La travagliata storia del Mein Kampf in Italia

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La travagliata storia del Mein Kampf in Italia

Nel gennaio di quest'anno è stato ripubblicato per la prima volta in Germania il testo ritenuto "fondativo" del nazismo. Abbiamo ripercorso la sua vicenda editoriale in Italia per capire se e perché leggere questo "stupido e assurdo libro" è importante.

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La figura di Hitler e tutto ciò che le fa da contorno è quantomeno controversa. Ancora oggi, a settant'anni dalla sua morte (e a 127 anni esatti dalla sua nascita), continuano a emergere nuovi dettagli e aneddoti che lo riguardano. E come la sua storia, non poteva che essere controversa anche quella del saggio che racchiude il suo pensiero: il Mein Kampf.

A gennaio di quest'anno, infatti, sono scaduti i diritti d'autore sul testo ed è stato possibile ripubblicarlo in Germania, dove fino a quel momento la Baviera—che controllava i diritti in quanto erede della casa editrice centrale del Partito Nazista—aveva impedito la ristampa per contrastare l'uso del Mein Kampf nella propaganda neonazista.

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Con l'avvicinarsi della scadenza del copyright, la questione principale al centro del dibattito è stata quella della legittimità di una ristampa dell'originale. Secondo chi vi si oppone—in primis la comunità ebraica tedesca e alcuni sopravvissuti all'Olocausto—ripubblicare il testo integrale del Mein Kampf non avrebbe alcun valore storico, ma sarebbe solo un atto politico. I curatori della nuova edizione tedesca, invece, sostengono che, vista la già ampia disponibilità del testo su internet e in versioni in lingue straniere, pubblicare un'edizione commentata del saggio nazista non possa far altro che contestualizzare e depotenziare il testo.

L'8 gennaio scorso, infine, questa nuova edizione tedesca è arrivata in libreria. Si tratta di una versione curata dall'Istituto Tedesco di Storia Contemporanea e realizzata con il preciso scopo di "svuotare la propaganda hitleriana del suo fascino, pezzo per pezzo." A quanto pare, le 4000 copie della prima tiratura sarebbero andate esaurite nel primo giorno di vendite, dimostrando l'interesse tuttora esercitato dal testo a prescindere dai dibattiti in materia.

In Italia le cose sono andate molto diversamente, e il dibattito intorno al Mein Kampf non ha mai riguardato direttamente la possibilità di diffonderlo, fatto peraltro testimoniato dalla grande varietà di edizioni e di parti politiche coinvolte nella sua diffusione dal 1934 ai giorni nostri. Ma è proprio questo aspetto, unito alle circostanze della sua prima traduzione in Italia con l'intervento di Mussolini, a essere relativamente sconosciuto e sicuramente interessante.

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Per provare a ricostruire le prime fasi della storia editoriale del testo che lo stesso Mussolini aveva definito "un libro di cui tutti parlano ma che nessuno ha letto" ho quindi contattato Giorgio Fabre—che ne Il Contratto analizza il rapporto tra Mussolini e la pubblicazione del Mein Kampf.

Secondo Fabre, "in Italia il libro in quanto tale non ebbe mai un grande successo," arrivando da noi più che altro per la precisa volontà politica di Mussolini. La prima, parziale, edizione italiana del Main Kampf (risalente al 1934) fu di fatto il prodotto di una lunga trattativa tra i nazisti e Mussolini, che si risolse con un finanziamento di quest'ultimo a Hitler. Pur vedendo nel secondo un concorrente sul piano ideologico, infatti, il Duce protesse la "Bibbia" dell'estrema destra europea fino alla pubblicazione.

In pratica, secondo Fabre, il testo sarebbe stato pubblicato in Italia "solo come giustificazione di un supporto" e la sua pubblicazione fu un tentativo di finanziare e allo stesso tempo condizionare Hitler in un momento cruciale della storia europea. Inoltre, "essendo il libro di un capo di stato come Hitler, di destra e vicino alle posizioni del fascismo, oltre che da esse ispirato, come tematiche era vicino all'Italia."

Sempre secondo la ricostruzione di Fabre, Mondadori si rifiutò di pubblicare il testo perché aveva molti autori ebrei di punta e non voleva condizionare il rapporto con loro per un libro dal futuro incerto in termini di vendite. Bompiani invece accettò, intravedendo la possibilità di un rapporto diretto con il capo del governo. L'edizione Bompiani è stata ristampata nel 1943 e poi per circa 30 anni il testo non è stato più toccato.

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Per i decenni successivi, in Italia così come nel resto d'Europa, il testo è stato circondato da un'aura di mostruosità e pericolosità che ne ha impedito quasi ogni forma di divulgazione, facendo sì che si venisse a creare un grande interesse frustrato nel confronti dell'opera letteraria di Hitler.

Negli anni Settanta, l'editore Roberto Napoleone—definito dal Corriere della Sera "cossuttiano" e "un comunista tutt'altro che pentito, le cui idee hanno retto al crollo dei Muri e dell'URSS"—decise di ripubblicare il testo con lo scopo di "esibire il mostro in tutta la sua stupidità." Un'opinione condivisa anche da Indro Montanelli, che disse, "La lettura del Mein Kampf io la renderei, per legge, obbligatoria. Fuori dal contesto in cui fu concepito e scritto, quel libro non è che un caciucco di coglionerie."

L'edizione pubblicata da Napoleone fu ovviamente accolta tra le polemiche, ma andò esaurita in 15 giorni. Da quel momento la riedizione del Mein Kampf fu definitivamente sdoganata e il testo venne poi ripubblicato in Italia diverse altre volte, sia da destra che da sinistra. Tra le versioni più recenti figurano quella del 2009 delle Edizioni di Ar, casa editrice fondata e diretta dall'ex terrorista neofascista Franco Freda e dotata di un'intera collana dedicata ai fascismi, e quella pubblicata nel 2002 da Kaos Edizioni, curata da Giorgio Galli e dal sottotitolo assai eloquente, Le radici della barbarie nazista.

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Quest'ultimo caso rappresenta una specie di eccezione, poiché più che della riproposizione dell'opera completa si tratta di una rivisitazione. Come si può leggere in quarta di copertina, per Kaos e Galli la riedizione "ha un triplice significato: il rifiuto etico-intellettuale di ogni tabù e di qualunque forma di censura, la storicizzazione di un testo la cui lettura deve rappresentare un imperituro monito, la denuncia di rimozioni e mistificazioni."

Uno degli scopi è quello di "rompere l'aura 'leggendaria' del Mein Kampf alimentata dalla proibizione, sfatare una 'mitologia' fomentata dalla censura." Per fare questo, il testo si presenta accompagnato da un'introduzione antirazzista e da un'appendice contenente delle fotografie dei lager nazisti presentate senza commento. Nonostante questo, però, dopo l'uscita l'ambasciata tedesca a Roma scrisse agli autori affermando di riconoscere e condividere lo scopo del loro lavoro, contestando comunque la pubblicazione integrale del testo; qualche tempo dopo, l'edizione è stata dunque ristampata sopprimendo alcuni brani per venire incontro a questa richiesta.

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Nonostante quella che sembra essere una quantomeno sostanziosa diffusione del saggio nel nostro paese, però, secondo Fabre l'opera letteraria di Hitler non ha alcuna importanza o rilevanza nella cultura italiana. L'influenza del Mein Kampf sul fascismo, infatti, è più ridotta di quella che abbia esercitato il fascismo sulla persona di Hitler. "Hitler saggista," mi ha detto Fabre, "non ha alcuna importanza nella cultura italiana, gli stessi ideali fascisti influenzano il libro solo in minima parte. Piuttosto, il fascismo ha influenzato Hitler come persona portandolo a vedere in Mussolini il suo modello politico da seguire."

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Oggi, dentro e fuori dall'Italia, il principale argomento di discussione sul Mein Kampf riguarda più il piano morale che quello contenutistico, a riprova del fatto che anche nel terzo millennio sono più le persone che ne parlano di quelle che l'hanno effettivamente letto. Secondo Galli, però, sarebbe meglio che il Mein Kampf venisse letto di più, perché la sua lettura, quando è "assistita da tutte le riflessioni necessarie per comprenderne gli assunti senza esserne intossicati" funziona come una sorta di "vaccinazione della conoscenza."

Insomma, conoscere diventa ogni giorno più necessario come lezione sul passato e il futuro. E per fare questo bisogna far vedere che, fuori dal contesto storico a cui appartiene, il Mein Kampf è solo un libro brutto. Per citare sempre Galli, "la gente deve conoscere quanto assurdo e stupido sia questo libro."

Questo post è stato realizzato con la collaborazione di Mattia Salvia.

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