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Il nuovo rapporto dell'Osservatorio per la legalità e la sicurezza della Regione Lazio ha fatto una radiografia dettagliata dei Casamonica. "Si tratta di una fenomeno criminale complesso," si legge, "perché i Casamonica vengono deportati a Roma durante il fascismo" ed è "un gruppo enorme composto da diverse famiglie: Casamonica, Di Silvio, Di Gugliemo, Di Rocco, Spada e Spinelli. Famiglie strettamente connesse sulla base di rapporti fra capostipiti che si sono sposati con appartenenti alle varie famiglie, sul modello della 'ndrangheta."Nel corso della loro scalata, i Casamonica sono stati più volte incriminati per spaccio e traffico di stupefacenti, usura tramite società finanziarie, scommesse clandestine, strozzinaggio e recupero crediti per conto terzi. Pur essendo diventato uno dei gruppi malavitosi più potenti e radicati del Lazio—la DIA stima il loro patrimonio in circa 90 milioni di euro—il reato di associazione per delinquere è stato contestato solo nel 2012. Loro stessi però rifiutano sdegnosamente la definizione di "clan" o "mafia," e in questi giorni hanno sostenuto che la vera mafia è "dentro la politica."
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Sono storie del genere a evidenziare questa specie di "fase primitiva e formativa" in cui ancora si muovono i Casamonica, nonostante calchino le scene da svariati decenni. Come mi spiega il cronista romano Yari Selvetella—autore del saggio Roma Criminale (con Cristiano Armati) e del romanzo La Banda Tevere—i Casamonica "sono stati capaci di gestire un piccolo territorio in maniera quasi spontanea, facendolo diventare letteralmente un feudo personale, anche chiudendo le strade con i secchioni della mondezza."Il cambio generazionale dei Casamonica, prosegue Selvetella, è coinciso con il salto di qualità: essendosi posto come una specie di service criminale, quando altre realtà si sono prosciugate i Casamonica "si sono trovati a essere degli interlocutori." Nella rappresentazione mediatica, tuttavia, il clan è stato visto a lungo come un "fenomeno di costume, certamente pittoresco rispetto all'immagine delle grandi mafie. Chiedevano l'elemosina ad Anagnina, con i grandi macchinoni posteggiati fuori casa. L'ostentazione, insomma, ce l'hanno sempre avuta."Ma resta il fatto, conclude il cronista, che "la nascita e il consolidamente del clan sono stati consentiti da tutte le amministrazioni." E mai come nel corso dell'ultima settimana il mondo intero—non solo Roma—ha potuto toccare con mano la reale portata di questa sottovaluzione.Segui Stefano su Twitter