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Le drammatiche conseguenze del discorso di Umberto Eco

Il discorso di Umberto Eco all'Università di Torino, quello in cui avrebbe detto che "i social network hanno dato diritto di parola a legioni di imbecilli," ha fatto impazzire chiunque.

Umberto Eco mentre riceve un'altra laurea ad honorem. Foto via Wikimedia Commons.

Mi piace iniziare i miei articoli con una battuta per mettere a proprio agio il mio lettore: ieri la storia di Umberto Eco ha avuto un'eco pazzesca. Ti senti più a tuo agio ora? (Uso questi stratagemmi psicologici perché spero vivamente che un giorno qualcuno mi conferisca una laurea ad honorem in comunicazione).

Tornando alle cose serie, non io, bensì Umberto Eco ora è laureato in Comunicazione, e nel discorso tenuto all'Università di Torino, afferma quanto segue:

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La reazione di Internet è stata ovviamente commisurata all'alto grado di fraintendibilità del frammento del discorso di Eco. Già di per sé Umberto, nonostante non sia a tutti gli effetti un grande comunicatore (anzi, sembra uno di quei chiacchieroni da bar dopo un paio di bicchieri di vino di cui parla anche lui) con poche parole è riuscito a creare un caso mediatico e a sollevare parecchi punti di ragionamento interessante.

VECCHIO VS NUOVO

Ho immediatamente pensato di chiamare mia madre per confrontarmi con lei sulla percezione che potesse aver avuto delle medesime parole. Mia madre è preoccupata per gli atti di bullismo e per la diffusione di esempi di violenza su Internet, non è preoccupata per gli imbecilli. Metto giù il telefono con lei e inizio a ragionare sul fatto che stiamo vivendo un momento per cui si va evidentemente verso una realtà aumentata, in cui lo strato social, "virtuale", avrà la stessa identica importanza della realtà materica che ci circonda. Non ci siamo ancora arrivati e infatti esistono ancora esseri umani che, come Eco, ritengono importante piantare i piedi e assumere una linea reazionaria perché "oggi il premio Nobel ha lo stesso diritto di parola dell'imbecille."

Come se l'imbecille non avesse mai avuto diritto di parola tale e quale a quello di un premio Nobel, come se la comunicazione e la direzione della cultura fosse sempre stata dettata da qualche saggio, scelto con criterio, che fino all'avvento dei social network è stato in grado di coordinare la cultura mondiale verso il meglio. Gli imbecilli sono sempre esistiti, non esistono più di quanto esistessero prima di stare tutto il giorno sulla timeline di un social network; sicuramente ne appaiono di più, e molto probabilmente Eco ha poca dimestichezza con la tecnologia social per attivare la funzione "nascondi".

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EVOLUZIONE

Proprio perché stiamo vivendo una fase di transizione tra una tipologia di comunicazione verticale e una orizzontale, non sono ancora chiare le potenzialità né i limiti di tale flusso di comunicazione, né quanto vada controllato o quanto sia controllato ciò che immettiamo in questo flusso, ciò che esprimiamo di noi stessi su Internet.

Ci inseriamo semplicemente in questo thread indefinito senza renderci conto di dove vadano a finire, dell'utilità, della finalità delle informazioni che forniamo. Questo ha il lato positivo di mettere alla portata di tutti quante più informazioni uno desideri ottenere e di dare, come nel caso di Wikipedia (a cui tutt'ora va il mio cinque per mille) un principio di verificazione aperto a tutti dei dati forniti.

Non esiste più una precisa autorità dell'autore. Ciò significa certamente che ognuno può dire ciò che vuole, dal primo coglione con un'opinione nemmeno troppo radicata fino al Premio Nobel, e che il suo pensiero ha il peso commisurato al contenuto stesso e al modo in cui viene espresso, ma non ha invece il carico aggiunto di un'autorevolezza che non esiste più. Non so se dire per fortuna o purtoppo.

Sotto all'apparente campagna reazionaria di Eco io riconosco comunque un ottimismo di fondo che sottintende che ci sia stato un "meglio" e un "peggio" dell'umanità e che si possa trattenere il "meglio" del passato evitando l'evoluzione naturale. Dal mio punto di vista (ma io sono fin troppo distruttiva), l'evoluzione non è mai caratterizzabile positivamente o negativamente, è sempre solo cambiamento verso qualcos'altro.

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APPROFONDIMENTO

Partiamo dal presupposto che la logica passatista non è in alcun modo applicabile alla realtà: non si può pensare di abolire i social network o diminuirne l'apporto. Detto questo, nelle parole di Eco c'è una componente di preoccupazione condivisibile che va cercata oltre la distinzione superficiale tra "imbecille" e "Premio Nobel", e nasce però dallo stesso flusso di opinioni in cui quelle semplicemente condivisibili, immediate, risultano più efficaci a livello di aggregazione online rispetto a quelle più complesse.

Non c'è adeguato spazio per la complessità, che è da sempre il motore di ogni ragionamento. Ovviamente questo tipo di iato c'è sempre stato e io stessa, per esempio, sono quella che va a leggersi solo l'oroscopo di Breszny su Internazionale o, per restare in casa, solo le recensioni sceme alla fine di VICE, ignorando spesse volte tutto il resto. Scusa VICE e scusa anche al mio cervello.

Con il flusso di Internet questo scarto è amplificato e la complessità di pensiero va a finire in un angolo in cui in pochi si riconoscono, un po' per pigrizia un po' perché spesso, come dimostrato da Eco, i grossi pensatori sono dei pessimi comunicatori.

D'altro canto se esistesse un'élite intellettuale, come leggevo qualche tempo fa in questo articolo, probabilmente ora lavorerebbe per Google o per qualche altro colosso: "Far from being unwritable, the all-containing Great Report is being written around us, all the time—not by an anthronovelist but by a neutral and indifferent binary system whose sole aim is to perpetuate itself." E parlando con il mio amico Simone Berno di questo argomento, mi ha dato dell'ingenua perché do per scontato "che il soggetto si radichi in un apparato cognitivo costruito altrove dal flusso di cui parli, e che anzi gli permetta di mantenere una capacità analitica e di elaborazione di quel flusso, come se concepirlo e contenerlo fosse uno strumento in suo possesso. Il punto è invece che il soggetto viene modellato dentro quel flusso, che di fatto non è un mezzo, ma un campo d'esistenza" (Simone è irrimediabilmente deleuziano).

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AZIONE

Alla mancanza di appigli per l'approfondimento, segue la mancanza di capacità di analisi e di conseguenza la spinta all'azione sulla realtà, e questa è la conseguenza estrema delle preoccupazioni che Eco, suo malgrado, ha espresso.

L'ho visto di recente in fenomeni di rivolte social come quella che c'è stata pochi giorni fa contro il DJ Ten Walls, che si è visto rovinare una carriera perché "il popolo di Internet" lo ha divorato, e l'ho visto nella mobilitazione collettiva online di #jesuischarlie: puri giochi di prestigio della comunicazione senza alcuna ricaduta su azioni reali o perlomeno su una presa di coscienza collettiva (se mi è concesso parlarne).

La collettività, di per sé, non esiste più se non in quanto massa informe nelle mani di chi è in grado di condurre il famoso flusso di informazioni nella direzione che più gli va a genio, e il tanto bramato intellettuale, che dovrebbe essere uno scoglio di contenimento di questo tsunami, ha in mano pochi strumenti e li usa in maniera disarticolata e inefficace, assemblando pezzi di discorsi altrui nel tentativo di formare un'opinione che non sia nemmeno troppo non-condivisibile, altrimenti—è ovvio—su Internet cade nel vuoto.

L'altro lato della medaglia è l'effetto anestetizzante (che Eco chiama "sindrome di scetticismo") nei confronti dei reali contenuti che il macro-contenitore Internet rende disponibili. È lo stesso processo per cui veniamo via via abituati all'orrore guardandolo in televisione ed è esattamente il motivo per cui non è affatto vero che siamo tutti Charlie.

In conclusione, credo che Eco questa laurea in comunicazione se la sia meritata, perché nonostante non capisca un cazzo di comunicazione si è inserito alla perfezione in un dibattito che esiste sempre e solo in maniera latente e che in qualche modo ha contribuito ad alimentare, anche se non credo che andrà molto oltre a qualche topic di Twitter.

Segui Virginia su Twitter: @virginia_W_