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I due goal di Totti dimostrano, ancora una volta, che Spalletti ha ragione

Da settimane, la questione Totti-Spalletti sta monopolizzando il dibattito calcistico italiano. Ecco perché i due goal segnati da Totti ieri dimostrano che in realtà non c'è proprio alcuna questione.

Francesco Totti festeggia la doppietta di ieri sera contro il Torino. Immagine via

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Negli istanti immediatamente precedenti alla rincorsa decisiva per il goal del 3 a 2 di Totti che ha deciso Roma-Torino, non nego che anch'io, interista nolente e con l'agognata qualificazione in Champions League che mi si frantumava davanti agli occhi, ho sperato segnasse. Se non proprio sperato, quantomeno ho pensato che sarebbe stato davvero bello, narrativamente parlando, che quel pallone entrasse in rete. Da settimane—che presto diventeranno mesi—l'epico scontro in stile Marvel tra Spalletti e Totti sta monopolizzando i post sui social, i discorsi nei bar e le pagine dei quotidiani sportivi. È giusto che Totti non giochi? Spalletti deve assicurargli un posto in squadra sempre e comunque, in virtù del fatto che Totti non è un semplice giocatore? Oppure, semplicemente: la Roma gioca meglio senza Totti?

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Sono tutte domande che non hanno una risposta oggettiva, per il semplice corso degli eventi: dal 14 gennaio, ovvero da quando Luciano Spalletti siede sulla sua panchina, la Roma ha perso solo lo scontro (ormai non più) diretto con la Juventus, inanellando poi una serie di risultati utili. Certo, ci sono stati comunque dei passi falsi—vedi i pareggi con Hellas Verona e Bologna—ma tutto sommato negli ultimi mesi la Roma è riuscita a raddrizzare una stagione che tutto sembrava fuorché salvabile. I fatti, dunque, sembrerebbero dare ragione a Spalletti, ma citando Boškov "nel calcio c'è una legge contro gli allenatori: giocatori vincono, allenatori perdono."

C'è da precisare, però, che giudicare un rapporto così viscerale come quello tra Totti e la Roma—o meglio, tra Totti e la città di Roma—sarebbe difficile persino per Dan Savage. Pretendere di razionalizzare quella che è a tutti gli effetti una forma d'amore è semplicemente impossibile. C'è poco da fare: Totti è la Roma. Se la questione ha fatto così tanto rumore e ha causato così tante discussioni è proprio perché in gioco c'è una questione di identità.

Dopo l'intervista a 90° minuto da cui è partita tutta la polemica, nella quale in poche parole Francesco Totti si lamentava delle dichiarazioni di Spalletti e in qualche modo smentiva il proprio allenatore, ho cercato di capire dall'interno cosa stesse succedendo, confrontandomi con alcuni tifosi romanisti. Per quasi tutti loro, Totti aveva sì sbagliato ma "doveva essere perdonato nel tempo di una doccia" perché "per un romanista è più importante un'uscita di scena dignitosa per Totti che qualsiasi terzo posto."

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Da quel momento, infatti, complice anche la poco elegante dipartita di Del Piero dalla Juve, l'ombra di un addio indecoroso si era abbattuta su Totti e sulla Roma. Davvero la carriera di uno dei simboli del calcio italiano doveva terminare da una disastrata porta sul retro o, peggio, in una piscina di petrol-dollari? Ovviamente no. È stato quindi quasi naturale che si creassero due partiti, uno pro-Totti e uno pro-Spalletti. I toni dello scontro si sono fatti via via sempre più esasperati, complici anche le pessime prestazioni di Dzeko e quelle invece ottime di Totti, che negli ultimi 20 minuti giocati ha messo a segno tre reti e realizzato giocate come l'assist per Dzeko sul finale di Atalanta-Roma.

In queste ore, tutti i giornali stanno sottolineando il doppio valore della doppietta segnata da Totti ieri sera e additando Spalletti come vinto e vincitore allo stesso tempo. Ma per quanto possa sembrare inelegante e triste il modo in cui un giocatore simbolico come Francesco Totti sta venendo progressivamente accompagnato verso la fine della sua carriera, a mio parere i due goal di ieri non sono altro che la dimostrazione che, seppure con toni e dichiarazioni forse troppo pesanti di facciata, Spalletti sta gestendo al meglio la questione.

"Lui per noi è una risorsa importantissima. Ha fatto ciò che gli avevo chiesto anche l'altra volta: gestirlo è difficile, ma ripeto sempre le stesse cose, quando ho bisogno di lui è perché gli altri compagni sentono una spinta dalla sua sola presenza, e così anche lo stadio. Con lui in campo, è il nostro Olimpico, quello che piace a noi. Però il Torino aveva corsa e grinta, quindi giustifico non averlo messo dal primo minuto ma quando poi gli avversari si chiudevano era giusto inserirlo. Lui va sfruttato quando la Roma prende in mano la partita e l'avversario si chiude dietro: a quel punto lui sa sempre dove mettere la palla e poi dà grande spinta a tutti. Magari potevo metterlo dieci minuti prima," ha dichiarato ieri nel post-partita Spalletti. Penso che nulla meglio delle sue parole spieghi quanto tutta la retorica dello scontro sia in realtà da cestinare. Nessuno sta facendo il male di nessuno.

Se non siete ancora convinti che non ci sia nessuno scontro, be', ecco chi la pensa come voi. Sia mai che magari vi ricrediate.

— Maurizio Gasparri (@gasparripdl)20 aprile 2016

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