FYI.

This story is over 5 years old.

News

In Pakistan, le milizie islamiste hanno dichiarato guerra alle comunità cristiane

Anche in una città come Peshawar, colpita da alcuni dei più cruenti attacchi terroristici della storia del Paese, in pochi avrebbero potuto prevedere quanto accaduto poco più di una settimana fa.

Un'immagine dai funerali dopo gli ultimi attentati a Peshawar.

Anche in una città come Peshawar, colpita da alcuni dei più cruenti attacchi terroristici della storia del Paese, in pochi avrebbero potuto prevedere quanto accaduto poco più di una settimana fa.

A funzione terminata, fuori dalla Chiesa di Ognissanti si erano riversati centinaia di fedeli, raggiunti poco dopo dai bambini della scuola domenicale. In rapida successione, due attentatori presenti nella folla hanno fatto detonare i loro esplosivi uccidendo decine di presenti.

Pubblicità

Il bilancio parla di 85 vittime e 100 feriti, rendendo questo attacco uno dei più violenti mossi nei confronti di una minoranza religiosa già segnata da persecuzioni.

"Le stime iniziali parlavano di 120 morti," ricorda il giornalista Iftikhar Firdous nel descrivere le scene di cui è stato testimone sul luogo dell'esplosione. "Solitamente sono 15 o 20 [i morti]. Qualche volta si fanno stime esagerate, ma quando sono 120…"

Da Peshawar, padre John Williams—membro della Commissione Nazionale per la Pace e la Giustizia, un'organizzazione pakistana—mi ha detto: "C'è una famiglia che ha perso il padre, un figlio e una figlia. La madre è viva, ma non può più camminare. Tante famiglie sono state distrutte. Una famiglia aveva lasciato i due figli più piccoli a casa, gli altri sono tutti morti nell'esplosione. Questi sono solo alcuni esempi. Che succederà adesso a queste persone? Alcuni resteranno paralizzati o disabili."

I cristiani di tutto il Pakistan hanno protestato contro gli attentati.

A rivendicare l'attacco sarebbe stato il gruppo militante sunnita Jundullah, proprio mentre il governo pakistano era alle prese coi preparativi per i negoziati di pace con il Tehrik-e-Taliban Pakistan a conclusione di dieci anni di scontri. Non sorprende che la strage di domenica scorsa, insieme a un altro attacco contro alcuni alti ufficiali militari nella provincia di Khyber Pakhtunkhwa verificatosi all'inizio di questo mese, abbia messo un freno ai trattati: il primo ministro Nawaz Sharif sostiene che ora come ora è difficile aprire una trattativa.

Pubblicità

I principali sostenitori dei colloqui di pace, il partito Tehreek-e-Insaf e il suo leader Imran Khan, sono stati ampiamente criticati in seguito agli attentati, mentre i canali televisivi più influenti del Paese hanno accusato aspramente il partito—a capo della provincia colpita—per non aver inviato un singolo ufficiale sul luogo dell'attentato o all'ospedale.

Mentre i politici e il governo riflettono sul da farsi con il TTP, la comunità cristiana pakistana si sente sempre più in pericolo.

La Chiesa di Ognissanti a Peshawar, luogo dell'esplosione.

Secondo un censimento del 1998, i cristiani costituiscono meno del due percento della popolazione del Pakistan. Con una manciata di rappresentanti eletti, restano dunque pressoché esclusi dal dibattito politico così come dalla militanza. Ma il TTP li avrebbe presi di mira sostenendo che "sono i nemici dell'Islam, e per questo li abbiamo attaccati. I nostri attacchi contro gli infedeli in terra pakistana proseguiranno."

Eppure, il TTP è solo un altro nemico—sia pure molto influente e potente—nella lunga lista di coloro che hanno preso di mira i cristiani, ad esempio attraverso le leggi sulla blasfemia. La legislazione risalente all'epoca coloniale condanna infatti tutti gli atti di blasfemia, ma colpisce soprattutto i membri delle minoranze religiose e dell'Ahmadiyya, una setta musulmana che il Pakistan ha scomunicato dall'Islam.

Negli anni, molti cristiani sono stati accusati, processati e incarcerati con la falsa accusa di blasfemia. Nel 2010, una cristiana è stata condannata a morte, e nel corso del 2011 quanti si erano mobilitati in sua difesa—un ministro cristiano e il governatore musulmano della provincia di Punjab—sono stati assassinati. Lo scorso anno Rimsha Masih, un'adolescente cristiana, è stata accusata di blasfemia da un esponente religioso. Dopo che le accuse si sono dimostrate false, la ragazza e la sua famiglia hanno cercato asilo in Canada. Nella pratica, poi, problemi del genere nascono spesso per dirimere questioni personali ed economiche: se i cristiani lasciano i loro quartieri per paura delle ritorsioni, i loro negozi e le loro attività diventano un bottino.

Pubblicità

Queste corone di fiori sono state sistemate sul luogo dell'esplosione in segno di rispetto per i martiri uccisi e come richiesta di provvedimenti contro l'incompetenza della polizia.

Ma alcuni casi non arrivano in tribunale. Nel corso degli ultimi cinque anni, i quartieri cristiani hanno dovuto affrontare la giustizia fai-da-te frutto dalla linea dura dettata dalle autorità religiose islamiche e dai gruppi settari determinati a "vendicare" gli atti di blasfemia. Per anni la violenza ha seguito un modello sorprendentemente familiare: le case vengono saccheggiate, incendiate, e i cristiani bruciati vivi.

Nel 2009, le colonie cristiane di Gojra e Korian sono state prese di mira dopo che si era diffusa la notizia di una profanazione del Corano. Otto cristiani vennero uccisi, una chiesa fu distrutta e decine di case furono bruciate.

A marzo, una discussione tra un cristiano e un ragazzo musulmano a Lahore si è conclusa con un'accusa di blasfemia. Proprio come a Gorja quattro anni prima, un gruppo ha devastato la zona e ha dato alle fiamme più di 100 case. In entrambi i casi alcuni testimoni hanno detto che la polizia è rimasta a guardare, lasciando che le violenze si propagassero.

L'interno della Chiesa di Ognissanti.

L'aumento di simili attacchi, l'assassinio del ministro cristiano e la possibilità che le persecuzioni si propaghino nell'indifferenza delle autorità ha reso la comunità cristiana molto timorosa e attenta a ogni parola o gesto. Il sacerdote della Chiesa di Gojra, Padre Yaqub Yusuf, mi ha detto, "Siamo diventati un bersaglio. Non c'è nessun leader che si schieri in nostra difesa."

Pubblicità

"Non sappiamo cosa accadrà in futuro," ha concluso. "Anche la maggioranza, i musulmani, non sono sicuri qui."

Cristiani a Peshawar.

L'attacco può aver spaventato tutto il Pakistan, ma se le ripercussioni sui quartieri cristiani sono evidenti, è probabile che il resto della popolazione si dimenticherà dell'accaduto in poche settimane. A Gorja, dove le case carbonizzate testimoniano ancora le violenze del 2009, alcuni dei cristiani che hanno protestato contro gli attentati sono stati arrestati dalla polizia. Come spiegatomi da Padre Yusuf, "Qualcuno ha maliziosamente sostenuto che i manifestanti brandissero cartelli con su scritti dei versetti coranici. Non è quello che è successo, ma questo tipo di accuse spaventa le persone, già molto caute riguardo a ciò che dicono e fanno."

Il governo ha promesso di agire contro i responsabili degli attentati. Ma anche se verrà fatta giustizia contro i militanti estremisti—o se saranno aperti dei negoziati di pace—il clima di paura generato dalla legge sulla blasfemia e dalla diffusa discriminazione non abbandonerà il Paese. E lo stato—almeno per ora—non ha intenzione di cambiare le cose.

Segui Saba su Twitter: @Saba_Imtiaz

Altro dal Pakistan:

La guida di VICE a Karachi