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Nel 2014, tre soli paesi hanno prodotto il 70% delle esecuzioni capitali del mondo

Anche se nel 2014 il numero delle sentenze capitali effettivamente eseguite nel mondo è calato del 22 percento, quello delle condanne a morte comminate è cresciuto di molto.

Foto via Wikimedia Commons.

Lo scorso anno, le guerre e il terrorismo hanno spinto i governi di tutto il mondo a condannare a morte 500 persone in più rispetto al 2013. L'allarme è stato lanciato da Amnesty International questo mercoledì, nel suo rapporto annuale sull'utilizzo della pena capitale.

Anche se nel 2014 il numero delle sentenze capitali eseguite nel mondo è calato di un consistente 22 percento per attestarsi a quota 607, secondo i ricercatori i governi di Egitto, Nigeria e altre nazioni hanno reagito a "reali o presunte minacce alla sicurezza nazionale" aumentando il numero delle condanne a morte comminate.

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A partire dal 2009, per via della mancanza di dati credibili al riguardo, il rapporto di Amnesty International non prende più considerazione le esecuzioni capitali che avvengono in Cina—dove si ritiene avvengano più esecuzioni capitali che in tutti gli altri paesi del mondo messi insieme. I ricercatori hanno incontrato difficoltà dello stesso genere nel caso della Siria, dove a causa della guerra—che finora ha causato la morte di circa 220.000 persone—non sono stati in grado di fare una stima del numero delle condanne capitali, né di distinguerle dai semplici episodi di violenza.

Anche nel 2014, come l'anno precedente, sono state eseguite condanne capitali in 22 paesi del mondo. Sette di questi, però, sono paesi che hanno ricominciato a utilizzare la pena di morte dopo un'interruzione di uno o più anni. Si tratta della Bielorussia, dell'Egitto, della Guinea Equatoriale, della Giordania, del Pakistan e degli Emirati Arabi Uniti.

Tre soli paesi—l'Iran, l'Iraq e l'Arabia Saudita—sono stati responsabili da soli del 70 percento delle esecuzioni capitali registrate da Amnesty International. Secondo alcuni attivisti dell'Iran Human Rights Documentation Center, i dati ufficiali forniti dal governo iraniano sulle sentenze capitali, che parlano di 289 esecuzioni, non sarebbero attendibili e il numero delle esecuzioni realmente eseguite nel paese sarebbe molto più alto. Secondo gli stessi attivisti ne sarebbero state eseguite 721, e per la maggior parte si sarebbe trattato di detenuti condannati a morte per crimini di droga—rendendo la pena enormemente spropositata rispetto al reato, secondo gli attivisti. Per quanto riguarda il 2015, quest'anno l'Iran Human Rights Documentation Center ha già contato 258 esecuzioni, e solo 73 di queste sono state riconosciute ufficialmente dal governo.

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Stando al rapporto di Amnesty International, in Arabia Saudita ci sarebbero state invece almeno 90 esecuzioni capitali, la maggior parte delle quali per reati di magia e stregoneria.

Gli Stati Uniti restano uno dei pochi paesi industrializzati a ricorrere ancora alla pena di morte. Nel 2014, i tribunali americani hanno condannato a morte 35 persone, quattro in meno rispetto all'anno precedente. Ci sono state esecuzioni capitali in sette stati americani, ma l'89 percento di queste è avvenuto in quattro stati—il Texas, il Missouri, il Florida e l'Oklahoma.

Diversi casi di esecuzioni riuscite male o di esecuzioni di individui incapaci di intendere e di volere hanno catturato l'attenzione degli organi di stampa e scatenato un grande dibattito. Un esempio è l'esecuzione di Clayton Lockett, avvenuta lo scorso aprile in un penitenziario dell'Oklahoma, durante la quale il condannato ha ansimato, borbottato e si è contorto per circa 40 minuti prima che l'iniezione letale facesse effetto.

Amnesty Internation si è detta felice sia della diminuzione delle esecuzioni negli Stati Uniti, sia della crescente sensibilità al tema da parte dell'opinione pubblica americana. Secondo un sondaggio organizzato l'anno scorso dal Pew Research Center, oggi soltanto il 55 percento degli americani è a favore della pena capitale—un calo drastico rispetto al 78 percento di meno di 20 anni fa.

Lunedì scorso, l'American Pharmacists Association ha consigliato ai suoi membri di non vendere sostanze che potrebbero essere usate per le iniezioni letali, dichiarando che "attività del genere sono contrarie al ruolo proprio dei farmacisti di tutori della salute pubblica."

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"La tendenza positiva in atto negli Stati Uniti è continuata: ci sono state meno condanne a morte e meno esecuzioni," ha dichiarato a VICE News James Clark, un attivista di Amnesty International USA che si batte contro la pena di morte. "È evidente come sempre più stati americani capiscono che il sistema così com'è è sbagliato."

A livello internazionale, la diffusa instabilità politica e lo spettro del terrorismo hanno portato a un aumento delle condanne a morte. L'anno scorso la Cina, il Pakistan, l'Iran e l'Iraq hanno giustiziato persone sospettate di crimini legati al terrorismo. In Cina, nella regione autonoma uigura dello Xinjiang, sono state giustiziate per terrorismo almeno 20 persone.

A dicembre, sia la Giordania che il Pakistan hanno ripreso le esecuzioni in seguito ad attentati terroristici. La Giordania ha interrotto la moratoria sulla pena di morte dopo che lo Stato Islamico ha bruciato vivo un pilota giordano preso in ostaggio, mentre la decisione del Pakistan è arrivata in conseguenza al massacro della scuola di Peshawar nel quale hanno perso la vita più di 150 persone, in gran parte bambini.

In Egitto, il governo del presidente Abdel Fattah el-Sisi ha condannato a morte almeno 509 persone. Lo scorso aprile, un giudice egiziano ha emesso una sentenza di condanna a morte per 683 persone, tutte imputate nel processo per l'attentato a un commissariato che nel 2013 ha causato la morte di due poliziotti. Anche se il numero delle condanne a morte è poi stato ridotto a 183, gli avvocati difensori hanno bollato il processo come ingiusto, denunciando violazioni dei diritti degli accusati. Dopo la prima sentenza di condanna, un portavoce del Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki Moon ha detto che "sembrava palesemente non seguire i criteri base per un giusto processo."

Dopo una serie di attacchi condotti dal gruppo islamista Boko Haram, anche i tribunali nigeriani hanno emesso alcune sentenze di condanna a morte di massa. Secondo i ricercatori di Amnesty International, nel 2014 in Nigeria sarebbero state emesse 659 sentenze capitali—una vera impennata rispetto alle 141 dell'anno precedente.

In totale, nel 2014 Amnesty International ha registrato 2.466 sentenze capitali—un numero in salita rispetto alle 1.925 registrate nel 2013. "Nel 2014 abbiamo assistito allo svilupparsi di quest'idea secondo cui la minaccia del terrorismo possa essere combattuta ricorrendo alla pena di morte," ha dichiarato Clark. "Tuttavia non ci sono prove né ragioni per credere che la pena di morte sia un modo efficace per combattere il terrorismo.

"È decisamente grave che ci siano ancora paesi che considerano la pena di morte una soluzione a qualsiasi problema," ha aggiunto.

Segui Samuel Oakford su Twitter: @samueloakford