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Foto di Liliana Ricci, per gentile concessione di Roma Brucia.

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Musica

Il Roma Brucia è il nostro Sanremo

Ecco perché il destino della musica italiana passa da questo festival romano, che ha portato alla ribalta nomi come Calcutta, Carl Brave x Franco126 e TheGiornalisti.

A Roma, se parliamo di festival, probabilmente il Roma Brucia è il numero uno e più rappresentativo: siamo di fronte a un evento che, in città, rappresenta un'istituzione per quanto riguarda musica e proiezione della "romanità". L'appuntamento con il "Festival dei gruppi romani che spaccano" nasce nel 2012, ed è indissolubilmente legato al nome di Davide Caucci (il boss di Bomba Dischi, per capirci) e non esageravamo nel definirlo una sorta di MIAMI dei romani, con tutte le differenze e le contraddizioni che comporta questa investitura, ovviamente.

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Da subito, il Roma Brucia si è caratterizzato per una natura strettamente underground, oltre che identitaria, localizzata. Una sorta di "Festival delle cantine di Roma", nel senso che porta alla luce quei nomi piccolissimi che si nascondono nei localini e nelle mansarde della città, senza distinzioni di genere o altro. E che nomi: negli anni, sul palco sono saliti artisti come Calcutta, Giorgio Poi, TheGiornalisti e Carl Brave x Franco126, fra gli altri. Va da sé, quindi, che sia diventato un appuntamento imperdibile per chiunque voglia farsi un'idea della next big thing romana, ma anche uno snodo essenziale e significativo nella storica costituzione della "scena romana" prima (Bomba Dischi, appunto) e della nuova musica italiana, adesso.

Poi, dopo sei edizioni in enorme crescendo, lo scorso luglio il Roma Brucia è entrato in una nuova fase. Con l'addio di Caucci al timone è arrivato Giulio Falla, mentre tutto intorno il panorama è cambiato: Calcutta ora suona negli stadi, anche nelle cantine di Roma è esplosa la trap e il confine fra underground e mainstream si è fatto ancora più insensato. Abbiamo pensato, quindi, di parlare direttamente con Giulio di questa seconda epoca della manifestazione, di quale ruolo dovrebbe ancora occupare nella scena, e di come si tenga viva e si possa far "ripartire", materialmente e non solo, l'identità di quello che, per tutti, è il festival romano per eccellenza.

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Nayt al Roma Fiocca. Foto di Eliana Giaccheri.

Noisey: Allora Giulio, proviamo a saltare i preliminari e a partire direttamente con i fatti. Da qualche mese sei al timone del Roma Brucia: una bella responsabilità, no?
Giulio Falla: Direi di sì, decisamente. Roma Brucia è un’istituzione, è stato un faro importante per tutta quella scena che oggi sta scalando le classifiche e sta raggiungendo gli unici risultati degni di nota, da tutti i punti di vista, dell’industria musicale di questo paese. Prendere in mano tutto il carrozzone oggi che quella scena, quel mondo, non c’è più e un’era sta finendo per lasciare il posto alla prossima è una bella botta, devo ammettere.

Tu che percorso hai seguito per arrivare fino a qui?
Guarda, io sono stato e sono tutt’ora un fan della musica sporca. Mi piace mettere le mani nel fango, nei piccoli club nascosti con la birra annacquata e le tessere associative, dove nove artisti su dieci fanno schifo e di quelli buoni ne va avanti uno su cento. Ho ascoltato e osservato per tanto tempo questo mondo, specie grazie al mio lavoro: prima stavo in redazioni di piccole webzine, poi in direzioni artistiche e infine in produzione per club e festival nazionali.

Adesso mi sono dato una calmata, ma “stare in fissa” ed essere il primo fan entusiasta anche delle realtà più fugaci resta il mio pallino, che mi ha permesso di essere uno dei fan più accaniti ed entusiasti di Roma Brucia dalla sua prima edizione. Quindi eccoci qua, credo.

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Quindi "da fuori" che idea avevi del Roma Brucia?
Che era una ficata che ci fosse un festival che raccontasse un’intera città, anno dopo anno, tra musica, persone e cultura underground. Ma soprattutto: che in un solo posto, in una o più giornate, mi sarei goduto tutti insieme, dal vivo, gli artisti che nel giro di un anno avevo visto nei più diversi club e nelle più diverse situazioni. Artisti e persone che magari avevo visto crescere e che ora si esibivano a fianco, poco prima o sullo stesso palco di altri artisti molto più importanti. Mi dava un grande senso di comunità: come se tutti insieme, noi che stavamo ad applaudire lì sotto, avessimo contribuito a mettere su quel palco quell’artista. Hai presente “la scena”, no? Quella è il noumeno, Roma Brucia è il fenomeno.

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VANBASTEN al Roma Brucia. Foto di Liliana Ricci.

A parte l'underground romano, tu di solito che musica ascolti?
Oddio, non lo so. Cioè: non quanto nel 2018 questa domanda abbia ancora senso. Con tutti gli stimoli che ci arrivano ogni secondo e la facilità con cui possiamo accedere alla musica dove e come vogliamo, ormai, “la musica che ascoltiamo di solito” è veramente indefinibile. Posso dirti i miei ultimi ascolti Spotify: “Tints” di Anderson .Paak e Kendrick Lamar, Foo Fighters, l’ultimo dei The Pier, 65daysofstatic, Salmo e la soundtrack di “Spider-Man: Into the Spider-Verse” che è una bomba!

Allora, passando al tuo vero e proprio ingresso al Roma Brucia: come sono stati i primi mesi di lavoro? Nel senso: com'è relazionarsi improvvisamente con una realtà tanto forte, con un'identità così consolidata?
Diciamo subito che è stato tutto molto concitato: l’investitura di Roma Brucia ci è capitata tra capo e collo in modo così veloce e inaspettato che non c’è stato tempo per rendersi conto, capire e imparare a relazionarsi con un festival storico. I primi mesi sono stati veloci e concitati, ma la cosa che abbiamo capito subito è che il festival non è e non sarà mai solo nostro, ma è di tutta la scena e di tutta la città, se vogliamo. Noi siamo solo gli esecutori, il che porta il livello di ansia da prestazione e responsabilità a livelli cosmici.

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Tra l'altro, quando avete preso in mano il Roma Brucia, la scorsa estate, era un momento abbastanza particolare per "ripartire".
Be', i recenti cambiamenti dell’universo underground romano ci hanno colpito in piena faccia, questo sì. Abbiamo scoperto che molte cose non si potevano più fare, ma che se ne potevano comunque fare delle altre, diverse, che ci piacevano e ci rappresentavano molto di più. Abbiamo notato con piacere che, come noi, moltissimi tra artisti, gestori di club, agenzie e addetti ai lavori sono affezionati al festival e che, come noi, ne hanno la stessa visione allargata e comunitaria: “Roma Brucia non può morire” è stato il leitmotiv che ci ha accompagnato nei primi mesi e continua ad accompagnarci ogni volta che ci confrontiamo con qualcuno. Siamo sicuri che dobbiamo scoprire ancora un sacco di cose.

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Elis Regina al Roma Brucia. Foto di Liliana Ricci.

Ecco: nello specifico, se ti chiedessi le difficoltà più grosse che si incontrano nell'organizzare il Roma Brucia, tu che mi diresti?
Guarda, ce ne sono diverse: dall’eterna incognita delle venue estive romane alla bolla dei cachet che è ormai pronta a esplodere. Tuttavia, la vera difficoltà con cui ci confrontiamo (e ci confronteremo!) a ogni edizione sarà sempre la stessa: raccontare, nella stesso posto e contemporaneamente, storie diverse e ugualmente valide, facendole percepire al pubblico come tali, dal cantautorato alla trap, dal rock al pop, dall’hip-hop all’elettronica. Il tutto in maniera organica e senza soluzione continuità, raccontando la nostra visione di scena romana come vero organismo vivente di cui vogliamo narrare sia le parti nello specifico sia la totalità.

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Un lavoro tosto, effettivamente.
L‘unica cosa bella del cominciare a lavorare senza avere il tempo di programmare un cazzo: quando finalmente arrivi in fondo e fai mente locale, ti guardi intorno e sai che quelli che sono rimasti sono i migliori, quelli che ci hanno creduto fino alla fine, quelli che si fidano l’uno dell’altro, che ce l’hanno fatta insieme.

Ecco: in questo senso voi siete una squadra, no? Cioè: lavorate in team, giusto?
Sì, i diversi aspetti dell'organizzazione li gestiamo in cinque: c’è chi si occupa del brand e della direzione artistica, chi della produzione, chi della parte tecnica, chi di fare una festa come Cristo comanda e abbiamo anche un account manager, pensa un po’. Siamo tutti professionisti del settore con esperienza decennale e tutti, ma proprio tutti, stiamo in fissa con la città di Roma e con la scena. E facciamo le cene di lavoro in osteria da Ettore! [ride]

E nella scelta degli artisti, invece, come vi regolate?
L’unica discriminante, com'è facile immaginare, è l’appartenenza alla città di Roma, per nascita o per adozione. Per il resto, non esistono generi di riferimento, purché si racconti in qualche modo la realtà contemporanea e vera di una città che, anche se sembra statica, eterna e indissolubile, sottoterra vive e reagisce agli stimoli. Per questo, per le prossime edizioni, vorremmo seriamente ricominciare dal basso, lasciando molto spazio a quello stuolo di artisti giovanissimi che vivono ogni sera Roma, tra locali nascosti e open mic, facendoci, magari, dare una mano da chi vive queste realtà quotidianamente, e cioè i direttori artistici dei maggiori club e delle maggiori organizzazioni capitoline.

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Ci piacerebbe tornare alle origini del primo Roma Brucia, nel 2012, in quel che fu il Supersantos a piazzale Verano; quando la direzione artistica del festival si avvalse delle dritte di locali come Le Mura, Circolo degli Artisti, Init e Dal Verme e di organizzazioni come Ausgang, Cheap Sound, O*Live, Freak&C. e altre ancora. Una vera e propria direzione artistica comunitaria, trasversale tra i generi e che ha in comune una cosa sola: la città di Roma, la sua scena, i suoi abitanti, le loro storie.

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B. al Roma Fiocca. Foto di Eliana Giaccheri.

Intanto comunque avete lanciato "Roma Fiocca", che è praticamente un Roma Brucia invernale: a occhio, è la novità più importante della vostra gestione.
Sì, diciamo che è stata la realizzazione di un nostro vecchio pallino da fan! Una storia che ci raccontavamo sempre alla fine di ogni Roma Brucia era: “pensa che ficata se lo facessero anche d’inverno”. L’edizione di quest’anno è stata la prima e l’abbiamo realizzata in collaborazione con il MONK e con i ragazzi di VIECCE, una nuovissima agenzia di produzione capitolina che si è fatta ben notare nell’ultimo anno, a Roma e non solo.

Abbiamo pensato al Roma Fiocca come all’appuntamento invernale che mancava: un’occasione per ritrovarsi, per festeggiare la fine di un anno, l’inizio di una stagione e per vedere sul palco “i campioni d’inverno” (calcisticamente parlando); coloro, cioè, che tra luglio e dicembre hanno fatto meglio di tutti o ci hanno convinto di più (tra dischi pubblicati, tour, singoli, ecc). Un Roma Brucia versione club, più ristretto e intimo, come tradizione natalizia vuole, e che, proprio grazie alla sua natura ridotta, ci permette di sperimentare di più con la scelta artistica.

Se ci ripenso, comunque, è davvero impressionante il contributo del Roma Brucia alla musica indipendente italiana e nello specifico alla nascita della “scena romana”. Basta ricordarsi che l’headliner dell’edizione 2016 era Calcutta, mentre nel 2017 c’erano Carl Brave, Franco126 e Giorgio Poi…
Ma guarda, Roma Brucia, come manifestazione sensibile e vicina alla realtà locale romana, sceglie i migliori artisti sulla piazza, e quindi, in un certo senso, ne prevede il prossimo successo. Parlo da chi era esterno al festival all’epoca, ma i dischi di Edoardo e di Carlo e Franco saranno ricordati come due delle opere fondamentali per quel che riguarda l’estetica del linguaggio musicale (e non solo) di questi ultimi anni e qualunque cosa registri o produca Giorgio, da quando ha deciso di intraprendere questo percorso da solista, è un successo strepitoso.

Se vogliamo, il Roma Brucia dà un’ulteriore conferma della validità di un artista (non mi azzardo a dire "consacra"!); e se questi artisti romani, poi, finiscono per essere i più validi giovani artisti del momento, beh, buon per noi: vuol dire che ci avevamo visto lungo!

E per il futuro in che ruolo vedi il Roma Brucia?
Se parliamo di scena romana, lo stesso del passato. Roma Brucia è e continuerà a essere lo specchio del sostrato artistico di una città intera. Non la causa del successo di alcuni artisti, come ti dicevo, ma un ovvio effetto. Roma Brucia è e sarà sempre una festa per tutta la scena, e per tutti i curiosi. Il momento dell’anno dove ritrovarsi, incontrarsi, aggiornarsi e godere dal vivo di tutto quello che di bello e interessante la città ha musicalmente da offrire. Ma così suona un sacco come se fosse un meeting, quindi aspetta, fammela spiegare meglio: l’idea è di acchittare una piccola Glastonbury, di fare in modo che, una volta varcati i cancelli, i nostri ospiti siano immersi in un’atmosfera unica di totale divertimento. Da tutti i punti di vista.

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