbe dominato le fasce potevamo aspettarcelo, ma il loro successo si è consumato soprattutto al centro. A Del Bosque è bastato chiedere a Iniesta e Silva di accentrarsi per ottenere la superiorità. 4 contro 5, i giocatori italiani erano in costante affanno e, in particolare, Montolivo preso tra Xabi Alonso e Sergio Busquets non ha potuto esercitare quel ruolo di rottura nelle zone alte del campo fondamentale per il nostro gioco. E infatti ieri si è visto Cassano rientrare sul portatore (nei limiti del possibile) per la prima volta in questo Europeo e, forse, della sua vita.

Frustrati dai triangoli e dalla classe degli spagnoli (esaltata dall'uomo in più sempre a disposizione) il pressing dell'Italia è andato a vuoto, facendoci consumare ancora più energie del previsto e costringendoci a lasciare spazi tali da esaltare le qualità di gente come Xavi (due assist), Iniesta, Silva e Fabregas. Il secondo gol è una dimostrazione di superiorità lapalissiana. Lancio di Casillas, sponda di Fabregas per Alba, Alba la passa a Xavi e parte da dietro con una corsa lunga, passando in mezzo ai giocatori italiani. De Rossi concede troppo campo palla al piede a Xavi (un suo difetto, pare, dell'epoca Spalletti) e Bonucci e Barzagli lasciano passare Alba anziché chiuderlo a sandwich e spendere l'ammonizione, ma in sostanza l'Italia era come una maglietta consumata che basta tirare con due dita, o due giocatori se preferite, per creare un buco.

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Infine, la Spagna ci ha spento la luce. È stata la prima squadra del torneo a schermare in maniera efficace Pirlo. Per tutto il primo tempo e oltre, Xavi gli ha praticamente impedito qualsiasi giocata. E se Xavi non era nei paraggi, tornava Fabregas, o si avvicinava Iniesta. Quindi, non solo il centrocampo italiano è stato portato a spasso come quattro docili cagnolini al guinzaglio (la palla) del dogsitter, ma ha anche faticato a uscire con calma, palla a terra, dalla difesa. Abate, Chiellini, Bonucci sono stati costretti in più di un'occasione a ricorrere ai lanci lunghi (non ricordo dove l'ho letto, ma pare che Sacchi dicesse a Baresi: "Sappi che ogni volta che fai un lancio, mi dai un dispiacere"). Rispetto al 10 giugno Pirlo ha potuto giocare con tranquillità solo al di fuori della nostra area di rigore, una quindicina di metri dietro la sua posizione ideale a cavallo della linea di metà campo. Rispetto alla partita del girone eliminatorio non abbiamo avuto il vantaggio del doppio playmaker, con De Rossi centrale di difesa nel 3-5-2 capace di sostituirsi a Pirlo in caso di necessità. Come si può vedere dal grafico sotto, De Rossi si è abbassato di tanto in tanto, proprio per questa ragione, ma non si può dire che l'Italia abbia cambiato sistemazione in campo.

Se avessimo avuto dei giornalisti sportivi seri in Ucraina magari qualcuno avrebbe potuto chiedere a Prandelli perché non è passato al 3-5-2, una volta accortosi che la squadra era stanca e che su Pirlo c'era una marcatura speciale. Pur avendo fiducia nelle nostre capacità tecniche del nostro centrocampo, in condizioni ottimali, non sarebbe forse stato il caso di correggere la formazione in corsa, considerando le difficoltà oggettive ed eccezionali riscontrate? Prenderemo una qualche misura, in futuro, quando ci capiterà di incontrare nuovamente la Spagna o Prandelli conta di arrivare a un livello tale in cui ce la giocheremo alla pari?

Il punteggio è eccessivo e ingannevole (la Spagna ha segnato due gol su quattro dopo l'83°, e l'Italia nell'ultima mezz'ora, da quando cioè è uscito Thiago Motta lasciandoci in 10 contro 11, non ha fatto nemmeno un tiro) e l'ammirazione per quanto fatto da Prandelli deve restare immutata. Magari, anzi, nei piani di Prandelli per trasformare l'Italia in una squadra moderna, costruttiva e positiva, con un senso profondo dello sport come parte della vita del paese, una sconfitta pesante, un bagno di umiltà di questo tipo, potrebbe anche farci bene. Avremmo voluto tutti che vincesse, ma se abbiamo deciso di abbracciare la filosofia di Prandelli dobbiamo farlo in toto.

Ecco come Prandelli conclude il suo libro: "Ho sempre detto che si può essere un allenatore di successo anche senza aver vinto nulla. Quando hai un riscontro, la maggior parte delle persone ti stima e ti ammira e la maggior parte dei giocatori che hai allenato conserva un bel ricordo di te. Il mio successo sono i miei quindici anni da professionista. Ho fatto l'allenatore del settore giovanile con buoni risultati umani e sportivi, ho fatto l'allenatore professionista per dieci anni in serie A. Sono un uomo soddisfatto e potrei anche fermarmi qui. Certo, mi piacerebbe vincere, una sorta di ciliegina sulla torta. Però mi piace pensare alle tante persone di successo che non hanno mai vinto niente ma trasmesso emozioni."

L'Europeo è finito, ma Stili di Gioco continua con cadenza settimanale. Il prossimo appuntamento è lunedì.

Segui Daniele su Twitter: @DManusia