Attualità

La storia di Violet Gibson, la donna che sparò a Mussolini

Per anni la vicenda dell'attentatrice irlandese è rimasta sconosciuta, ma ora la donna è stata riabilitata in patria e celebrata come "rivoluzionaria antifascista."
Leonardo Bianchi
Rome, IT
violet gibson
Benito Mussolini con un visto cerotto sul naso dopo l'attentato di Violet Gibson, a destra. Foto di Mussolini viasoWikimedia Commons/Pubblico dominio; di Violet Gibson, via Wikimedia Commons/Pubblico dominio.

Aggiornamento dell’11/01/2023: l’articolo è stato aggiornato e rivisto dopo l’apposizione della targa commemorativa per Violet Gibson a Dublino.

Il 7 aprile del 1926 a Roma, mentre Benito Mussolini era uscito dal Campidoglio dove aveva inaugurato un congresso di chirurgia, una donna irlandese di 50 anni di nome Violet Gibson uscì dalla folla e gli sparò a bruciapelo.

Il proiettile sfiorò il naso del Duce, ferendolo lievemente. La donna cercò di sparare di nuovo, ma la pistolà si inceppò. Gibson venne quasi linciata dalla folla, e la polizia riuscì ad allontanarla a fatica.

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Si trattava di uno dei diversi attentati tentati contro il Duce tra il 1925 e il 1932, nonché quello che arrivò più vicino al compimento.

Ma chi era Gibson? Di origini aristocratiche, era arrivata in Italia dopo una vita piuttosto irrequieta e turbolenta—segnata da conversioni religiose e anche da un ricovero con una diagnosi di “mania omicida,” dopo aver cercato di accoltellare la sua cameriera a Londra. Nel 1925 cercò anche di suicidarsi nel convento di Roma in cui abitava.

L’anno dopo maturò la convinzione di dover uccidere ("per il volere di Dio") Benito Mussolini, che all’epoca stava consolidando il regime fascista dopo l’assassinio di Giacomo Matteotti e l’approvazione delle cosiddette “leggi fascistissime.”

Subito dopo l’attentato, le autorità fasciste la definirono una “squilibrata” istigata da “provocatori,” e la deportarono verso il Regno Unito—anche per evitare di dover celebrare il processo in Italia.

Gibson venne internata nel manicomio di St. Andrew’s a Northampton, dove rimase fino alla morte nel 1956.

Per decenni, la sua storia è stata quasi sconosciuta sia in Irlanda che in Italia. È tornata alla luce solo in tempi recenti: prima con il libro del 2010 La donna che sparò a Mussolini della storica Frances Stonor Saunders; e poi con un documentario radiofonico trasmesso nel 2014 sull’emittente irlandese RTÉ.

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Come riporta la stessa RTÉ, è possibile che le condizioni mentali della donna siano state esagerate di proposito, e che Gibson abbia a lungo seguito i movimenti di Mussolini e sia stata aiutata nell’organizzare l’attentato.

Nel febbraio del 2021 il consiglio comunale di Dublino ha approvato una mozione, presentata dal consigliere indipendente Mannix Flynn, con cui si impegnava a dedicare una targa commemorativa a Gibson. La targa è stata infine apposta nell’ottobre del 2022 al numero 12 di Merrion Square, dove si trovava la sua casa di infanzia.

Flynn ha dichiarato alla BBC di voler rendere omaggio all’impegno politico della donna, definita una “antifascista convinta” nonché un’attivista per i diritti delle donne, e di rimetterla nel posto “che le spetta nella storia delle donne irlandesi e di questa nazione.”

Per il consigliere, inoltre, “se lo stesso gesto fosse stato compiuto da un uomo, probabilmente sarebbe stato celebrato con una statua. Ma siccome era una donna, è stata invece dichiarata pazza e sbattuta in un manicomio.”

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