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Il bellissimo video di un politico cinese che dà di matto in aeroporto

Le telecamere di sorveglianza ci regalano questa imperitura lotta tra l'uomo del governo e la burocrazia aeroportuale.

So che la Cina sta davvero cercando di reinventarsi, e che i cinesi non vogliono più essere visti come stoici rigidi e riservati, ma sembra che i loro vicini non gli stiano dando una gran mano. Non importa quanti allevamenti di tigri avviino, è chiaro che operano all'interno di una cultura che manca, diciamo, dello squallore delle perline e dei postriboli thailandesi, delle orde di militari anfibi che da decenni distruggono la penisola coreana, o dell'impressione che dà il Giappone di essere uno stato pieno di bagelhead sul punto di impazzire.

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Quello che sto cercando di dire è che sembra che i cinesi siano un popolo che riesce a gestire le sue cazzate senza far rumore, facendo soldi e bambini e conquistando lentamente il mondo. Potreste anche non incontrare mai qualcuno che li "capisce", ma sicuramente hanno una grande forza.

Ecco perché il video dello scatto d'ira di un alto burocrate cinese all'aeroporto di Changsui è così affascinante. In pratica, è solo il filmato di un uomo che ha un'esperienza da incubo al desk d'imbarco (a quanto pare, aveva perso il primo volo perché era a colazione e non aveva sentito la chiamata per il secondo). Ma guardando attraverso le lenti di una telecamera a circuito chiuso di proprietà dello Stato, quella che a prima vista sembra una candid camera comincia a trasformarsi in qualcosa di diverso, qualcosa di cui tutti i siti che hanno riportato la notizia non si sono accorti.

Ha cominciato a diventare qualcosa di bello.

All'inizio, il nostro uomo—quello nel completo grigio, sulla sinistra—è fermo in piedi con le mani rispettosamente incrociate dietro la schiena. Non è esattamente la postura di chi si trova sull'orlo del tracollo mentale, ma i movimenti nervosi e il quotidiano arrotolato suggeriscono che la bufera di un disastro esistenziale sia imminente.

Gli impiegati intorno a lui per il momento non sembrano troppo agitati, ma del resto suppongo che non abbiano a che fare ogni settimana con membri del governo che arrivano e spaccano tutto, quindi la loro noncuranza è comprensibile.

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Dopo aver illuso lo staff con un falso senso di sicurezza, decide di mostragli fino a che punto può spingersi un uomo della sua levatura sociale, così comincia a testare quanto siano resistenti le porte di questi aeroporti comunisti. La risposta, come scopre ben presto, è: abbastanza resistenti da sopportare le spinte di un uomo di media stazza. Chi l'avrebbe mai detto?

Continua a spingere ma nulla si smuove. Una guardia di sicurezza si avvicina per vedere cosa succede.

Dopo aver realizzato che non è colpa delle porte, il Raoul Moat del terminal 2 si dirige verso i veri responsabili del suo mancato imbarco: i computer e gli incapaci che li usano. Getta la tastiera a terra, insieme con il monitor, e indica l'addetta terrorizzata come per dire "E adesso cosa fai, senza il tuo prezioso Windows Vista?"

Non si può fare a meno di apprezzare la fisicità di quest'uomo; i movimenti inusuali e il tempismo perfetto che sembra mettere in atto con ogni colpo e ogni presa. Guardando quest'uomo furioso, tornano alla mente i grandi comici del passato—Keaton, Arbuckle e Chaplin. Se alla scena si aggiunge la ripresa lenta e discontinua della telecamera, sembrerà di guardare un rara copia di una commedia del muto cinese. È un video a metà tra arte, commedia e viralità.

Il nostro uomo continua con aggressività la sua crociata neo-luddista fino all'arrivo di un piccolo gruppo di agenti di sicurezza. Ma  essendo la Cina, dove vige un grande rispetto per i membri del governo, non fanno altro che stare lì a guardarloinvece di prenderlo a manganellate o passargli sopra con un carro armato.

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Alla vista di un branco di guardie di sicurezza che osservano un uomo inscenare qualcosa a metà tra un incontro di wrestling e una performance di strada, un folla sempre più ampia comincia a fermarsi per assistere al tracollo nervoso di un loro superiore. Ma nessuno fa nulla.

Se fosse stata la Gran Bretagna, il video sarebbe finito su YouTube prima ancora che facesse in tempo a sollevare un cartello. Probabilmente, davanti a una scena del genere, avremmo neutralizzato con lo spray al peperoncino perfino il Principe Carlo, invece il nostro uomo riesce a farla franca di fronte a un pubblico sempre più numeroso e affascinato.

È chiaro che questo evento è passato dall'essere una protesta all'essere una farsa; il performer su questo palco caotico comincia ad aizzare gli spettatori dietro le transenne, incitando la folla come in un match di wrestling. È in atto uno strano scambio di ruoli: il proletariato guarda un uomo dell'establishment umiliarsi in pubblico, e il tutto viene osservato anche da qualche lontano occhio della giustizia, in uno scantinato buio di un palazzo del governo nella periferia di Pechino.

Con la moglie al suo fianco, le porte che sbarrano la strada davanti a lui e gli spettatori che ostruiscono ogni possibile fuga verso la libertà, il nostro uomo è in trappola; a livello metaforico, emotivo, politico e fisico. L'unica cosa che può fare adesso è camminare in circolo nella fossa che si è scavato con le sue mani. È troppo potente per venire trascinato fuori e picchiato dalla polizia, ma è anche troppo arrabbiato per andarsene da solo. Si trova in una situazione che ricorda uno strano purgatorio, libero dall'oppressione ma incapace di non adempiere ai propri doveri.

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Come un leone dai denti smussati, ringhia ai turisti sorridenti da dietro il vetro rinforzato.

La Cina è un Paese dai forti (ma possiamo pure dire restrittivi) valori familiari, e la moglie e i figli stanno lì accanto a osservare orgogliosi mentre papà fa vedere i sorci verdi a un computer. Alla fine il nostro uomo si calma e comincia a  sventolare il suo biglietto, e la moglie, una dall'aspetto molto agitato, prende l'ultimo oggetto rimasto intatto sul tavolo e lo distrugge in un atto finale di irascibilità da privilegiati.

Come spesso accade nella vita, questa storia non ha una vera e propria conclusione—il caos scema. La ripresa perde di interesse e i nostri protagonisti sono inquadrati per l'ultima volta mentre girano confusamente per l'aeroporto, da turisti smarriti quali sono, ridotti allo status di mortali dall'imbarazzo che hanno dovuto soffrire per colpa della burocrazia.

Sembrano riacquistare consapevolezza della loro dignità verso la fine, quando si fanno domande l'un l'altro in un tono che suggerisce che non sia successo niente—e poi chi diavolo sono tutte queste persone? Ma la folla resta in zona per vedere l'agonia di questo incubo moderno.

Non so cosa sia successo al tipo. Sono sicuro che, se volessi, riuscirei a scoprirlo ma, a essere sincero, mi accontento di questa istantanea perfetta e assurdamente bella di un uomo che si spoglia dei suoi poteri e, non potendone più, si abbandona alla rabbia.

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