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vita vera

Youʼre Never Alone With A Cigarette

Ho parlato con due dei più grandi fumatori professionisti di mia conoscenza (e tra i più grandi musicisti degli ultimi trentʼanni) per capire cosa resta di una cultura i cui superstiti sono fondamentalmente animali in via di estinzione.

In genere, i fumatori non sono tipi che godono di grande considerazione. Intendo i fumatori di tabacco, di sigarette, di quei piccoli cilindri cartacei con filtro. È gente che puzza, che appesta lʼaria coi miasmi provocati dalla lenta combustione del tubicino che portano in bocca, grigi personaggi dalla pelle secca che ogni volta che si accendono "una di quelle" riescono contemporaneamente ad ammazzarsi da soli e a fare strage di innocenti perché il fumo passivo provoca malattie e tumori. Più o meno dei kamikaze.

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Sono un fumatore anchʼio, e negli ultimi anni ho silenziosamente assistito alla progressiva—e credo irrecuperabile—marginalizzazione di una categoria fino a pochi decenni fa diffusissima, talmente comune che se uno si accendeva una sigaretta sul tram manco ci facevi caso, o almeno così narrano le leggende. Sappiamo che una volta si poteva fumare nei cinema, nei ristoranti, sui treni e sugli aerei; per generazioni intere di adolescenti, la prima sigaretta è stata un rito che significava il passaggio allʼetà adulta; per le flapper degli anni Venti, fu un simbolo di emancipazione; adesso, nel posto dove di solito passo le mie giornate a scrivere, siamo otto persone, tutti fumatori tranne una. E quando cʼè da accendere una sigaretta si va fuori, per rispetto a quell'unico esemplare rimasto immune dal tabagismo.

Non fraintendetemi, credo sia giusto così. Sul serio. Non mi piace dare fastidio alle persone, a meno che non siano persone che mi stanno molto ma molto antipatiche. Però non ho potuto fare a meno di chiedermi cosa resti di una cultura i cui pochi, semiclandestini superstiti sono fondamentalmente animali in via di estinzione.

Ho quindi contattato due tra i più indomiti professional smoker di mia conoscenza, che per pura coincidenza sono anche due tra i più grandi musicisti degli ultimi trentʼanni circa: Alan Bishop e Mark Morgan. Voglio sperare che le presentazioni non servano, ma nella malaugurata ipotesi che chi legge abbia passato gli ultimi tre decenni appresso a facezie di dubbia consistenza, vi racconto chi sono:

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Alan è stato la mente e la voce dei Sun City Girls, che tanto per capirci intitolarono una loro raccolta Youʼre Never Alone With A Cigarette; come solista si fa chiamare Alvarius B, e il suo nuovo album uscirà a breve per Sub Pop; è anche il fondatore della Sublime Frequencies, probabilmente lʼetichetta più chiacchierata degli anni 2000: se nelle vostre conversazioni da aperitivo vi fate belli citando Omar Souleyman e Group Bombino, è lui che dovete ringraziare.

Mark invece è stato chitarrista e voce dei Sightings, la più grande noise band degli anni Zero, un gruppo che secondo Marc Masters "in dieci anni non ha mai fatto un disco che sia meno che ottimo," simbolo involontario di quella Brooklyn Renaissance che alla fine ci avrebbe regalato i parchi-giochi per ventenni vestiti da deficienti tipo Williamsburg (ma non è colpa loro); adesso purtroppo i Sightings non esistono più, ma Mark prosegue a fare musica con i Silk Purse. È anche finito nella classifica dei 100 migliori chitarristi di sempre stilata da SPIN, per quello che può valere.

Ad Alan e Mark ho inviato via email una serie di domande sul loro (e mio) hobby preferito: fumare sigarette, appunto. Ora: per esperienza, quando uno contatta un musicista per unʼintervista via email, le risposte possono arrivare dopo settimane intere, e quasi sempre cʼè da sollecitarli perché il tempo passa e loro ancora non ti hanno spiegato "quali sono le ispirazioni dellʼultimo album" e altre scemenze del genere. Stavolta invece le risposte di Alan e Mark sono arrivate in meno di 24 ore dallʼinvio delle domande. Mi hanno addirittura ringraziato per lʼintervista, riuscite a crederci? Qualcosa vorrà pur dire.

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VICE: Quante sigarette fumi in una giornata?
Alan Bishop: Dai due e mezzo ai tre pacchetti al giorno.
Mark Morgan: Mi spiace sfatare un mito, ma al momento sono arrivato a fumarne solo 25. Quando lavoravo allʼUniversità del Michigan conobbi un tipo ultrasessantenne che fumava tre pacchetti al giorno, e trovai la sua devozione alle Marlboro ammirevole. Conosco anche una tipa che la primissima volta che fumò una sigaretta, le piacque talmente tanto che ne fumò tre pacchetti quello stesso giorno.

Riesci a immaginarti una vita senza sigarette?
Alan Bishop: Ci riesco pure, ma non mi attrae per niente. Ho cominciato a fumare a 22 anni, quando i miei polmoni erano belli che formati. Quindi senza sigarette ho già passato una buona fetta della mia vita.
Mark Morgan: Più o meno. Ma anche no. Mi sembra che stare senza fumare sia come guardare un cofanetto di Friends in loop per lʼeternità.

Hai mai provato a smettere di fumare?
Alan Bishop: In realtà no. Sono stato malato per qualche giorno e ho dovuto ridurre la dose a dieci sigarette al giorno per il semplice motivo che dormivo un sacco, ma sapevo che avrei continuato. Non sono stato così male come quella volta per quasi ventʼanni. Deve essere il motivo per cui le sigarette mi piacciono tanto.
Mark Morgan: Molte volte. In effetti lʼultima risale a due settimane fa: non ho toccato una sigaretta per sedici ore, ma naturalmente il motivo era che per sette ore ho dormito.

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Alan, tu vivi in Egitto, al Cairo: lʼhai scelta perché è una città smoker-friendly?
Alan Bishop: Sì, è uno dei motivi per cui sono qui. Gli egiziani piazzano i posacenere dentro gli ascensori e ci sono milioni di taxi per fumatori. Quasi ogni negozio, caffè, bar, ristorante, ufficio o spazio pubblico è anche per fumatori. E hai pure la libertà di non fumare ovunque. Vedi, è un posto civile.

Mark, tu vivi a New York: comʼè la vita di un fumatore nella città antifumo per eccellenza?
Mark Morgan: Nella maggior parte dei casi, non è così male. Mi scandalizzai molto quando fu imposto il divieto di fumo nei bar, ma al tempo stesso la cosa portò a un vantaggio inaspettato: ogni volta che sei impelagato in una conversazione di cui non ti frega niente, puoi sempre uscirtene con la scusa "ehi, vado un attimo fuori a farmi una sigaretta." Ovviamente, la cosa funziona solo quando lʼinterlocutore è un non fumatore. Il momento in cui più sono stato orgoglioso di essere un fumatore a New York, fu quando mi trovai faccia a faccia col sindaco Bloomberg sulla 79esima strada. Ero lì a fare quello che faccio di solito quando sto allʼaperto: fumare una sigaretta. E Bloomberg è un tizio che odia i fumatori, ma li odia sul serio. Quindi mi vede lì con la sigaretta in mano, e tenta di fulminarmi con lo sguardo stile raggio della morte. È stato uno dei momenti più felici della mia vita.

Una pagina pubblicitaria del 1918, sigarette "Murad". Foto via Wikimedia Commons .

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Visto che siete tipi che avete viaggiato molto, quali sono le città più smoker-friendly al mondo?
Alan Bishop: Tutte le aree che ancora non sono state corrotte dal Comitato Olimpico Internazionale o dalla FIFA, perlopiù nei cosiddetti paesi in via di sviluppo. Giacarta e il resto dellʼIndonesia sono ancora un paradiso per fumatori, così come gran parte dellʼAsia. Anche i paesi arabi e il Medio Oriente restano un rifugio glorioso, il narghilè è parecchio popolare.
Mark Morgan: Non sono mai stato in Medio Oriente ma mi dicono che lì sia un paradiso. Per il resto, i posti migliori sono in Francia. Certo, i francesi hanno un sacco di problemi, ma almeno il fumo non è tra quelli.

La peggior città per un fumatore?
Alan Bishop: New York, Londra, tutto il Nord America, il Regno Unito e gran parte dellʼEuropa. Nei posti in cui è vietato fumare, ti accorgi di quanto la gente sia diventata obbediente: in pochissimi hanno pensato di combattere per le proprie libertà personali, o per ottenere più spazi nelle loro vite. Non hanno problemi a farsi infilare una gigantesca incudine nel culo 24 ore al giorno , 7 giorni su 7, e bisogna ammirarli, perché hanno una soglia del dolore veramente molto alta: il loro canale anale diventa sempre più profondo, allo stesso modo in cui si allunga il collo delle donne Padung in Myanmar quando si mettono quegli enormi anelli dorati.
Mark Morgan: Una tipica cittadina WASP del Connecticut di cui nemmeno ricordo il nome. Anche solo passeggiando con una sigaretta in mano, riuscivi a percepire vibrazioni cattivissime.

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Cosa rappresentano le leggi antifumo per te?
Alan Bishop: Un tentativo di ingegneria sociale. Se veramente il potere e i suoi avvocati avessero a cuore la nostra salute, avrebbero provveduto a eliminare ogni deputato, presidente, banchiere, imprenditore dei media, assicuratore, dirigente dʼazienda mafioso… e questo solo il giorno dellʼinaugurazione. Fondamentalmente, il potere si dovrebbe suicidare. Non gliene frega niente della nostra salute: al contrario, sono loro la più grande minaccia alla nostra salute. È un sistema marcio da millenni, ma fumare è una cosa meravigliosa da molto più tempo. Senza fumatori, avremmo musica, cinema, arte e letteratura di merda. I non fumatori (a parte pochissime eccezioni) non sono in grado di pensare ed esprimersi allo stesso modo dei fumatori. Guarda adesso: abbiamo una nuova generazione di non fumatori inetti che passano il tempo davanti al computer senza un briciolo di personalità e senso dell'umorismo, sempre pronti a venerare lʼantico dio greco Mediocrates: il dio che inventò il colore beige.
Mark Morgan: Detesto fare la parte del tipo comprensivo, ma le capisco. Come ho detto prima, non hanno rappresentato un grosso problema per me: sono un tipo a cui piace uscire allʼaperto per scappare dalle persone. Ovviamente, se mai smetterò di fumare, diventerò il più odioso e ottuso nemico del fumo che si sia mai visto sulla faccia della terra.

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Che mi dici di aeroporti e simili? Come riesci a fumare in posti del genere?
Alan Bishop: Nei bagni è abbastanza facile, sempre che siano poco frequentati e che tu non sia circondato da gente pronta a fare la spia perché pensano di contribuire al bene della società, essenzialmente comportandosi da poliziotti. Ci sono anche aree come i corridoi di transito, in cui in certe ore del giorno o della notte non passa nessuno. Ma insomma, ogni aeroporto è differente.
Mark Morgan: Cazzo, è difficile. Mi ricordo una volta che ero allʼaeroporto di Fiumicino a Roma, e cʼera questa tizia spagnola che per qualche motivo era stata costretta a rimanere allʼimbarco per tutta la notte; alla fine non ce la fece più, spalancò una delle porte di sicurezza e si accese una sigaretta facendo scattare lʼallarme. Una vera eroina. Fosse successo in America, le avrebbero direttamente sparato.

Pensi ci sia una differenza "filosofica" tra quelli che fumano sigarette industriali e quelli che se le rollano a mano?
Alan Bishop: Sì: tempo e denaro. La maggior parte della gente che si rolla le sigarette a mano ha più tempo e meno denaro. Cʼè stato un periodo in cui ho fumato sigarette rollate a mano, ma da quando ho meno tempo ho deciso che non potevo permettermi di assumere uno scimpanzé pagato apposta per farmi una sigaretta ogni volta che ne avevo bisogno. Sarebbe anche stato strano per un primate passare tutte le notti a fianco del mio letto, per vedere se avevo voglia di fumare sdraiato sul materasso (è una cosa che faccio molto spesso).
Mark Morgan: Lʼunica filosofia che riesco a immaginare, è che le sigarette fatte a mano le odio. A meno che tu non sia un poveraccio, le trovo una cosa incomparabilmente idiota. Voglio dire, il tempo che impieghi a rollarti una sigaretta, potresti impiegarlo fumandotene una.

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E delle sigarette elettroniche, che mi dici?
Alan Bishop: Sono una soluzione accettabile durante i lunghi tragitti in aereo, anche perché accenderti una sigaretta vera ti porterebbe direttamente allʼarresto: gli assistenti di volo vengono istruiti come cani da guardia e sono in grado di riconoscere lʼodore del tabacco sotto qualsiasi forma. Per il resto, una sigaretta elettronica per me è inutile.
Mark Morgan: Semplicemente, non è la stessa cosa.

Visto che sei un musicista con una certa conoscenza dello sfavillante circo ruock, come te lo spieghi che essere un fumatore sia considerato meno… hhhhm, diciamo cool, che essere un tossico di qualsiasi altra sostanza? Cioè, perché una morte da overdose di eroina è più "mitologica" di un cancro ai polmoni?
Alan Bishop: Ottima domanda. Appena comincerò a spararmi un ago in vena, sarò in grado di darti una risposta adeguata.
Mark Morgan: Non sono sicuro di essere dʼaccordo con quello che dici. Insomma, quante copertine di dischi conosci con gente che ha la sigaretta in bocca? E quante ne conosci con tizi che si infilano un ago nel braccio? Ho sempre pensato che i tossici fossero un branco di perdenti tutto tranne che "fichi". Ero uno di loro, quindi dovrei saperlo.

Tra i personaggi del cinema, dell'arte, della letteratura o di qualsiasi altro ambiente, qual è il tuo fumatore preferito?
Alan Bishop: Il maestro assoluto è Rod Serling, il creatore di Ai confini della realtà. Presentava ogni episodio con la sigaretta in mano e non cʼera niente di più fico che guardarlo mentre sfumacchiava e recitava i suoi monologhi.
Mark Morgan: La tizia che viveva in fondo alla strada dove abitavo da bambino. Non mi ricordo come si chiamava, ma la sua voce roca, da fumatrice allʼultimo stadio, mi fece innamorare.

Miglior marca di sigarette al mondo?
Alan Bishop: Non te lo rivelerò mai. È unʼinformazione che ti costerebbe molto, più di un milione di dollari.
Mark Morgan: Parliament.

Peggior marca di sigarette?
Alan Bishop: Non parlerei mai male di una marca di sigarette, per nessun motivo al mondo.
Mark Morgan: Le Primo Nostalgia, una marca russa orribile di cui un amico mi regalò un pacchetto. La confezione era eccezionale, con tipo dei generali sovietici durante la Seconda Guerra Mondiale. Ma fumarle fu un incubo. Il tabacco era totalmente NERO e il sapore ti faceva pensare che ti avessero infilato in bocca il tubo di scappamento di una FIAT del 1973. Lʼesempio FIAT lʼho usato per far piacere ai tuoi lettori, lo ammetto.

Hai mai provato a farti pagare in qualità di sponsor?
Alan Bishop: No, non presterei mai la mia faccia a una grossa corporation. Ma ogni volta che mi fanno notare che non dovrei fumare il prodotto di una multinazionale, rispondo che non hanno nessun diritto di metterla in questi termini fin tanto che non cominceranno a costruirsi le macchine da soli, a farsi scarpe e vestiti, a fabbricarsi i computer in casa, a rinunciare ai soldi in banca, e a vivere in un posto di proprietà. Alcuni dei più grandi ipocriti in circolazione sono quelli considerati "i più brillanti". E io sono un cazzo di idiota totale.
Mark Morgan: Hai un indirizzo a cui posso rivolgermi?

Segui Valerio su Twitter: @thalideide