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Tecnologia

Oggi è il giorno giusto per smettere di usare i sacchetti di plastica

E se vi sembra un problema lontano, sappiate che per gli scienziati il Mediterraneo è una "zuppa di plastica".
Giulia Trincardi
Milan, IT
Immagine: NOAA

Oggi è la Giornata Mondiale dell’Ambiente — dove ci ricordiamo per un po’ quanto è importante riciclare l’immondizia e non sprecare acqua, mentre il resto del tempo ce la mettiamo tutta per rendere il pianeta ospitale solo per gli scarafaggi.

Proprio in occasione di questa ricorrenza, è stato annunciato dall’associazione ambientalista Legambiente insieme alla catena di negozi bio EcorNaturasì l’introduzione di sacchetti per la frutta e la verdura riutilizzabili fatti di poliestere (che a breve saranno di cotone) — una misura che vuole contribuire a ridurre la quantità di plastica usa e getta che consumiamo ogni giorno in Italia.

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Se quanto è successo con l’arrivo dei sacchetti biodegradabili l’anno scorso — per cui si è creato il panico tra le persone costrette a pagare 3 centesimi a sacchetto — ci ha insegnato qualcosa, è plausibile che l’iniziativa sarà presto oggetto di proteste. Certo, al momento riguarda solo una catena di supermercati tanto specifica da far sperare in un effetto sordina. Questo, allo stesso tempo, implica che l’impatto del progetto sarà purtroppo relativo.

I sacchetti usa e getta — così come tutta la plastica da imballaggio — sono ancora un problema per l’ambiente perché rappresentano il 40 percento della destinazione della plastica che produciamo in Europa. A novembre 2017, la Commissione Europea ha decretato come priorità un cambio di rotta generale, invocando un radicale cambio di mentalità, che trasformi quella della plastica in un’economia circolare.

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Indubbiamente un buon proposito considerato che, a livello globale, nei 60 anni dalla diffusione del materiale nella vita quotidiana, abbiamo prodotto qualcosa come 8,3 miliardi di tonnellate totali di plastica.

Tra tutti i problemi attuali che possiamo considerare ormai emergenze da film catastrofico, insomma, la plastica svetta sicuramente in cima alla classifica: accumuli di questo materiale si trovano ovunque sul pianeta — persino nell’Artico — al punto che, per gli scienziati che si occupano di stratigrafia è diventato indice diretto dell’impatto dell’Antropocene.

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Gli habitat marini sono quelli che soffrono le peggiori conseguenze di questo spreco e il Mar Mediterraneo, purtroppo, non fa eccezione. Sappiamo tutti che da qualche parte nell’oceano pacifico galleggia un agglomerato di derivati del petrolio grande come un’isola, ma non è altrettanto scontata la consapevolezza che il mare che circonda (anche) l’Italia sia, a tutti gli effetti, una “zuppa di plastica.”

Il Mediterraneo primeggia infatti per densità di plastica specifica, soprattutto in forma di microplastiche, ovvero frammenti inferiori ai 5 mm di diametro, che derivano in genere da oggetti più grandi frantumati pian piano dalle correnti. A livello globale, è stato rilevato che le microplastiche costituiscano il 92 percento della plastica che si trova nei mari e negli oceani e — non serve un genio a capirlo — sono quelle che danno più problemi all’ambiente, contaminando fondali marini, cicli di vita degli animali e la dieta considerata fino a poco tempo fa come la più sana al mondo. Mangiare pesce fa un po’ meno bene, in altre parole, quando quel pesce ha navigato in acque che accolgono circa tra il 5 e il 10 percento della massa plastica globale.

Il problema, ovviamente, è che continuiamo a produrre una quantità indescrivibile di plastica e a buttarla via dopo un singolo utilizzo. Votarsi a una vita prima di sprechi è complesso (e vagamente utopico) se, nel frattempo, persino la frutta — dotata, diciamo, di un packaging naturale — viene venduta sbucciata e sigillata in confezioni da molti supermercati.

Qualsiasi iniziativa atta a ridurre questo impatto — che siano retine riutilizzabili o sacchetti biodegradabili — è sicuramente positiva. Eppure, il 91 percento della plastica che produciamo non viene riciclata e produciamo ogni anno abbastanza sacchetti di plastica da fare il giro dell’equatore svariate centinaia di volte: non abbiamo idea delle proporzioni che ha assunto questo problema.

Ed è chiaro che cambierà poco finché non ci rendiamo conto di essere prossimi a vivere in un mondo letteralmente coperto di plastica.

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