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La storia di Mido, l'attaccante che era meglio di Ibrahimovic

Nel 2001/2002 l'Ajax vantava tra le sue fila due giocatori dal futuro assicurato: Zlatan Ibrahimovic e Ahmed Hossam Hussein Abdelhami.

Nel 2001, in Olanda, un giovane attaccante dell'Ajax di nome Zlatan Ibrahimovic era impegnato a farsi notare per entrare nella fascia alta del calcio europeo. Ma non era l'unico giocatore di grandi speranze degli olandesi. C'era un altro ragazzo, infatti, che aveva due anni in meno di Zlatan e segnava il doppio dei suoi gol. Ahmed Hossam Hussein Abdelhami—o, più semplicemente, Mido—aveva lasciato casa a 16 anni per andare in Belgio. In tre anni era diventato il calciatore egiziano più famoso del pianeta, e come ogni brava superstar non aveva esitato a fare mostra di sé: mentre giocava nel Gent, la sua relazione con Miss Belgio fornì abbastanza materiale per i tabloid di due paesi; qualche anno dopo, il suo matrimonio fu trasmesso in diretta dalla televisione egiziana, registrando uno degli indici d'ascolto più alti dell'anno. "In Egitto è considerato un dio," diceva di lui Ronald Koeman, l'allora allenatore dell'Ajax. L'attaccante era seguitissimo ovunque andasse—e per un periodo il suo status procedeva di pari passo con il suo talento in potenza. "Chiunque è impressionato da lui. I talent scout, lo staff tecnico, tutti quelli che lo hanno visto giocare credono abbia un grande talento," ricorda il dt dell club, Leo Beenhakker. Sia Mido che Ibrahimovic esordirono con l'Ajax nella stagione 2001/2002 ed entrambi vinsero il primo titolo importante con il double coppa campionato—ma il loro contributo fu molto diverso. Ibrahimovic iniziava già da allora ad abituarsi a vincere il campionato, ma quell'anno la sua forma non era ottimale e riuscì a segnare solo un gol dopo metà dicembre. Mido, invece, era in un periodo di grazia: segnò dieci gol nelle ultime nove partite, costringendo Ibrahimovic in panchina e portando la squadra a vincere il campionato con una giornata d'anticipo. Tra i tifosi dell'Ajax si guadagnò il soprannome di "Re del Cairo". Tornato in Egitto, il livello di adulazione nei suoi confronti aveva raggiunto apici mai visti prima. "Per strada tutti parlano di Mido. Mido è la parola sulla bocca delle donne e degli uomini arabi. È per gli egiziani ciò che fu Maradona per gli argentini, forse anche di più," si legge in un profilo del 2003 sul Guardian. Insieme all'ala Andy van der Meyde, Mido e Ibrahimovic diedero vita a un'amicizia interessante: un trio di ribelli prodigiosi con il mondo ai loro piedi. L'olandese racconterà poi di corse clandestine nelle periferie di Amsterdam ("Zlatan aveva una Mercedes, Mido alternava una Ferrari a una BMW Z") e in generale i due attaccanti sembravano pronti a godere di tutto il divertimento che il loro mestiere poteva offrire. La maggior parte del tempo, erano sulla stessa lunghezza d'onda. Quando ciò non accadeva, non era certo una bella situazione: una volta, a fine partita, la squadra era negli spogliatoi e Mido tirò un paio di forbici al compagno. Il gesto lo condannò alla squadra delle riserve. "Mi avvicinai e gli diedi uno schiaffo, ma dieci minuti dopo uscimmo dallo spogliatoio da amici," scrive Ibrahimovic nella sua biografia. "Tempo dopo ho scoperto che il nostro allenatore tenne quelle forbici come ricordo, da mostrare ai figli." Così come la passione per il caos, i due condividevano una passione per la loro mitologia, e continuavano ad alimentarla attraverso la stampa. La risposta di Mido a chi gli chiedeva se sua moglie fosse felice in Olanda—"Certo che è felice. È qui con me. Come potrebbe non esserlo?"—aveva un che di Zlatan. Ma per quanto i due fossero simili, tutti esuberanza e bravura, il loro background non poteva essere più diverso.

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Mido veniva da una famiglia molto benestante del Cairo, e il padre era un dirigente d'azienda che lo aveva fatto studiare in scuole esclusive. Il percorso di Ibrahimovic, invece, era iniziato in salita nel ghetto di Malmo. "In casa c'erano lattine di birra, musica Yugo, frigoriferi vuoti e la guerra dei Balcani," scriverà in seguito. Un ragazzo ricco e uno povero, entrambi molto talentuosi, indisciplinati e con la possibilità di dominare il calcio europeo per gli anni a venire. Ma mentre a uno dei due è riuscito a incanalare la sua vena ribelle e auto-celebrativa al servizio di una strabiliante carriera, l'altro ha lasciato che le stesse qualità gli facessero imboccare un sentiero diverso. La carriera di Ibra dopo l'Ajax è fatta di 330 gol, più di sei superclub europei e 16 trofei; i dieci anni dopo l'Olanda di Mido, invece, comprendono 49 gol, un prestito secco al Barnsley e una coppia d'attacco mal assortita con Carlton Cole. Il primo sta conducendo una carriera stellare nel campionato più seguito del mondo; il secondo si è ritirato già da tre anni.

Le ultime due stagioni di Mido all'Ajax portarono all'esasperazione Koeman. Seguirono dei prestiti al Celta Vigo, al Marsiglia (dove formò una coppia d'attacco altrettanto promettente con Didier Drogba) e alla Roma, prima di due stagioni e mezzo agli Spurs, dove in virtù della presenza di Martin Jol riuscì a mostrare qualcosa di più vicino a quello che aveva fatto in Olanda. Dopodiché per un decennio ha militato nei campionati minori inglesi, con due prestiti in Egitto, prima di ritirarsi, goffo, bollito e devastato dagli infortuni, a soli 30 anni.

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I (pochi) gol di Mido in Inghilterra.

Il CV dei suoi ultimi anni—Middlesbrough, West Ham, Wigan, Barnsley—si può leggere come un tour di città di provincia via via meno importanti, più da Kevin Kyle che da re del Cairo. Dopo aver lasciato gli Spurs, Mido non è mai riuscito a segnare più di quattro gol in una stagione. Problemi di forma e voci sulla sua condotta non proprio modello lo hanno perseguitato ovunque, e la sua carriera internazionale è stata caratterizzata da continue cadute, semi-redenzioni e ricadute.

Nel 2006 il suo Egitto ha raggiunto la finale della Coppa d'Africa, dove ha superato ai rigori la Costa D'Avorio vincendo il primo trofeo in dieci anni, in casa. Doveva essere il punto più alto della carriera di Mido—e forse lo è stato—ma lui ha visto la partita dalla tribuna come punizione per aver protestato con l'allenatore Hassan Shehata dopo che questi l'aveva sostituito in semifinale. "Se fossi rimasto avrei segnato. Mi dispiace per i tifosi ma non mi dispiace per Shehata," era stata la sua reazione.

Nel 2010, un ritorno di fiamma. Mentre i suoi giorni al Middlesbrough erano agli sgoccioli e nessuna delle squadre in cui veniva mandato in prestito si decideva a comprarlo, Jol, il suo vecchio allenatore ai tempi del Tottenham, l'aveva ripreso all'Ajax con un contratto di un anno. Era una prova di fiducia. Dopo diverse settimane di stop per infortunio e due gol nelle prime cinque partite in cui aveva iniziato dalla panchina, Mido si era conquistato un posto da titolare. In quell'occasione aveva anche segnato portando avanti la squadra, ma dopo l'1-1 finale dell'Ajax contro il Nijmegen l'allenatore Jol era stato esonerato. Mido aveva perso il suo unico alleato nello spogliatoio.

Al suo posto era stato ingaggiato Frank de Boer fino alla fine della stagione, e Mido era finito fuori squadra in un batter d'occhio. Alla fine, de Boer sarebbe riuscito a cambiare la storia di quel campionato e l'Ajax sarebbe arrivata a vincere il titolo con due punti di vantaggio—un margine che i due gol di Mido avevano contribuito a costruire. Ma al momento dei festeggiamenti lui non c'era già più. Era stato mandato di nuovo in prestito, in Egitto. Tre anni dopo, mentre Mido si ritirava dal calcio giocato, il suo vecchio compagno di squadra Ibrahimovic era in Francia, dove con 30 gol portava il PSG a vincere il suo primo titolo in vent'anni. Ora, altri tre anni dopo, la storia rischia di ripetersi in Inghilterra.

Nel frattempo, l'ultima volta che abbiamo visto Mido è quando è comparso sulla tv egiziana con la testa rasata per aver perso una scommessa sulla vittoria del Leicester in Premier League. Da un punto di vista superficiale, è facile vedere le loro storie come facce della stessa medaglia: due teste calde piene di talento. Si può pensare che entrambi dimostrino, ciascuno a suo modo, l'importanza della determinazione e del carattere nel calcio. Ma vederli come due esempi di quello che avrebbe potuto essere e non è stato e viceversa è una semplificazione eccessiva. Per Ibrahimovic, la popolarità è stata una conseguenza del successo—e una conseguenza anche piuttosto tardiva. È sempre stato il miglior calciatore svedese della storia, ma è stato solo a fine carriera che gli è stato conferito il Jerring Prize, il premio destinato al miglior sportivo svedese dell'anno. "Ho capito che era il segnale che mi avevano davvero accettato, non solo come giocatore ma proprio come persona," ha scritto. Per quanto riguarda Mido, invece, la fama è arrivata quando era ancora un ragazzo—ed essenzialmente l'ha avuta in cambio del successo—e prima ancora di essere uscito dall'adolescenza era già un eroe nazionale. Per lui la sua identità e il fatto di essere accettato non sono mai stati un problema. Per cui forse non è così strano che uno dei due ha finito per passare tutta la carriera a cercare di dimostrare al mondo qualcosa, mentre l'altro è sempre stato sazio del successo precoce che ha avuto. Ma anche se le loro vite hanno finito per prendere due strade molto diverse, la loro amicizia è sopravvissuta. "Ibrahimovic è un grande," ha detto Mido nel 2014, quando gli hanno chiesto del suo vecchio compagno. "Non è per niente lunatico, è la persona più gentile che riesco a immaginare. Ci siamo sentiti settimana corsa." Per quanto sia facile interpretare la carriera di Mido come una storia di autodistruzione e potenzialità sprecate, essere stato il primo calciatore egiziano ad acquisire una fama globale non è un traguardo da poco. "Ha cambiato la mentalità delle famiglie egiziane," ha detto nel 2005 Mahmoud Gouhary, uno dei suoi primi allenatori.