object blue intervista robot festival italia
object blue. Foto stampa.
Musica

Trascendenza, underground londinese e club music: intervista a object blue

object blue parla di quanto sia inutile classificare per generi, della complessità di prepararsi a un live e di come fare musica seguendo solo l'istinto.

Il mondo della musica elettronica è un microcosmo in perenne attività, in continua ebollizione e mutazione. Fedele all’idea stessa di progresso e innovazione propria della tecnologia, la storia della musica elettronica – e dell’elettronica da ballo in particolare – è tutta un fioccare di nuovi generi e sottogeneri, declinazioni locali di sonorità internazionali, declinazioni contemporanee di intuizioni passate, ibridazione e proliferazione ininterrotta.

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Ad arricchire ulteriormente questa cartografia già intricata, si è aggiunta negli ultimi anni la ventata d’aria fresca portata nella scena da sound, etichette e artisti provenienti da luoghi che fino a non molto tempo fa avremmo considerato periferici e che oggi, invece, danno un contributo vitale alla mappatura dell’elettronica su scala globale. Uno di questi luoghi è l’estremo Oriente, e la Cina in particolare.

È proprio da qui che comincia l’avventura di object blue, artista che negli ultimi anni ha riscosso interesse e consensi ovunque grazie alle sue produzioni e alle sue performance. Nata a Tokyo, cresciuta a Pechino e attualmente residente a Londra, object blue è passata in poco tempo da essere un’artista da tenere sott’occhio a diventare uno dei nomi di punta per quanto riguarda la frangia sperimentale della club music. Dalle sue prime release datate 2018, gli EP ‘Rex’ e ‘Do You Plan To End a Siege?’, passando per la collaborazione con l’italianissimo-ma-residente-a-Londra TSVI (aka Anunaku) sull’’Hyperaesthesia’ EP, fino al progetto audio-visuale ‘Grotto’, object blue si è sempre mossa seguendo un personale percorso in cui confluiscono battiti techno, atmosfere ambient, ritmi irregolari, e una cura certosina per il sound design. Insomma, se cercate musica dalla facile classificazione, con lei avrete pane per i vostri denti.

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Object blue si esibirà al Robot Festival in b2b con TSVI, e noi ne abbiamo approfittato per farci due chiacchiere.

object blue intervista robot festival italia

object blue. Foto stampa.

Noisey: Ciao object blue, è un piacere poterti fare delle domande! 
Come va, a cosa ti stai dedicando ultimamente?
object blue:
Sto lavorando al mio album di debutto con un’etichetta che mi ha corteggiato per anni! Sono davvero contenta di essere finalmente riuscita a realizzare questa promessa, ci ho messo una vita perché scrivo musica solo in brevi esplosioni creative ogni paio d’anni.

Suonerai al Robot festival a Bologna. La prima e unica volta in cui ti ho ascoltata dal vivo è stato qualche anno fa, sempre a Bologna, quando hai suonato un live set prima di Pearson Sound. Come approcci una performance live rispetto ad un dj set? E hai una preferenza tra i due?
Era stato un grande show quello! Il live richiede così tanta concentrazione su ogni elemento sonoro, che mi fa quasi venire il mal di testa. Devo controllare e decidere ogni cosa per 50 minuti. Ma è davvero gratificante. Però io preferisco perlopiù suonare come dj, che è uno spasso totale, e poi risparmiare ispirazione ed energia dal djing per suonare live qualche volta all’anno.

Riascoltando le tue tracce, ho notato un certo sentore spirituale, diciamo pure trascendentale. Nei titoli (mi vengono in mente “Procession of healers” e “The ecstasy of Saint Teresa”), ma innanzitutto nella musica stessa. Si tratta di un tipo di feeling a cui tendi quando produci e suoni?
Grazie, sono contenta che tu riesca a percepirlo nella musica in prima istanza. La gente mi chiede sempre di attribuire parole e concetti alla mia musica per restituirne il senso—ma trovo che sia più importante ciò che percepisci. In quelle due tracce volevo certamente fissare, anche in minima misura, una sensazione di trascendenza—“Ecstasy of Saint Teresa” è l’esperienza trascendentale dell’innamoramento, mentre “Procession of healers” è la vista luminosa e trascendentale che ti pulisce e purifica quando emergi strisciando dal burrone.

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Trasferirti a Londra ha avuto un impatto sul tuo processo creativo? Che sia nel modo in cui componi, o semplicemente in termini di influenze e scambi con le persone che ti circondano.
Sarei finita a fare musica in qualunque parte del mondo, ma Londra ha certamente definito il mio sound. Andare ai Corsica Studios [famoso club londinese, ndr] due volte a settimana per un anno intero è stata probabilmente la parte più influente. È stato ad un party JANUS [collettivo, label e party tra i più importanti nella scena club sperimentale, nato a Berlino nel 2012, ndr] che mi sono innamorata della musica di Kablam e M.E.S.H. Quello e lo UK bass, ed era fatta. Inoltre, ho vissuto qui per tutta la mia vita adulta e non potrei quantificare tutto il supporto che ho avuto dai miei amici e da mia moglie.

È difficile inquadrarti in un genere strettamente definito, sia come producer che come dj. Alcuni direbbero ‘techno sperimentale’, per non parlare del termine ombrello ‘deconstructed club’. Ma in fondo ho la sensazione che il tuo sia un linguaggio molto personale e disinteressato a rigide convenzioni di genere. Ritieni che la nozione solida di genere (e sottogeneri) nella musica elettronica stia diventando obsoleta?
Ti ringrazio, “un linguaggio molto personale” è un piacevole modo di metterla. È vero, cerco solo di fare ciò che desidero nel profondo, e qualcosa di così istintivo penso sia al di là delle convenzioni stilistiche. Se [un certo suono] mi piace, ce lo ficco lì in mezzo, di qualunque cosa si tratti. Penso che i generi siano sempre stati erosi, sin da quando l’umanità ha iniziato a far musica, ma questa erosione e la moltiplicazione di generi stanno decisamente accelerando, ora che abbiamo Internet ad alta velocità! Amo questa cosa, è un modo molto produttivo e accessibile di ascoltare/creare/godersi la musica.

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Suonerai in B2B con TSVI, sulla cui etichetta Nervous Horizon hai pubblicato l’EP ‘Hyperaesthesia’. Come è nata questa collaborazione, e com’è lavorare con lui?
TSVI mi ha mandato il suo album di debutto, ‘Inner Worlds’. L’ho adorato, e poi mi ha chiesto se volessi scrivere musica con lui. Dico sempre di no alle collaborazioni, perché sono un gremlin solitario rinchiusa nel proprio studio casalingo, ma il modo in cui TSVI usa il ritmo e la tonalità mi ha spinto a voler collaborare con lui. Di nuovo, si tratta di quel desiderio ardente. È stato molto divertente e spontaneo. Ora è diventato uno dei miei migliori amici, parliamo di tutto, musica e non. È davvero un gioiello di essere umano, oltre che un producer brillante. E poi non ci ho pensato due volte ad uscire su Nervous Horizon perché è un’ottima etichetta.

A proposito di te e TSVI, cosa dovremmo aspettarci dal vostro dj set in B2B al Robot festival?
Alcuni momenti che potrebbero accadere:

  • TSVI che mi urla da sopra alle casse monitor “Sono così felice che siamo in Italia” e io che gli rispondo “Pure io” per la quindicesima volta
  • Io che esclamo “di chi è questo edit?!? Mandamelo!!” e lui che risponde “OKOK” per poi scordarsi di mandarmelo
  • Io che bevo Campari spritz tutto il tempo
  • Rari momenti di cassa dritta in 4/4 subito spazzati via da bEaT StOrTi

Il Robot Festival è in programma dal 6 al 9 ottobre a Bologna. Dalle virate sperimentali e pensate più per l’ascolto, ai dj set più incendiari, ce ne sarà per tutti i gusti: ci vediamo lì.

Lorenzo è su Instagram.