Sebbene in Italia la regolamentazione della prostituzione sia piuttosto incasinata dall’approvazione della Legge Merlin, sappiamo tutti che il fenomeno—tra discussioni su zone di tolleranza e sentenze su tasse da far pagare ai sex worker—esiste. In tal senso anche le stime su chi lavora in questo settore sono sempre piuttosto fittizie, perché nessuno può avere la certezza che quell’andirivieni di gente al terzo piano del suo condominio sia soltanto un’impressione.
A non aver mai avuto problemi a dire ai suoi vicini l’attività che svolge è Francesco Mangiacapra, un escort di professione che vive a Napoli. A tal punto che ha scritto Il numero uno. Confessioni di un marchettaro, un libro in cui parla della sua esperienza, di come è il mercato in città e dei suoi clienti.
Videos by VICE
“I clienti più sportivi l’hanno presa con intelligenza, mentre quelli più ingenui ci sono rimasti male, ma ho aperto loro un mondo. Non ho scritto della mia esperienza per fare pubblicità alla mia attività di gigolò, anzi ero ben consapevole che avrebbe distolto molte persone dal venire con me,” mi spiega Francesco. “Nel mio racconto non nascondo di non stimare chi paga per fare sesso, semplicemente perché so cosa c’è dall’altra parte.”
Nel resto della nostra conversazione, invece, abbiamo parlato di quanto questo lavoro possa incidere sulla propria vita privata, di pregiudizi e tecniche che usa coi clienti.
VICE: Come sei diventato un escort?
Francesco Mangiacapra: Mi ero laureato da poco in giurisprudenza, e da qualche mese svolgevo il praticantato per diventare avvocato in uno studio. Tradotto: non avevo per nulla un’indipendenza economica né prospettive lavorative certe. Quindi ho pensato che vendere a buon prezzo il corpo piuttosto che “svendermi” per una retribuzione poco adeguata potesse essere un’alternativa valida. Capisco che può sembrare una scelta un po’ ardita, ma non ho mai avuto paura del giudizio degli altri.
Com’è stata la tua prima volta? E l’ultima?
La mia prima volta non è stata programmata, è successa un po’ per caso. Una persona con cui non sarei mai andato gratis mi propose di pagarmi per fare sesso e io mi incuriosii. Era—guarda le coincidenze della vita—un avvocato e per venti minuti insieme mi avrebbe sborsato esattamente quanto guadagnavo in un mese da praticante avvocato. Accettai, non perché volessi prostituirmi né perché avessi impellente bisogno di denaro, piuttosto per nutrire la mia autostima, al tempo molto diversa rispetto a oggi.
Poco dopo ho compreso che si trattava di un buon business, ma un business a tempo. E non avevo tempo da perdere, dato che avevo già quasi 30 anni. Quindi ho messo il primo annuncio online, e i primi clienti hanno iniziato ad arrivare.
Per quanto riguarda invece l’ultimo cliente, detto sinceramente non ricordo: sono tutti simili dopo un po’.
Com’è il tuo cliente tipo?
La rosa della clientela è talmente ampia e diversificata per estrazione sociale, età, stato civile, professione, orientamento sessuale, provenienza geografica che di fatto non esiste nessun prototipo di cliente. Il cliente single, la cliente sola, la coppia di clienti, coppia gay o coppia etero, coppia di sposi, coppia di amanti, coppia di amici lui e lei o coppia gay con amico, coppia etero con amica, cliente con l’amico, cliente con l’amica, cliente per due escort, due clienti per un escort, due clienti per due escort: per me è lavoro. Anche se, in proporzione, i clienti uomini sono sempre di più delle donne.
E ti dirò di più: nella mia esperienza ho notato che le persone più “insospettabili”, che non penseresti mai pagherebbero per fare sesso, sono spesso quelle che vivono un rapporto più conflittuale con le proprie fantasie sessuali—che più sono represse, più si palesano con veemenza a letto.
Come si svolge un incontro? C’è imbarazzo quando il cliente si presenta e al momento del pagamento?
Bisogna partire subito da una premessa: il rapporto sessuale è solo l’ultimo passo di un processo lento fatto di relazioni da coltivare, marketing quotidiano, presenza e assenza quando serve.
Dal canto mio col cliente cerco di instaurare un dialogo, mentre lo studio dallo specchio di fronte al mio letto. “Hai fatto più tu che il mio psicologo” è una frase che mi sono sentito ripetere più di una volta da diversi clienti. Fingo di credere a tutto quello che i clienti mi dicono (per esempio quando si creano un’identità fittizia), li ascolto, li gratifico e loro sono felici così. D’altronde, pagano anche per ritagliarsi un momento da protagonisti.
In ogni caso, il momento del pagamento è la sintesi del profilo psicologico del cliente: Il più sereno con se stesso mi dà i soldi come stesse pagando al casello all’autostrada; il più timido lo chiama regalo, parola che odio perché i soldi me li sudo; il più tecnico e disinibito lo chiama onorario o parcella, come fossi un professionista a tutti gli effetti—e lo sono. Poi, c’è chi i soldi me li lascia sul tavolo, oppure me li mette in tasca, oppure in una mano furtivamente, oppure in una busta già preparata. Il più romantico aggiunge addirittura una dedica. Mentre il nostalgico dei titoli di credito, il vecchio professionista che non ha dimestichezza con il bancomat, mi paga con assegno.
Come fai se un cliente non ti piace?
Non faccio uso di droghe né di farmaci, quindi il gioco di testa quando il cliente non mi galvanizza particolarmente è fondamentale. Ma anche nel caso in cui mi capiti come cliente un bel ragazzo, in realtà non riesco a godere appieno della situazione e del momento. Solo per il fatto che sia un cliente e non una persona che incontro per mia volontà, non riesco a lasciarmi andare come vorrei.
Hai mai accettato di farlo senza preservativo?
Chi va a puttane è il primo ad avere paura di beccarsi qualche MST, quindi è raro che venga fatta questa richiesta. Nel mio caso, ho sempre fatto sesso protetto ed evitato pratiche a rischio. Di conseguenza non ho mai contratto nessuna malattia sessualmente trasmissibile, a differenza di tante persone che non fanno il mio lavoro.
Vorrei approfittarne, per ricordare che molti casi di contagio di malattie sessualmente trasmissibili avvengono proprio tra persone poco avvezze al sesso occasionale, che si fidano delle poche persone con cui vanno. Per contrarre una malattia non bastano cento scopate con il preservativo, ne serve appena una senza.
Quali sono i clienti e le richieste più strane che ti sono state fatte?
Nonostante faccia questo lavoro da diversi anni, mi capita ancora di stupirmi per quanto possano essere bizzarre alcune fantasie sessuali—soprattutto perché, paradossalmente, non sono mai legate al sesso in senso stretto. Una volta un cliente si è presentato con un pannolino. Un altro ci teneva a a fare un nodo al preservativo e conservarlo con il mio sperma dentro. Qualcuno mi ha pagato per venire a fare i servizi domestici in casa. Poi ci sono sempre molte persone che pagano per farsi insultare, percuotere, torturare.
Nel libro dici di prestare servizi di alta qualità, ma anche a “prezzo ridotto” o “low cost” a seconda dei casi. Da cosa dipende?
Nel mio caso, non esiste nessuna tariffa. Esiste solo la cifra massima che un cliente è disposto a sborsare ed è quella a cui io punto. Sapersi vendere è più importante di ciò che vendiamo, soprattutto per fidelizzare i clienti.
A un certo punto ho iniziato a definirmi il migliore sul mercato, affinché le persone contribuissero a farmi diventare tale nell’opinione collettiva. Questo, per me, è self-marketing. Il cliente che sceglie me lo fa perché gli offro qualcosa che in giro non c’è, e poco importa se nell’annuncio c’è qualche centimetro di altezza o di cazzo in più—la qualità è quello che il cliente cerca.
È possibile per un escort avere una relazione stabile?
Detto con tutta onestà: nella mia esperienza ho notato che le persone preferiscono avere un partner che le tradisce di nascosto piuttosto che accettare l’idea che la monogamia sia soltanto un castrante sociale datato e la vera fedeltà consiste nella sincerità reciproca. Con i vari tentativi di instaurare una relazione ho solo provato a modo mio di aprirmi la strada verso la felicità, e non è stata la strada più facile né la più comoda. Probabilmente un giorno incontrerò la persona giusta come capita a molti altri, oppure forse sarò preso dal lavoro e non sarò in grado di riconoscerla. Quello che è certo, è che non ho mai chiuso la porta in faccia a nessuno.
Pensi mai a cosa farai una volta che avrai finito con questo mestiere?
Mentre svolgevo già la professione di escort, ho deciso di abilitarmi comunque alla professione di avvocato. Non esercito, ma ho tenuto a fare l’esame di Stato per ribadire a me stesso e al prossimo quanto la mia sia una scelta circostanziata e non un ripiego.
L’attività di un escort è certamente meno longeva di altre, ma più fruttuosa. Senza dubbio, mi lascerà una sicurezza economica su cui poter contare anche in futuro. Credo però che la domanda sul futuro lavorativo non sarebbe meno curiosa se la rivolgessi a un qualunque mio coetaneo, laureato, che lavora in un call center, con un contratto a tempo determinato.
Segui Vincenzo su Twitter