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Cosa abbiamo visto a Svilupparty 2019, la festa degli sviluppatori indie di videogiochi

Siamo stati alla festa che si tiene da 10 anni a Bologna, per farci un'idea di quali sono le idee più matte e radicali della scena indie italiana e bere un bel po' di birra.
Matteo Lupetti
Asciano, IT
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Svilupparty 2019. Immagine per gentile concessione di Italian Party of Indie Developers e Archivio Videoludico

Sabato sera i tavoli della sala e delle salette laterali della Biblioteca Renzo Renzi della Cineteca di Bologna erano stipate di computer, smartphone e console, di pubblico che camminava tra i banchi e di sviluppatori intenti a mostrare, raccontare e far provare una quarantina di videogiochi diversi. Ma, ad un certo punto, quasi tutta la folla si è spinta in fondo alla sala, nello spazio dedicato alle presentazioni: era il momento del Tuggurt Verdolino, il “premio al miglior gioco diversamente originale,” il riconoscimento più bislacco della scena videoludica italiana ed evento culmine del sabato di Svilupparty.

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Svilupparty — che nel 2019 ha festeggiato i suoi primi dieci anni — è il raduno annuale degli sviluppatori italiani e indipendenti di videogiochi ed è organizzato e promosso dall’associazione Italian Party of Indie Developers (IPID) e dall’Archivio Videoludico della Cineteca di Bologna, che ospita anche l’evento. Per due giorni — il sabato e la domenica — i piccoli studi di sviluppo italiani espongono i loro ultimi videogiochi. Il giorno prima — il venerdì — si svolge Svilupparty Beta, una serie di conferenze tenute da professionisti italiani e stranieri. L’accesso a tutti gli eventi è gratuito, e anche se gli incontri di Svilupparty Beta sono indirizzati soprattutto a sviluppatori e studenti le due giornate di Svilupparty sono una grande occasione per tutti coloro che vogliono scoprire e incontrare gli studi di sviluppo italiani e provare in anteprima i loro videogiochi.

file://maniac. Gif via: Itch.io

Ma Svilupparty è soprattutto un’occasione per gli stessi creatori dei videogiochi. A volte gli sviluppatori della stessa squadra vivono lontani — sparsi per tutta l’Italia — e collaborano in remoto senza quasi mai incontrarsi di persona. Svilupparty è una dei rari momenti in cui si riuniscono insieme, ed è un’opportunità per incontrare colleghi con cui durante l’anno parlano solo via internet, sui gruppi specializzati presenti su Facebook o nei server di Discord (una piattaforma di chat vocale e testuale dedicata soprattutto ai videogiocatori). E per persone che passano gran parte del loro tempo davanti a un computer — fisicamente isolate dalla loro comunità — tutto ciò è davvero rinfrescante.

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C’è un clima familiare e festoso (anche grazie alla birra gratis con cui IPID inonda i suoi soci) che incoraggia gli sviluppatori a portare i propri prototipi per avere un primo parere dagli altri sviluppatori, dalla stampa e dagli appassionati. Alcuni dei progetti sono appena nati, sono solo un accrocchio di funzionalità implementate in fretta e furia e di elementi (grafica, suoni…) recuperati altrove e intanto inseriti in attesa di avere una chiara idea di come sarà il gioco.

“[Svilupparty] ci dà l’entusiasmo per andare avanti,” hanno detto a Motherboard gli sviluppatori di Imaginary Lab, al lavoro sull’avventura grafica Willy Morgan che da tre anni viene mostrata a Svilupparty ed è ormai quasi pronta all’uscita. Le avventure grafiche — videogiochi basati su enigmi e oggetti da raccogliere nello stile di Monkey Island — sono scomparse dai cataloghi dei grandi sviluppatori e dei grandi editori ma serbano ancora un posto importante nel cuore dei vecchi appassionati e degli sviluppatori indipendenti. E sono quindi assai presenti tra i progetti mostrati a Svilupparty, insieme ad altri generi tipici dei primi anni Novanta come lo sparatutto a scorrimento con astronave e il videogioco di piattaforme.

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Dealer's Life. Immagine via: Steam

A Svilupparty c’era però davvero di tutto. C’era un videogioco per due giocatori in cui due vicini di casa si fanno dispetti a vicenda hackerando gli elettrodomestici del rivale. Un altro videogioco per due giocatori li metteva l’uno contro l’altro nell’improbabile ruolo di un manichino da crash test e della sua automobile: il manichino è desideroso di completare il suo lavoro e quindi di andarsi a schiantare, mentre l’auto non vuole morire e deve quindi cercare di arrivare al traguardo del percorso sabotando la guida del manichino. C’era un folle videogioco di ruolo incentrato sullo scontro postmoderno tra il videogiocatore e uno sviluppatore incapace. C’era un videogioco narrativo in cui chi gioca interpreta l’allenatore di una squadra di calcio. C’era un simulatore di banco dei pegni. C’era un gioco da tavolo in cui i partecipanti mescolano spunti dati da carte per creare fake news e vincere grazie a esse le elezioni. C’era un videogioco basato su puzzle che vanno risolti armeggiando tra i file nelle cartelle del gioco stesso. C’era un videogioco di calcio che si gioca con i piedi: i videogiocatori scaricano l’app gratuita sul proprio televisore e sul proprio smartphone, si infilano lo smartphone nel calzino e poi giocano tirando veri calci a un pallone virtuale.

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Andrea Dresseno è fondatore e responsabile dell’Archivio Videoludico della Cineteca di Bologna — tra gli organizzatori di Svilupparty —, che conserva al momento 5300 videogiochi. “Lavoravo già qui dal 2002 all’Archivio Chaplin, quindi al fondo cartaceo e fotografico di Charlie Chaplin, soprattutto sul fronte digitalizzazione e studio di documenti,” ci ha raccontato Dresseno nel suo studio [le interviste sono state editate per chiarezza, ndr]. “Però ero anche un giocatore, e a un certo punto verso il 2008 mi son chiesto perché non cominciare a unire la mia passione per i videogiochi con l’archivistica, cioè cominciare a conservare i videogiochi come si conservano i libri e i film. Ho proposto questo progetto all’ente, ho coinvolto l’Università, ho coinvolto AESVI e gli editori e il progetto è stato lanciato nel 2009.”

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Xydonia. Immagine via: Itch.io

“Svilupparty nasce da un’idea congiunta dell’Archivio [Videoludico] e di Ivan [Venturi]” ha continuato Dresseno. “Ivan è venuto qui quando abbiamo aperto, si è presentato dicendo che aveva saputo del progetto e abbiamo fatto due chiacchiere.”

Ivan Venturi è il cuore di IPID e uno dei pionieri dell’industria videoludica italiana. Il suo Bocce — sviluppato durante le superiori su Commodore 64 — è stato il primo videogioco pubblicato dallo sviluppatore e editore di videogiochi Simulmondo, co-fondato da Venturi stesso negli anni Ottanta. “Svilupparty è nato dieci anni fa come Simulmondo Reunion, insieme a ex-colleghi della Simulmondo,” ci ha detto Ivan Venturi al tavolino del bar che si trova nel cortile della Cineteca. “Proprio in quell’occasione sono venuto in contatto con Andrea Dresseno — che era appena partito con l’Archivio Videoludico — ci siamo conosciuti e Andrea si è offerto di ospitarci per quell’evento. Siccome c’era questo bello spazio ho chiamato qualche studio che conoscevo. Quella giornata (anzi, era solo mezza giornata) è andata molto bene, quindi l’anno dopo con Andrea abbiamo deciso di fare una giornata intera e la gente è raddoppiata, l’anno dopo ancora abbiamo deciso di fare due giornate e la gente è ulteriormente aumentata e alla fine abbiamo deciso di farne tre inventando Svilupparty Beta.”

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“L’evento è cresciuto molto,” ha spiegato Dresseno. “Diventava difficile gestirlo, perché all’inizio ce ne occupavamo solo io, il mio collega Matteo [Lollini] (che ora non è più all’Archivio Videoludico) e Ivan. A un certo punto si è resa necessaria la nascita di un’associazione.”

Le giornate di sabato e domenica sono organizzate da Mauro Salvador — docente all’Università di Bologna, all’Università di Modena e Reggio Emilia a alla scuola Event Horizon di Padova. “Sono entrato quasi cinque anni fa in quella che all’epoca era l’associazione Svilupparty, perché avevo iniziato a collaborare con Ivan a Progetto Ustica. Sono entrato in questo giro, ho conosciuto l’associazione e ho voluto entrarci in un ruolo più attivo. L’evento è ormai quasi gestito orizzontalmente: i soci ci tengono e sono loro stessi a farlo funzionare bene, noi ci limitiamo a indirizzarli, a gestire un po’ a livello organizzativo l’avvio e poi loro fanno da soli.”

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Terrorbane. Immagine via: Steam

“Ci sono tante categorie [di sviluppatori] diverse,” ha continuato a raccontare Salvador. “Ci sono gli storici come Studio Evil [sviluppatore del videogioco di Sio Super Cane Magic ZERO] e Heartbit Entertainment [ Doom & Destiny]. Sviluppatori già avviati commercialmente, ma che tornano perché affezionati all’evento. Poi ci sono progetti che crescono, ma che hanno un’idea commerciale un po’… soft e ci mettono molto ed è bello vedere crescere. E poi ci sono quelli che davvero lo fanno per pura passione: non hanno un’idea commerciale e non gliene frega niente.” Infine, ci sono le scuole con i loro studenti. La scuola iMasterArt — che è anche sponsor dell’evento — ha mostrato un videogioco fantascientifico che gli studenti vogliono rendere accessibile a qualsiasi persona, con controlli riconfigurabili e la possibilità di giocare (guidati da descrizioni e segnali audio) anche se si ha una disabilità visiva.

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La sera gli sviluppatori si riuniscono nei ristoranti di Bologna in grandi tavolate dove incontrano vecchi amici e fanno conoscenza con i vicini di posto. Mentre mangio e parlo con loro, mi accorgo che il tono delle conversazioni diventa un po’ diverso da quello caciarone della festa. Un po’ più intimo e malinconico, a volte arrabbiato.

Parliamo di progetti finiti male, videogiochi che non riescono proprio a essere completati e della quotidiana lotta degli sviluppatori indipendenti per emergere in un mercato dove ormai chiunque ha gli strumenti per realizzare un videogioco e per pubblicarlo online accanto a quello di uno studio che può giocarsi la sopravvivenza in base alle vendite della sua opera. Molte squadre sono “informali” — perché non possono permettersi i rischi economici di creare e poi magari dover sciogliere una società — molti sviluppatori hanno altri lavori e molti studi vanno avanti grazie a lavori “b2b” — “business to business.” Sviluppano cioè videogiochi per altre aziende che cercano la loro esperienza nel software e nel game design per creare giochi educativi, app per l’addestramento del personale ed esperienze interattive per la promozione di marchi.

Il premio Tuggurt Verdolino è, in questo senso, un rito liberatorio: uno spazio dove non importa se il gioco è davvero finito, non importa se gira bene e non importa se è commerciabile o no. Molte delle opere nascono giusto la sera prima, quando gli sviluppatori si ritrovano a Bologna e cominciano a tramare insieme cosa porteranno al concorso. È capitato che venissero presentati giochi realizzati persino il pomeriggio di sabato stesso.

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Il Tuggurt Verdolino è nato nel 2014. “Io ho proposto di fare un premio deficiente,” ci ha detto scherzando Venturi, “poi ho aggiunto di inventarci un nome tipo Tuggurt Verdolino. Ma lo ho detto come esempio. E invece poi è rimasto quello lì.”

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Super Cane Magic ZERO. Immagine via: Steam

Venturi stesso è il primo partecipante di questa edizione del Tuggurt, dove ha mostrato un simulatore di accoppiamento procedurale tra creature aliene in cui chi gioca interviene nei panni di una divinità intenta a non far estinguere la specie. Poi sono stati presentati un videogioco basato su un immaginario reality in cui senzatetto devono cercare oggetti per arredare al meglio la loro casa, un videogioco dedicato alla memoria dell’appena scomparso Grumpy Cat, un videogioco che ci mette nel ruolo del povero soldato nemico che chi gioca deve normalmente uccidere, un videogioco che mescola Ken il Guerriero con l’attualità politica e infine un simulatore di quando è notte e andiamo in bagno senza accendere la luce.

I videogiochi che partecipano al Tuggurt Verdolino vengono giudicati secondo un meccanismo oggettivo e scientificamente accurato: gli applausi degli spettatori. Per questa edizione, Luca Contato di Rising Pixel ha sviluppato tra la sera precedente e la mattina un vero e proprio “Applausometro” capace di misurare l’intensità e la durata degli applausi e alla fine del Tuggurt Verdolino è arrivato un inatteso colpo di scena: l’applausometro stesso era in concorso e — tra gli applausi di un pubblico sorpreso e divertito — è stato incoronato vincitore. Nessuno si è chiesto se rispettasse le regole del game design, nessuno si è chiesto neanche se fosse davvero un gioco o un videogioco, ma la festa degli sviluppatori indipendenti ha deciso che il gioco più diversamente originale del 2019 è un misuratore di applausi.

È stato un esito perfettamente in linea con lo spirito di Svilupparty. Alla fine della nostra intervista ho chiesto a Venturi quali siano secondo lui le prospettive future dell’evento. “Se ci riusciamo anche l’anno prossimo vedremo di avere la birra gratis per tutti i due giorni,” ci ha risposto.

Segui Matteo su Twitter: @ilsignorm