Cibo

Le Fettuccine Alfredo sono il vero primo piatto di pasta italiano

Nel libro dello storico Luca Cesari si ripercorre la storia dei piatti di pasta più importanti d'Italia. E fra questi campeggiano le Fettuccine Alfredo.
Roberta Abate
Milan, IT
fettuccine alfredo storia
Foto di Farideh Sadeghin

Le Fettuccine Alfredo sono il vero primo piatto di pasta italiano. Sono “più italiane” della Carbonara o del Ragù.

Il mondo si divide fra chi non se la prende per il cibo e chi per il cibo se la prende parecchio. Non sapremo mai se sia colpa della troppa retorica dei media sulla tradizione, o perché ci aggrappiamo ancora disperatamente alla gonna della nonna e alle sue ricette “intoccabili”. Sta di fatto che siamo un paese suscettibile e che ha un morboso attaccamento ai piatti di pasta.

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Tenere così tanto al cibo, tanto da farlo equivalere alla propria identità prima nazionale, poi regionale, è tuttavia normalissimo: il cibo appartiene alla vita quotidiana e, come dice Ilaria Porciani nel suo saggio all’interno di un testo abbastanza cruciale per capire l’importanza del cibo e delle sue rappresentazioni per un popolo - Cucina Politica (Edizioni Laterza, a cura di Massimo Montanari) - “i sapori suscitano immediatamente memorie e nostalgie” ed è un aspetto molto intimo della nostra vita.

Sempre all’interno dello stesso saggio l’autrice scrive su questo tema: “Dobbiamo chiederci in che modo il discorso sulla cucina è servito a rendere ancora più ovvi, percepibili e netti nell’immaginario i confini dei vari paesi”. E in questo senso le Fettuccine Alfredo sono nel nostro immaginario sempre state al di là di quel confine: qui c’è l’Italia, lì oltreoceano ci sono le Fettuccine. Tanto che sono forse il piatto italo-americano per eccellenza insieme agli Spaghetti Meatballs.

E invece un libro uscito da pochi mesi potrebbe darvi (anzi, darci) una ferale notizia: le Fettuccine Alfredo sono il vero primo piatto di pasta italiano. Sono “più italiane” della Carbonara o del Ragù.

“Ma se vi dicessi che le ‘vere’ fettuccine Alfredo hanno un’origine secolare e che sono addirittura il primo piatto di pasta della nostra tradizione?”. Così si apre il primo capitolo del libro Storia della pasta in dieci piatti (edito da Il Saggiatore) di Luca Cesari, ricercatore e scrittore bolognese che si occupa di storia della gastronomia già sul suo blog ricettestoriche.it e poi sul magazine Gambero Rosso. Nel suo libro sfida le “ire degli italiani” che si arrabbiano per il cibo e smonta e rimonta le origini di alcune delle paste più amate del pianeta. E il primo capitolo è dedicato appunto alle Fettuccine Alfredo. “Un piatto semplicissimo (…) che comprare in 800 libri di cucina americana a partire dal 1933 fino a oggi”.

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Copertina del libro Storia della Pasta in dieci piatti.

L’Alfredo delle fettuccine, ci racconta l’autore, si chiama Alfredo di Lelio, nasce a Roma nel 1883 e inizia a cucinare nel ristorante di famiglia in Piazza Rosa. Nel 1908 la moglie di Alfredo dà alla luce il figlio Armando; dopo il parto estenuante, il marito le prepara un cibo nutriente e semplice: fettuccine impastate nel semolino e condite con burro e parmigiano freschissimi. Da lì il piatto, molto gradito alla moglie, entra direttamente nel menu della trattoria romana. Come un piatto di pasta sia arrivato a inizio ‘900 dall’altra parte del mondo, e abbia spopolato, non si sa; Luca Cesari ipotizza che gli stranieri furono attirati da quel piatto e dai suoi gusti più “facili” per gli statunitensi di allora.

La prima citazione in un libro arriva nel 1922 in Babbitt, romanzo di Sinclair Lewis. Nel racconto due americani si incontrano e parlano dell’amore per Roma, per la trattoria di Alfredo e per le sue fettuccine. Il successo arriva poi con la recensione del locale sul Saturday Evening Post, menzioni d’onore su altre testate e la vera consacrazione da parte di due star del cinema muto hollywoodiano che lo elessero a “King of Noodles”. Le Fettuccine Alfredo sono il primo piatto di pasta italiano per come intendiamo i piatti di pasta italiani oggi: iconici, facili da preparare e acclamati dagli stranieri.

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Dal momento in cui le ricette vengono elette a identitarie vengono automaticamente trasformate in simboli, e tu non puoi cambiare dei simboli a tuo piacimento.

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L'autore del libro Dieci Piatti di Pasta, Luca Cesari, Foto di Dario Lazzari, per gentile concessione dell'autore

Ho contattato telefonicamente Luca Cesari per fargli qualche domanda in più sulle Fettuccine Alfredo e sul suo libro.

Munchies: Ciao Luca; spiegami perché ti sei messo a studiare le storie delle ricette italiane.
Luca Cesari:
All’università sono sempre interessato alla storia dell’alimentazione; ho studiato sui libri di Alberto Capatti e Massimo Montanari per capirci. In generale, poi, mi è sempre piaciuto sperimentare le cose e portarle su un piano pratico e lì chiaro che ricadi sulle ricette. A un certo punto, anni fa, ho fatto un po’ di ricerche sulla ricetta dei tortellini: avevo fra le mani dei ricettari antichi e ho scoperto che i tortellini alla bolognese, come li conosciamo oggi, non esistevano in passato. Seguendo questa strada, incuriosito, ho cominciato a raccogliere materiale su tortellini e poi sulla carbonara. 

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I tortellini secondo la ricetta di Pellegrino Artusi. Foto di Luca Cesari

Perché proprio su queste ricette?
Perché hanno una mitologia molto vasta, ma se hai un minima cognizione della storia italiana e delle condizioni di vita degli italiani, molte delle storie legate a questi piatti sono inverosimili. Così ho cominciato a cercare le fonti, ci ho messo un po’ ma le ho trovate. Ovviamente le cose stavano in maniera diversa e nel libro ho cercato di raccontarlo.

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Come mai tutte queste leggende attorno a delle semplice ricette? 
A volta è una questione nazionalista. Guarda nel 2019 Matteo Salvini quando si espresse contro i tortellini al pollo, realizzati per chi seguiva la religione islamica, durante la festa di San Petronio: ecco, quelle sue dichiarazioni sono l’emblema di una deformazione ideologica. In verità i tortellini originariamente non erano fatti di maiale, ma di cappone; a Bologna poi ci abbiamo messo il maiale, ma in ultima istanza. Chiaro che non siamo i soli a vivere con queste derive nazionaliste: un paio di mesi fa un cuoco tristellato [N.d.R Dabiz Muñoz] ha realizzato la Paella di Madrid e a Valencia, patria della paella tradizionale, sono scaturite polemiche mostruose.

Che ne pensi degli italiani che si arrabbiano così tanto per chi rielabora le ricette tradizionali come la Carbonara?
Secondo me funziona così: all’interno del panorama gastronomico che cambia, o presenta un’infinità di varianti, alcuni piatti diventano un simbolo, per motivi diversi. Dal momento in cui le ricette vengono elette a identitarie vengono automaticamente trasformate in simboli, e tu non puoi cambiare dei simboli a tuo piacimento: per cui è un attaccamento esclusivamente filosofico, non c’entra nulla con la pancetta o il guanciale. Ci si fissa con un piatto e si può rievocare, certo, ma senza toccarlo. E poi le carbonara è diventata così celebre negli ultimi anni perché ha un pregio: è instagrammabile. Lo spezzatino non sarà mai forse fonte di polemiche così accese, perché è brutto, quindi non lo fotografo.

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Carbonara. Photo credits_ Gianluca Simoni.JPG

Foto Gianluca Simoni, per gentile concessione dell'intervistato.

Come mai il tuo libro inizia proprio dalle Fettuccine Alfredo?
È stata una scelta condivisa dal mio editor, dava la possibilità di essere subito di rottura, e partire proprio dall’inizio dalla narrazione della pasta, o meglio, dal modo codificato più antico di condire la pasta. È molto strano per noi pensare che sia la ricetta più italiana di tutte, ma è così. Alla fine le ricette che hanno avuto grande successo da noi lo hanno avuto perché sono diventate celebri negli Stati Uniti. La carbonara se noti ripete sempre lo stesso schema: il turista che dopo la guerra arriva e poi torna a casa e cerca di ritrovare gli stessi sapori. Sono entrambe ricette molto semplici, la loro fortuna è che si staccano dalla cucina ottocentesca, quindi molto più laboriosa, e diventano alla portata di tutti - quindi anche degli americani.

L’attuale ricetta delle Fettuccine Alfredo che si trova in Usa non è chiaramente quella originale, vero?
L’Alfredo americana non è la nostra, chiaro, nel libro spiego bene tutte le derive fra l’aumento delle dosi di burro e altro. Anche se in USA ci sono ancora dei ristoranti che fanno quella originale, sebbene siano pochissimi.

Come inizi le tue ricerche su un piatto?
Per esempio la storia delle Fettuccine Alfredo non è stata troppo difficile da rintracciare, perché è una storia abbastanza conosciuta. In genere parto da diversi archivi online: non trovi sempre libri interi, ma degli estratti e delle citazioni, che poi approfondisco nelle biblioteche. Quelle con cui mi trovo meglio sono quelle dell’Accademia Barilla a Parma e La Vigna di Vicenza: sono sempre molto disponibili. Il mio modus operandi è in realtà molto semplice: cerco di reperire più materiale possibile online e offline - possiedo anche molti ricettari antichi - e poi metto in fila tutto cercando di trarre delle conclusioni. Insomma non faccio altro che applicare il metodo di ricerca storica a un argomento che è influenzato quasi esclusivamente dall’ideologia. La ricerca storica, però, è fallibile, e se viene fuori una fonte nuova più antica puoi essere contraddetto subito.

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Il tuo piatto preferito fra quelli descritti nel libro?
Io ero un bambino inappetente con una nonna cuoca, sono venuto su a tortellini e ragù. Tortellini direi: è complesso da fare ma la prima parte della preparazione, quella che si fa tutto insieme, è un momento conviviale. Io ultimamente li faccio con gli amici, pandemia permettendo, e diventa una festa con salame e vino. È un modo per passare il tempo che va al di là di una cena insieme. 

Sui social si incazzano mai con te?
È un continuo [ride N.d.R], ma è normale: distruggo le loro credenze e le ricette della nonna.

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