jeunesse

Gli speaker portatili ci stanno rovinando la vita

Un mondo in cui la festa non ha mai fine, tutto è rumore e ti sembra di vivere nella brutta copia di 'Euphoria' non è un mondo ideale.
Paul Douard
Paris, FR
CASSE POR
UN GIOVANE CHE NON SA COSA STA FACENDO. FOTO: DOBRILA VIGNJEVIC / GETTY.

Immagina: arrivi in una spiaggia deserta, sudando come un maiale dopo aver scarpinato per ore, e tocchi finalmente con mano ciò che un blog pretenzioso ha descritto come “un posto idilliaco per rilassarsi.” Cammini in preda all’incanto sulla sabbia calda, una leggera brezza ti muove i capelli, hai un micro-orgasmo a ogni passo. Ti lasci rapire dal suono delle onde che si sovrappongono una all’altra, uniche compagne di quel silenzio maestoso che pensavi di non trovare mai più nella vita.

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Poi Marco, Jessica e i loro amici fanno capolino dalle dune con in mano una cassa JBL portatile grande come una porchetta arrosto, e si sdraiano a pochi metri da te. In un istante, tutta la bellezza del mondo sparisce in un vortice di musica brutta e il tuo cuore va in mille pezzi.

All’inizio pensi che ci sia un errore, forse non ti hanno visto—come possono dimostrare cotanto egoismo di proposito? La tensione sale, un confronto diretto sembra inevitabile. Ma, per citare Mike Tyson, “hanno tutti un piano, finché non ricevono un pugno in faccia.” Ragionando sulle sagge parole del pugile, decidi che la tua arma in questa battaglia saranno solo un paio di sospiri passivo-aggressivi. Ovviamente, non risolvono un cazzo.

Da quando le casse (o speaker che dir si voglia) con una qualità di suono tra il dignitoso e il discreto sono diventate piccole, economiche e portatili, molti spazi pubblici sono diventati un inferno sonoro. Questi dispositivi sono una minaccia per qualsiasi persona voglia godersi un momento di pace nel parco o sulla banchina della metro. Solo pensarci mi fa accapponare la pelle. Di questi tempi, fai fatica a organizzare qualsiasi cosa senza che qualcuno, a un certo punto, chieda: “chi porta la cassa?”. Non importa dove stai andando.

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Persino chi fa ciclismo—che già sembra voler rovinare la vita al maggior numero possibile di persone intorno a sé—si sta interessando al fenomeno. Vedi questi moderni centauri sfrecciare sulle loro biciclette da 10.000 euro con una cassa delle dimensioni di un bambino di sei anni attaccata al telaio in carbonio, mentre pompano per nessuna ragione playlist intitolate “Berlin Calling”. Le stesse playlist trovano un modo per raggiungere le tue orecchie anche nella piazza di quartiere, diffuse da un tizio di 30 anni circa che, dopo aver passato la settimana a fare riunioni e presentazioni in ufficio, ha deciso di trascinare un impianto intero in giro dentro una borsa di tela.

Benvenute e benvenuti in un mondo in cui la festa non finisce mai, fa tutto rumore e ti senti sempre in un episodio brutto di Euphoria.

Vedo già un po’ di persone scrivere con furia funesta nei commenti “Ohhhhh scusa se ascolto musica e sono felice.” Mettiamo le cose in chiaro: ascoltare la musica è bellissimo. Fa molto bene. È necessario, anche. Le persone che non ascoltano musica (o, peggio, quelle che ascoltano “un po’ di tutto”) nascondono qualcosa. Ma non significa che tu non possa farlo a casa, o con le cuffie nelle orecchie se sei all’aperto—in altre parole, privatamente, senza dover coinvolgere tutte le persone intorno a te nella sessione di ascolto—fatta eccezione ovviamente per concerti o serate organizzate in comitiva.

Cosa pensi che succederebbe se io camminassi per la strada con la mia cassa Bose che spara “People=Shit” degli Slipknot? Quante vite rovinerei quel giorno? La musica, come tante delle cose che ci attraversano il cervello, non deve per forza essere e sistematicamente condivisa con altri.

Dobbiamo già fare i conti con guerre, crisi climatica, inflazione, la prima colonscopia che ti dà il benvenuto quando compi 30 anni—la vita è dura così com’è, abbiate pietà.