Cultura

Perché ho iniziato a defolloware sempre più influencer

Scorrere Instagram tra i contenuti di influencer era diventato un po’ come dover cambiare spesso canale prima di trovare un programma che mi facesse stare bene.
Vincenzo Ligresti
Milan, IT
influencer
Follow me, uno dei più classici generi fotografici Instagram dell'ultimo decennio. Foto via AdobeStock.

Mai come in quest’ultimo periodo ho sentito così tanti nomi di influencer uscire fuori durante conversazioni tra amici. Come non ho mai sentito così tanti “no, ho tolto il follow su Instagram” subito dopo.

Tutto parte, probabilmente, da un paradosso. All’inizio della pandemia in molti sostenevano che per via della penuria di eventi, attività, nuove aperture da sponsorizzare il coronavirus avrebbe spazzato via il mercato degli influencer; ma non avevano messo in conto che, costretti in casa, come conferma questa indagine Ipsos, ne avremmo seguiti invece molti di più.

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Per una veloce conferma basta prendere questo tool di notjustanalytics, inserire il nome di un influencer, e osservare il grafico che indica quanto è cresciuto il suo seguito Instagram durante la pandemia. I brand se ne ne sono accorti, e come sottolinea il rapporto State of Influencer Marketing 2021 di Klear, l’impatto delle collaborazioni con gli influencer nel 2020 è salito del 57 percento rispetto all’anno precedente. Insomma, gli influencer ne sono usciti diversi, più “istituzionalizzati”, e spesso hanno iniziato a definirsi con nuovi titoli—il più delle volte come content creator, ma non solo.

Del resto, negli ultimi anni il numero delle persone con un forte seguito su Instagram è aumentato, e il termine influencer, che sta cadendo in disuso ma è ancora forte nell’immaginario, ha smesso di comprendere esclusivamente chi postava finti selfie scattati da un fotografo professionista.

A un certo punto, e la pandemia ha cementato questo processo, il termine influencer ha inglobato anche chi ha puntato su crescita personale, ironia, topic del giorno, card divulgative più o meno accurate, momenti quotidiani “più spontanei.” Alcuni personaggi avevano già iniziato a farlo, magari su altre piattaforme, altri si sono reinventati, altri ancora si sono adeguati.

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Passando una quantità eccessiva della mia esistenza sui social—come molti altri italiani, secondo il Global Digital Report 2021—ultimamente mi sono sentito spesso sopraffatto dalle dozzine di contenuti di influencer che mi si palesavano su Instagram (anche perché la piattaforma premia tendenzialmente chi posta con costanza contenuti, e gli influencer hanno ritmi di pubblicazione più che sostenuti).

In certi casi, era diventato un po’ come dover cambiare spesso canale prima di trovare un programma che mi facesse stare bene, di atterrare nei contenuti delle persone che mi interessavano davvero—sentendomi nel frattempo in difetto per tutto il tempo “perso”.

Così ho iniziato prima a nascondere alcuni loro contenuti, poi a smettere di seguirne sempre di più. È stato un processo lento, probabilmente ancora in corso. Ma come spiega Marilena Iasevoli, psicologa che si occupa del nostro rapporto coi Social Network, si sottovaluta ancora troppo l’importanza che diamo alle nostre esperienze online, parte ormai integrante della nostra quotidianità.

“Così come nella vita reale è fondamentale circondarci di persone che ci fanno stare bene, con cui sentiamo di avere uno scambio energetico, allo stesso modo dovremmo seguire utenti che non ci svuotino.” In questo caso, però, si aggiunge un ulteriore aspetto. “Certi studi dimostrano che seguire persone sconosciute su Instagram, a maggior ragione quelle che giornalmente ci mostrano una vita che ci sembra migliore della nostra, può causare in alcuni sensazioni di malessere o acuirli.”

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È piuttosto curioso: nonostante circolino sempre più informazioni sui trucchi degli influencer, e molti sembrino mostrare sempre più le loro imperfezioni o le loro sfide, si insinua sempre una certa ‘invidia sociale’ mista a FOMO.

“Instagram è progettato per un confronto sociale costante,” chiarisce Iasevoli. “Magari l’influencer è a una inaugurazione esclusiva, non si sta divertendo, ma tu pensi che comunque frequenta posti migliori di quelli che frequenti tu; oppure pensi ‘anche se immagino che abbia rigirato questa story parlata dodici volte, ha espresso davvero bene il concetto’; o ancora ‘cavoli in quella spiaggia terribile ci son stato, ma la resa nella sua foto è da sogno.’ Spesso i contenuti irrealistici possono comunque portarci a fare paragoni se pensiamo ci manchi qualcosa.”

È però forse più sull’accordo tacito che esiste tra follower e influencer, soprattutto quelli che si seguono da lungo tempo, che ruota il fulcro del discorso. I motivi principali che hanno fatto seguito al “No, non seguo più questo influencer” che mi è capitato di sentire riguardano aspettative disattese: “È cambiato, ha iniziato a fare troppe collaborazioni che si discostavano dal suo personaggio,” “ha dato dei giudizi che mi hanno profondamente deluso,” “ha iniziato a sollevare polemiche, magari giuste, ma solo per raccattare altri follower,” “Ha perorato delle cause, ma non mi sembrava avesse un interesse genuino”, “A un certo punto era ripetitivo.”

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Capita che quando un profilo inizia ad avere un seguito consistente possa cambiare il suo stile comunicativo. Questo è comprensibile: mantenere un equilibrio che cerchi di intrattenere una platea ampia, spesso principale carburante dei tuoi introiti e/o della tua immagine, è sempre una scommessa. Soprattutto quando ci sono brand e agenzie di mezzo.

E, d’altro canto, da utenti i nostri bisogni possono cambiare: “Nel corso della nostra vita il modo, il con chi e il come spendiamo il nostro tempo può mutare. Solo che ancora non abbiamo del tutto la forma mentis che questo non riguardi solo la vita offline,” spiega Iasevoli.

E a proposito di contrasto tra vita online e offline, anche le pressioni sugli influencer e l’impatto di queste sul loro benessere sono ormai ben documentati—come dimostrano casi di creator famosi, soprattutto giovani, che hanno lasciato piattaforme perché non sapevano più gestire una sovraesposizione mediatica così alta. 

“I social, Instagram compreso, sono un palcoscenico: se mostri a una platea ampia un te ideale che a lungo andare ti affatica, questo può creare una discrepanza interiore: sei l’attore, la persona che ci sta dietro o l’intersezione tra i due che non riconosci più? Non succede a tutti, ma non tutti riescono a gestirla,” spiega Iasevoli. “Ancora in molti credono che essere influencer equivalga a non lavorare o sia semplice, ma in realtà pensi tutto il giorno a cosa posterai, alla competizione coi nuovi influencer, all’incertezza di nuove collaborazioni, al cercare di preservare la tua immagine pubblica, gestire i commenti d’odio.”

Dal canto mio, il mio rapporto con Instagram al momento è migliorato. Quello che prima mi ero creato era troppo saturo di opinioni, consigli e frame di sconosciuti che se in un primo momento pensavo potessero arricchirmi, alla lunga mi lasciavano una sensazione di caos interiore non richiesto.

Se c’è una cosa che ho imparato è che dietro a un profilo, qualunque esso sia, c’è una persona di cui in realtà sai poco anche se pensi di conoscerla. E se quel poco che vedi non ti lascia più buone sensazioni addosso, puoi lasciarla andare.