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Musica

Il senso di Nitro per la sincerità

Ho parlato con Nitro di No Comment, un album che si presenta come un'implacabile ricerca di ciò che è genuino, e non sa ancora se seguire la pancia o il cervello.

"Non me ne frega niente per chi scrivi, io sono qua per parlare con te", mi dice Nitro appena mi presento come "Elia di Noisey", pensando semplicemente di dargli un'informazione. Non lo dice con cattiveria, maleducazione o spocchia, tutte cose che non percepisco, ma semplicemente perché vuole instaurare con me un rapporto genuino che prescinda da qualsiasi ruolo o motivo per cui io mi trovo lì. Vuole guardare negli occhi me, Elia, e sentire quello che ho da dirgli e chiedergli sul suo nuovo album No Comment.

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Qualche ora prima mi ero seduto assieme a decine di colleghi in una sala degli uffici di Sony Music, dove avevo visto un breve video pre-registrato in cui Nitro rispondeva alle domande da intervista standard: perché l'album si chiama così, che mi dici dei featuring e così via. Per intenderci, quello che ha fatto St. Vincent per il suo ultimo album MASSEDUCTION. Davanti allo schermo, su un piccolo palchetto, Hell Raton, DJ Slait, Low Kidd e Salmo stavano seduti su degli sgabelli. A video finito Nitro si è seduto su una sedia da ufficio al centro del ferro di cavallo dei giornalisti, specificando che voleva parlare con delle persone, guardarle negli occhi. Per come l'ho letta, quindi, con l'idea di scatenare un dibattito, evitare di dover ripetere le stesse cose a trenta persone diverse, fare qualcosa di sincero.

Nitro è ossessionato dalla genuinità, e No Comment è un album il cui cuore pulsante sembra essere proprio questa fissazione. Non che sia una novità per il rapper veneto, la cui scrittura è in parte equiparabile a un tentativo di grattare via gli strati per raggiungere il cuore delle cose—del rap, dei rapporti umani, dell'ego. E sono due i modi che ha per riuscire nei suoi intenti: guardarsi dentro decostruendo la sua identità e ciò che fa, e mischiare rabbia e ironia in un torrenziale flusso espressivo pieno di punchline e tecnicismi.

Fumando una sigaretta su di una terrazza che sovrasta via Imbonati, a Milano nord, cito a Nitro due versi del suo featuring su "Trankilo" di Vegas Jones: "Ogni giorno m'incazzo / Pur di non tenere addosso il volto del falso". Gli dico che mi sembra una chiave di lettura di ciò che fa e ciò che cerca, questo buttare fuori la rabbia per generare sincerità. "Assolutamente sì," risponde, "Io sono una persona che ha molta rabbia dentro e che la cerca di veicolare nel modo migliore possibile". Ma come si è evoluta in lui questa concezione di rabbia? Quella di No Comment è una furia diversa? "La rabbia è sempre rabbia. Lei è sempre genuina e pura, ed è per questo che è bella", dice, personificandola—e quindi sottolineando involontariamente l'inscindibilità della sua arte da quel sentimento. "È più lucida la tua reazione rispetto ad essa, cambia il tuo atteggiamento. In Suicidol scrivevo tutte le robe che mi venivano in mente perché ero incazzato, adesso le pondero. Non vuol dire che mi limito, Vuol dire che penso un po' di più prima di dire certe cose, perché dette nel momento di rabbia possono essere sbagliate".

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Guarda The People Versus Nitro, l'articolo continua dopo il video:


Si sente, in No Comment, questa furia controllata—nella cruda realtà sociale e relazionale che trapela dalle parole di "V!olence" come nell'inesorabile auto-analisi della conclusiva "Horror Vacui", gioiello di introspezione e disperato tentativo di abbandonare apatia e disillusione. È come se uno dei classici distici di "Storia di un defunto artista" avesse raggiunto la sua conclusione naturale: "Avessi messo nel mio credo un po' di meno del mio ego / Forse avrei il cuore in cemento e non di vetro". "Ho sempre pensato che quando non hai paura di farti vedere vulnerabile sei molto più coraggioso di quelli che nascondono sotto il tappeto le cose", commenta Nitro quando gli chiedo un'opinione a riguardo. "Quindi farti vedere fragile subito è un modo per essere trasparente e mette anche in difficoltà le persone, secondo me. Le spiazza un pochino".

Il rapporto tra rap e comunicazione dell'ego è in continua evoluzione, e mi sembra che questo Nitro sia idealmente più vicino al Kendrick Lamar di DAMN., per intenderci, che a qualsiasi brag-rapper fissato con l'affermazione della sua superiorità. Lui sorride, e sceglie la via dell'umiltà: "Sono in continuo dubbio su questa cosa dell'ego. Però la mia condizione è più data dal dubbio che dalla necessità. Ci sta che lui faccia questo tipo di ragionamenti perché ha una vita diversa dalla mia, io musicalmente parlando ho ancora dubbi e quindi bisogno di conferme. Non ho il complesso di essere il Dio del rap, devo ancora sbagliare e rifare tante cose". E così dicendo, Nitro conferma le mie impressioni: anche in lui il "Bitch, be humble" tipico del discorso rap si affianca all'espressione della sua stessa umiltà.

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Fotografia di Mattia Guolo.

Un'altra categoria del rap di Nitro che mi interessa analizzare, e di cui gli chiedo, è la farsa: quella, per esempio, dell'esilarante video di "Infamity Show", ironizzazione sui luoghi comuni della fama in Italia. "È tutto una questione di momenti, e la musica specialmente", mi spiega Nitro dopo che gli ho chiesto come fa convivere in lui leggerezza e pesantezza, attacco e difesa. "Ogni testo e ogni pezzo rappresenta un momento. Se non ti piace, a meno che sia tecnicamente sbagliato, è un momento che non hai vissuto e non condividi, quindi la canzone non ti prende. Per assurdo può essere anche ossimorica la cosa, nei momenti in cui mi sento un po' meglio scrivo le cose più tristi, e nei momenti in cui sono triste, per tirarmi su scrivo delle cose un po' più sicure di me stesso. Non è una cosa che deve convivere, è un bisogno. Hai bisogno di sentirti più sicuro, di scavarti un po' dentro". E ancora: "Io faccio anche 'sta cosa all'interno della stessa canzone, ti dico la cazzata che ti fa ridere e subito dopo ti dico la cosa che dici, "Minchia". Cerco di strutturare la mia musica per livelli d'apprendimento. Cerco che un mio pezzo faccia riflettere una persona riflessiva e divertire una che si vuole divertire".

Nello stato su Facebook con cui ha annunciato No Comment, Nitro aveva spiegato in due parole quella che mi è sembrata il sacrificio al cuore del suo processo creativo: "Abbiamo speso lacrime, sudore, litigi e discussioni ma anche tanta gioia e tanto entusiasmo per portare al termine questo progetto". Sono curioso di capire qual è la tensione positiva che scatta in Machete nei momenti di difficoltà. Nitro mi spiega: "Tutto è dato dal tempo. Stiamo lavorando, siamo musicisti professionisti, abbiamo delle scadenze e non sempre l'ispirazione è lì che ti bussa alla porta. Le cose negative vengono dai momenti di staticità. La tensione positiva avviene quando cominci a vedere che i trick imbroccano. È come una partita di calcio dove all'inizio qualsiasi rimpallo ti va male. Poi succede al 45' che su un rimpallo fortuito fai pure gol, e quindi il secondo tempo lo giochi incazzatissimo e preso bene. Scatta questa cosa qua di dire 'Dai, dai dai, siamo sulla strada giusta'".

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E i rapporti umani come entrano nell'equazione? "Cerchiamo di sostenerci a vicenda", dice Nitro. "Fare un disco vuol dire anche limitare fisicamente delle persone, devi costringerle a stare in un luogo e quindi si creano vibrazioni sia positive che negative. Con tutto il bene che voglio a Low Kidd, che è uno dei migliori amici, vederlo ventiquattro ore al giorno—ma veramente ventiquattro, perché non dormivamo e stavamo su a scrivere… è normale che sia difficile mantenere sempre la calma, specialmente su cose così interne e sentimentali come la musica".

Chiedo, infine, a Nitro il perché di una mattinata come quella che abbiamo appena passato. Gli cito un vecchio stato di Salmo che aveva fatto molto discutere: " Non abbiamo bisogno di farci intervistare […], se mi rispondo da solo su Facebook arrivo a molte più persone". "Io seguo un'altra linea", mi risponde lui, "penso che sia giusto che ci sia la stampa perché per molto tempo è stata l'unica cosa a dare voce alla gente. La libertà di stampa è una delle cose più importanti che esistano, nonostante ultimamente ci sia un po' troppa libertà: tutti si permettono di dire la propria… ma questo è parodistico! Penso che qualsiasi persona dotata di cervello riesca a riconoscere un giornalista da uno che ha la tastiera. Io ho fatto questa cosa per dire 'Ok, giornalisti, siete venuti a sentire le mie stronzate. Le cose base che vi dicono di chiedermi ve le ho già dette. Adesso parliamo'."

Elia è su Instagram.

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