Cultura

Un, due, tre, stella! - Squid Game non è nulla di nuovo, ma è una bomba lo stesso

Il k-drama Netflix sta avendo un sacco di successo perché ci ricorda tantissime cose—persino 'Mai dire Banzai' della Gialappa’s Band.
Vincenzo Ligresti
Milan, IT
squid game netflix
Screenshot da Squid Game.

Attenzione: Nel pezzo sono inseriti dettagli sulla trama di Squid Game, ma niente di ciò che viene solitamente inteso come spoiler.

È un dato di fatto: nel giro di pochi giorni, tra meme, recensioni improvvisate su Instagram e Tiktok in cui si replica il giochino del biscotto dalgona, Squid Game è la serie Netflix più nominata. Pubblicata in tutto il mondo il 17 settembre 2021 e attualmente prima in oltre 90 paesi, secondo fonti interne della piattaforma si appresta a diventare il prodotto Netflix più visto di sempre. 

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L’aspetto strabiliante dell’annunciato sorpasso delle maggiori serie di successo (Bridgerton, The Witcher, Sex/Life, La Casa di Carta, etc...) non è però semplicemente numerico, quanto qualitativo.

Il K-drama sudcoreano del regista Hwang Dong-hyuk, infatti, è stato accolto calorosamente dalla critica che conta, e sembra piacere a fasce di pubblico molto diverse tra loro—da chi ritiene La Casa di Carta una boiata, a chi ha vissuto con una certa delusione il fatto che The Witcher non fosse affatto il nuovo Game of Thrones targato Netflix.

In generale (e non mi riferisco nello specifico alle serie sopracitate), la quantità di persone che guardano una serie tv non è per forza proporzionale alla sua qualità—del resto, quanti guilty pleasure divoriamo pur riconoscendone la pochezza? 

Eppure, Squid Game sembra un caso a sé—e, contemporaneamente, una serie che non ha nulla di nuovo. Di suo infatti quasi nessun elemento delle nove puntate è davvero nuovo o inedito. Lo è però il loro rimescolamento, ed è questo forse il motivo del suo successo: la familiarità. A partire dalla trama, tra il thriller e l’horror. 

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La trama di Squid Game

In una sorta di isola-bunker, il quarantenne Gi-hun e altre 455 persone, indebitate fino al collo, con vite al margine o un passato da cui sono in fuga, si apprestano ad affrontare una serie di giochi. Chi supererà tutte le prove avrà accesso al montepremi finale di 45,6 miliardi di won [circa 33 milioni di euro]. 

Gli ospiti si trovano grazie a un incontro “casuale” con uno sconosciuto che gli ha fatto vincere dei soldi facili per strada, convincendoli a tentare nuovamente la fortuna. Soltanto che, una volta firmato il contratto, si scopre a sorpresa l’ultimo dettaglio: chi non supererà il livello successivo non verrà eliminato solo dalla competizione, ma letteralmente.

La dimensione del gioco letale si ritrova già in film ultraviolenti come i giapponesi Battle Royale o As the Gods Will; o ancora nel canadese Cube, o nello statunitense The Circle; o ancora in saghe più note come Hunger GamesSaw - l’enigmista. Ma qui si va oltre, e l’aspetto più attrattivo di Squid Game ricorda forse più un certo genere di game show televisivo che il cinema da blockbuster.

Chi guardava molta tv italiana negli anni Novanta, infatti, avrà automaticamente pensato a Takeshi's Castle, parte del Mai dire Banzai della Gialappa’s Band poi riproposto in una versione estesa su Boing. Pure lì, spesso, era tutto sadicamente colorato. 

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Con premesse del genere, sarebbe potuto capitare che i personaggi ne uscissero appiattiti. Ma non è questo il caso. I protagonisti che incontriamo nel corso dei nove episodi di Squid Game cambiano spesso, a volte mostrando il loro lato umano, altre quello più mostruoso per sopravvivere. A parte qualche raro caso, sono tutti “grigi”: nessuno è totalmente buono o cattivo.

A tal punto che da spettatore ti immedesimi fino a chiederti: “Mi sarei comportato anch’io in questo modo? Tradirei qualcuno a cui tengo per continuare a vivere?” Il regista ha dichiarato in un’intervista a Variety che, proprio per raggiungere il pubblico in questo senso, ha lavorato di sottrazione sui giochi. Alla fine ha optato per quelli “da bambini” perché facilmente memorizzabili per lo spettatore, che aveva piuttosto bisogno di concentrarsi sulle storie dei personaggi.

Il successo di Squid Game è inaspettato

In ogni caso, pare però che ai piani alti di Netflix non si aspettassero questo grande successo. Lo ha detto Bela Bajaria, global TV head di Netflix, citando Minyoung Kim, regional content chief di Netlix Corea del Sud.

Inizialmente Squid Game è stato pubblicizzato nei paesi orientali, ma per nulla in Europa e negli Stati Uniti, dove è cresciuto grazie al passaparola online e una quantità non indifferente di meme—soprattutto sulla bambola-robot del primo gioco.

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Al momento la politica di Netflix è simile a quella di molte altre piattaforme globali: creare contenuti local efficaci, potenzialmente universali, e capire in quali altri paesi possano essere spinti.

Tant’è che, forse, proprio nel caso di Squid Game l’Italia non era stata presa in considerazione—nel nostro paese non è ancora disponibile il doppiaggio, fatto che ha suscitato diverse lamentele.

L’iniziale spinta della serie tv, inoltre, non deriva nemmeno da un fandom già fidelizzato—come è accaduto per esempio nel caso dell’apprezzato Lupin, del (purtroppo passato in sordina in Italia) Alice in Borderland, o di The Umbrella Academy, rispettivamente ispirati agli omonimi manga e al fumetto di Gerard Way, frontman dei My Chemical Romance.

Per ben dodici anni, inoltre, Hwang Dong-hyuk ha provato a vendere senza successo la sua storia originale. Forse, come è successo in casi in cui l’attesa è stata molto lunga, il momento propizio era proprio questo.

La fruizione di K-drama e prodotti sudcoreani all’estero è in crescita, e il maggior indizio recente è Parasite, primo film sudcoreano a venire candidato ai Premi Oscar (vincendone quattro, tra cui quello per il miglior film). Il sottotesto dell’opera del regista Bong Joon-ho è pressoché identico a quello di Squid Game: la disparità sociale, l’autoconservazione da un lato e il tentativo un po’ verghiano e disperato di cambiare lo status quo dall’altro.

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Nella filmografia di Joon-ho, forse, questo aspetto è ancora più evidente nella sua versione del post-apocalittico Snowpiercer e nella rigida suddivisione in classi sociali sul “treno eterno” che trasporta gli unici superstiti su una terra ormai completamente gelata, dopo il tentativo fallimentare di arginare il cambiamento climatico.

In Snowpiercer lo staff del treno, pur privilegiato, non è davvero libero di muoversi, proprio come non lo è quello dell’isola-bunker. Nonostante una precisa gerarchia, i controllori mascherati sono a loro volta controllati, privati della loro umanità, esclusivamente utili alla prosecuzione ordinata dei giochi, in una sorta di Panopticon dentro il Panopticon. 

Anche la divisa che i controllori indossano—già davvero molto ricercata come costume di Halloween—che spicca nelle immagini preview su Netlix è stata probabilmente un incentivo a cliccare la serie. Del resto, ricorda molto quella della banda del “Professore”, e ricalca le atmosfere in cui sono immerse le ancelle rosso porpora di The Handmaid's Tale.

Al momento, in molti si stanno chiedendo se Netflix confermerà una seconda stagione di Squid Game. Sempre il regista Hwang Dong-hyuk, che ha anche sceneggiato la serie, ha ammesso che scriverla gli è costata molta fatica. Solo per i primi due episodi avrebbe impiegato circa sei mesi, e prima di rimettersi eventualmente sul progetto ne avrebbe altri in cantiere.

In caso di conferma, però, saremo tutti d’accordo nel dire che per creare ottimi cliffhanger, giochi e personaggi sfaccettati può prendersi tutto il tempo che gli serve. 

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