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Sei storie di merda

Nel senso che parlano di cacca, non che sono brutte.

Per celebrare a dovere l'inizio di una nuova merdosissima settimana, ecco una raccolta di storielle davvero curiose sul tema cacca.

UN APPUNTAMENTO DI MERDA

Il mio ex fidanzato danese aveva un amico, un ragazzo dolce e paffutello, che qui chiameremo Mads (l'equivalente danese di Matteo), il quale era innamorato di un'amica che entrambi conoscevano da anni. Lei era bellissima ma, vista la presenza di un fidanzato storico, Mads si era rassegnato all'idea di non rivelare i suoi sentimenti e di tenere il pene in territorio di “amicizia”.

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Sennonché, un giorno, la ragazza lo chiama singhiozzante e gli racconta di essere stata scaricata; Mads non si fa scappare l'occasione e la raggiunge tutto sorridente nel suo minuscolo appartamento di studentessa per prepararle la cena, vestito di tutto punto e ben rasato. La cena procede bene e ora che non c'è più di mezzo lo stronzo dell'ex-fidanzato, i due si trovano in sintonia su un sacco di cose.

Ma ecco che, ben presto, Mads si ritrova nella merda. Giusto prima del dolce, il suo pancino decide che la cena non gli sta più tanto simpatica e lo obbliga a cercare un posto sicuro in cui svuotare il carico. Purtroppo la toilette si trova proprio di fianco al tavolo della cucina, e al posto della porta c'è una misera tendina. Per evitare rumori molesti, il nostro pensa bene di farla su uno strato di carta e di depositarla con delicatezza nella tazza. Sfortunatamente, proprio alla fine perde l'equilibrio e allunga la mano libera per appoggiarsi alla porta. Ma la porta non c'è. C'è solo la tenda.

Mads precipita lungo disteso per terra, rivelandosi all'amore della sua vita con un uno stronzo fresco fresco su un letto di carta igienica. Tutti quelli a cui è capitato qualcosa del genere sanno bene che è inutile provare a dare spiegazioni, e questo caso non è stato da meno. Mads si è tirato su i pantaloni e se n'è andato con la coda tra le gambe.

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FAI LA CACCA E SCAPPA

Ai tempi dell'università, mi capitò di andare a un festino dove tracannai una discreta quantità di alcol (il che, di per sé, non era niente di strano) per poi partorire la brillante idea di scrivere il mio nome sulla recinzione del giardino con l'ausilio della sola pipì (non era niente di strano neanche questo, tutto sommato). Mi scolai altre sei birre e, anche se mi stava per esplodere la vescica, mi impegnai a non sprecare nemmeno una goccia di pipì. Con le prime 16 lettere riuscii a cavarmela piuttosto bene, ma alla 18esima la mia riserva era praticamente esaurita. Spinsi più forte che potei, e improvvisamente mi trovai nella merda: lo sforzo giocò un brutto scherzo e mi cagai addosso così violentemente che mi scappò pure un gemito di dolore.

Eccomi lì, ubriaco marcio, e coperto di cacca, quando un gruppetto di ragazze sbucò dalla porta. Se volevo avere ancora qualche chance con una di loro dovevo nascondermi, e così feci. Mi rifugiai cautamente sul retro, ricoprendomi da capo a piedi di cacca. Chiamai l'amico che aveva organizzato la festa e cominciai a piagnucolare. Gli spiegai la situazione sperando potesse aiutarmi. Al contrario, spense la musica e annunciò a tutti gli invitati che io ero sul retro, in lacrime e pieno di merda. Spensi il telefono, mi alzai e cominciai a correre verso casa mia, mentre il tutto mi colava lungo le gambe. Grazie al cielo nessuno mi vide correre, ma rischiai grosso, porca merda. Tuttora nego ogni cosa: nessuno mi ha effettivamente visto e continuo a sostenere che fu uno scherzo del mio amico. Ma lui sa che mento. I miei singhiozzi parlavano chiaro.

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UN SACCHETTO PIENO DI SORPRESE

C'era un tizio, in discoteca, col quale ci eravamo lanciati occhiate roventi per mesi, sebbene nessuno dei due avesse avuto il coraggio di fare la prima mossa. Per un periodo non si fece vedere, e nonostante mi fosse capitato di portarmi a casa altri ragazzi, avevo sempre la speranza di incontrarlo di nuovo, stavolta col coraggio di farmi avanti. Quando lo rividi ero semplicemente così contenta che andai da lui mentre stava ordinando da bere al bancone.

Parlammo tutta la sera, e fu bello e interessante. Ovviamente, dopo andammo a casa sua. Il mattino seguente mi svegliò con una tazza di caffè fumante e mi disse che doveva andare al lavoro, ma che io avrei potuto prendermela con calma. La porta si sarebbe chiusa da sola. Il caffè risvegliò il mio stomaco, e a quel punto mi trovai nella merda. Appena lui se ne andò, corsi in bagno. Quando finii, provai a tirare lo sciacquone, ma non funzionava. Provai e riprovai, ma lo scarico era decisamente fuori uso.

Non avevo scelta. Presa dalla fretta di andarmene, decisi di trasportare tutto il mio prodotto organico in un sacchetto di plastica e buttarlo alla prima occasione. Non fu un'operazione piacevole, ma ne valeva la pena, poiché non sopportavo l'idea che lui trovasse i miei rifiuti in agguato nel suo water. Uscendo, presi un foglio e una penna dalla mia borsa e gli lascia un messaggino molto tenero con il mio numero di telefono, lo attaccai sulla porta e me ne andai. Non appena chiusi la porta, il mio cervello fu assalito da un terribile pensiero: “OH MERDA, IL SACCHETTO!”

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A parte bruciargli la casa o abbattere la porta (nessuna di queste ipotesi era comunque praticabile, visto che non avevo fiammiferi né piedi di porco), l'unica cosa da fare era andarmene e immaginare la sua espressione mentre trovava il biglietto di ringraziamento per la bella nottata proprio accanto a un sacchetto pieno di cacca. Non richiamò mai più.

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L'OLEZZO DELL'ORGOGLIO

Mio fratello maggiore ha sempre avuto paura dei bagni pubblici. Quando era piccolo e andava al centro estivo, chiamava la nonna ogni volta che aveva bisogno di farla, obbligandola a farsi 10 km da casa sua al centro e ritorno per poter usare il bagno. Qualche anno dopo, quando lui aveva circa 13 anni, eravamo in vacanza con tutta la famiglia su un'isola greca. Mio fratello era infuriato con i nostri genitori perché non lo lasciavano andare in discoteca o né gli permettevano di bere alcolici. Litigarono tutta la settimana, e lui insisteva nel dire che non era gusto, che lui era un uomo, che sapeva badare a se stesso. Erano così arrabbiati che l'ultima sera, quando papà ci portò in un bel ristorante a mangiare pesce, mio fratello non spiccicò una parola, lanciando qualche sguardo torvo di tanto in tanto.

Ma ecco che anche lui si trovò nella merda. Non appena finito di mangiare, si alzò e corse verso l'albergo. In seguito venne fuori che stava per farsela nei pantaloni. Corse più veloce che poté, ma non fu sufficiente. Era un uomo, a suo dire, ma non abbastanza per lavarsi da solo un paio di pantaloni pieni di merda, tanto che chiese alla mamma di farlo al posto suo.

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POP CORN ESPLOSIVI

Un pomeriggio, anni fa, decisi di andare al cinema col mio ex-fidanzato per poi passare da lui e stare un po' assieme. Non avevo mangiato granché, così ordinai dei pop-corn maxi con doppio burro e un sacco di Coca. Dopo il film salimmo in macchina e ci incamminammo verso casa. Lungo il tragitto, però, la sua stupida Cadillac sobbalzò un po' troppo e il mio stomaco ne risentì. Mi trovai nella merda: dovevo scendere.

Dissi a Ash (il suo vero nome, tanto a chi frega?) che stavo male e gli chiesi di accostare. Mi accontentò, e si fermò proprio di fianco a una scuola superiore, lungo una strada abbastanza trafficata. Era tardo pomeriggio e vedevo chiaramente che i ragazzi erano ancora in cortile, ma decisi di rischiare comunque. Riuscii ad allontanarmi una decina di metri dalla macchina, ma prima ancora di essermi slacciata la cintura ci fu un'esplosione di liquido melmoso che scese nei miei pantaloni preferiti e fin dentro le scarpe. Fortunatamente nessuno se ne accorse. Tornai alla macchina per salutare Ash, il quale ovviamente non capiva cosa stesse succedendo. Ok, non aveva una vista da falco, ma non sentiva l'olezzo?

Gli dissi che mia madre stava venendo a prendermi e che ci saremmo visti più tardi, ma lui non se la bevve. Lo implorai di levarsi dalle palle, ma niente, voleva che risalissi in macchina. Dopo cinque minuti gli dissi: “Mi sono cagata addosso. Sei contento adesso?!” Sgasò via. Chiamai mia mamma, le spiegai come stavano le cose e lei venne a prendermi dopo 45 minuti, con i sedili ben foderati di salviette. Passai le due ore successive sotto la doccia, lavandomi e rilavandomi. Perché lo racconto? Sono passati così tanti anni che chi se la caga più questa storia.

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CATASTROFE ANALE

A 16 anni ho vissuto una fase in cui, con quella sventurata della mia fidanzata dell'epoca, volevo sperimentare parecchio a letto. Sua madre era una donna molto religiosa e si dava un sacco da fare per assicurarsi che non facessimo niente di male: era un continuo venire a bussare per chiederci se volessimo qualcosa da mangiare o da bere—la solita storia, insomma.

Così, lo facevamo solo quando eravamo sicuri di essere in casa da soli. Una sera, la madre era uscita per andare al supermercato e noi decidemmo di provare il sesso anale. Ed ecco che, mentre ci davamo da fare, la porta si aprì e sua madre, che evidentemente era tornata prima, entrò. Nel panico mi tirai fuori in tutta fretta, ma non appena lo feci mi trovai decisamente nella merda: una scarica di melma orripilante uscì dal didietro della mia fidanzata, sporcando me e il letto.

Inutile dire che non ci furono possibilità di recupero. Lei si beccò un castigo eterno e io dopo quella volta non provai mai più a metterlo nel posteriore di nessuna.

Illustrazioni di Sam Taylor. Seguilo su Twitter: