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"Poi sua madre ha aperto la porta”: sei storie di persone beccate a fare sesso

Il sesso è una cosa molto divertente ma anche molto rischiosa: soprattutto quando non hai una casa tutta per te c'è sempre il rischio che qualcuno appaia nella stanza in cui lo stai facendo.
Illustrazione di Carla Uriarte. Alcune di queste storie sono italiane, altre sono apparse su VICE UK

Il sesso è una cosa meravigliosa, che generalmente si comincia a esplorare molto prima di quando si provi l'ebrezza di abbandonare il nido famigliare o ci si guadagni il lusso di potersi permettere una casa libera da coinquilini universitari e serrature senza chiavi.

Proprio per questi motivi ci sono buone probabilità che siate stati colti almeno una volta in flagrante, e ancora più possibilità che abbiate scoperto un fratello, un amico o uno sconosciuto impegnato in un corpo-a-corpo. Magari passavate per una strada poco affollata e vi siete accorti che c'era qualcosa di un po' strano in macchina, o è stata la madre del vostro ragazzo che ancora una volta ha deciso di non bussare.

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Comunque sia, se sul momento farsi scoprire nell'atto può essere molto traumatico, in seguito può essere motivo di grandi risate. Abbiamo chiesto a un po' di persone che hanno dovuto interrompere forzatamente il coito a causa dell'ingresso di una parte terza di raccontarci le loro storie.

GIORGIO, 30 ANNI

Era dieci anni fa, mi sembra fosse inverno perché indossavamo giacche pesanti. Con un po' di amici avevamo deciso di riadattare la cantina di uno di noi a luogo di birre e droghe da salotto, per passarci le serate: avevamo dipinto i muri, recuperato un pavimento in legno a scacchi bianchi e neri, un divano, un tavolino, tanti posacenere, e anche un mezzo frigo. Sull'angolo alto a destra avevamo incastrato un'orca assassina gonfiabile che guardava il divano. Comunque, tanto per chiarire, nessuno l'aveva pensato come luogo di incontri sessuali notturni, perché faceva schifo: insomma, era una cantina, chiusa, umida, con muffa. In più la usavamo per fumare, e bere, ininterrottamente, senza aprire mai la porta. L'unica finestrella dava sui palazzi limitrofi—il cielo e le nuvole li avevamo solo disegnati alle pareti.

Quella sera però ero in macchina con la mia allora ragazza e abbiamo pensato di dare un nuovo significato alla cantina; non avevamo nemmeno le chiavi esterne, perciò abbiamo dovuto scavalcare il cancello e abbiamo fatto il percorso come due ladri, radenti alle pareti. Alla fine siamo riusciti a entrare e ci siamo buttati sul divano (la copertura blu con i fiorellini blu scuro l'avevo rubata a mia madre). Un quarto d'ora dopo però il proprietario della cantina (fortunatamente il nostro amico e non i suoi genitori) è tornato a casa e ha sentito dei rumori, perciò è venuto a vedere: è finita che ha tirato prima un urlo, e poi è corso via gridando scusa scusa scusa—ma tante volte, anche con l'eco in lontananza. Forse però non aveva sentito nessun rumore e voleva starsene da solo, nella sua cantina, a cercare mozziconi di canne. Non ne abbiamo (quasi) più parlato.

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LILY, 27 ANNI

Eravamo al liceo, e stavo cercando di usare dei preservativi che ci avevano dato scuola, ma a quanto pare erano troppo piccoli per il pene del mio ragazzo. Perciò ci siamo messi a ridere e ad aprirli e lanciarli ovunque, nudi. A quel punto sua madre ha fatto la mossa del "busso una volta ed entro". Ci siamo buttati addosso dei vestiti a caso, e quando lei ci ha visti eravamo sul letto che fissavamo una televisione spenta, circondati da preservativi srotolati e confezioni rotte. Un'altra volta quella stessa madre è entrata mentre io facevo un pompino a suo figlio. Lui si è abbassato per coprirmi, io istintivamente mi sono alzata, e ci siamo dati una testata molto forte. Sono caduta a terra, e lui si è mezzo tirato su i pantaloni. E così ci ha beccato la seconda volta.

LEON, 23 ANNI

Caterina mi era venuta a trovare a casa: vivevo ancora dai miei. Ci siamo fatti una birra in terrazzo, abbiamo mangiato delle patatine e visto che era quasi una settimana che non ci vedevamo, avevamo entrambi voglia di farlo. Così senza pensarci troppo siamo andati in camera. Ora, avevo (sigh) un cane che si chiamava Teo ed era solito dormire sotto la scrivania. La sua presenza non ci aveva infastidito anche perché eravamo entrambi abbastanza eccitati. Così iniziamo a spogliarci e a toccarci. Poi abbiamo iniziato a farlo.

Lei si era messa sopra e cercavamo di fare più piano possibile—come noi sentivamo la voce di Rita dalla Chiesa diffusa in sala, i miei non avrebbero faticato a sentire il cigolio delle molle del letto. Solo che siamo stati così bravi a non farci sentire che il mio patrigno è entrato in camera come se niente fosse, per chiederci cosa preparare per cena. Appena entrato, è rimasto fermo immobile per qualche secondo a fissare alternativamente la testa di Caterina che si muoveva, la mia faccia, il cane. Mentre lui stava lì immobile, sono riuscito a dire l'unica cosa da non dire, "Non è come sembra." È uscito senza dire niente e noi non siamo riusciti a finire quello che avevamo iniziato per l'imbarazzo e il silenzio che erano calati. A cena abbiamo mangiato polpette di melanzane che ogni tanto allungavo a Teo sotto il tavolo.

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ALEX, 23 ANNI

All'università condividevo una casa coi miei compagni di corso. Non mi chiudevo mai a chiave in camera, e quella volta stavo facendo sesso in una posizione tale per cui io guardavo la porta e lei no. Il letto era di quelli che fanno parte di una struttura di legno e appena ti muovi si ribaltano e vanno "a muro", perciò immagino che tra l'attenzione a non farmi ribaltare e la passione del momento il mio coinquilino che bussava fosse l'ultimo dei miei problemi. Poi ho visto la porta spalancarsi, ed ecco lì il mio coinquilino rosso in volto che mi guarda fisso. "Sì?" ho detto, senza fermarmi. "Niente," ha risposto, e poi se ne è andato camminando all'indietro e chiudendo la porta, come nel rewind in cui sia io che lui forse speravamo.

ALESSIA, 25 ANNI

La prima volta che sono stata "beccata" era un pomeriggio d'estate: i suoi erano al mare, le tapparelle erano abbassate e per precauzione la porta d'ingresso era stata chiusa lasciando la chiave nella serratura, quindi non c'erano motivi per non starsene nudi sul letto col ventilatore puntato contro. Tra un cambio di posizione e l'altro, però, mi sono girata e lui era lì che ci fissava, a metà tra la porta della camera e il salotto, con la bocca leggermente aperta: era lo Yorkshire della sorella del mio ragazzo, e non sono riuscita a ricominciare finché non è stato portato in giardino e chiuso fuori. Dopo di lui, fino ad oggi è successo con un altro cane e almeno due gatti (i gatti si mimetizzano meglio e hanno la decenza di fare meno rumore). Alla maggior parte della gente non disturba trovarsi nella stessa stanza con cani e gatti in momenti del genere, e la reazione è stata ogni volta "ma che fastidio vuoi che ti dia." Ma i loro occhi, la testa un po' inclinata e il passo indeciso di quando ti prendono alla sprovvista mi fanno pensare che sappiano perfettamente cosa sta succedendo.

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RYAN, 32 ANNI

Stavo facendo l'amore… con me stesso. Ero un adolescente che aveva scoperto una cosa nuova, e la facevo così frequentemente che era scontato che prima o poi qualcuno mi avrebbe beccato. Quel qualcuno alla fine è stata mia madre. Quando ha aperto la porta della mia camera buia, le luci del corridoio hanno proiettato sul pavimento un quadro giallognolo che arrivava proprio ai piedi del letto. Mi sono girato dall'altro lato e mi sono coperto con il lenzuolo. "Che fai?" mi ha chiesto. Non ho risposto. Ero troppo mortificato per farlo. Me lo ha chiesto di nuovo, e quando ho cercato di rispondere "sto cercando di dormire," mi si deve essere spezzata la voce, perché la mossa successiva di mia madre è stata quella di venire avanti, sedersi sul letto, e mettermi affettuosamente una mano sulla spalla. A quel punto sono quasi morto.

"Ryan, cosa c'è che non va?" mi ha chiesto, con tono preoccupato.

Non sono sicuro di aver risposto. Ero immobilizzato dalla paura. Era domenica, e in chiesa quella mattina avevamo saputo che Padre Adam, il nostro parroco, aveva perso la sua battaglia con il cancro. "Sei triste per Padre Adam?" mi ha chiesto. Ho detto di sì, e lei mi ha dato una pacca sulla spalla e mi ha detto che se avevo domande o bisogno di parlare, potevo contare su di lei. L'ho ringraziata per mettere fine alla conversazione. È uscita dalla stanza, e ho ricominciato a darci dentro come niente fosse.

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Illustrazione di Carla Uriarte. Alcune di queste storie sono italiane, altre sono apparse su VICE UK