Come comportarsi con una ragazza col cancro, secondo una ragazza col cancro
Illustrazione di Alberto Panegos.

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salute

Come comportarsi con una ragazza col cancro, secondo una ragazza col cancro

"Vacci cauto con le battute sulle tette finte."

La diagnosi mi arriva dritta in faccia come una bastonata: ho 28 anni e ho il cancro. Ho appena messo su casa, finalmente sono uscita dal loop senza fine di lavori schifosi per cui passi la sera di Capodanno incollata a una cassa a fare biglietti per un cinepanettone. Insomma, dopo anni e anni sono abbastanza felice—e poi, il cancro. Inizia così il lungo percorso fatto di fatica e chemioterapie, operazioni e varie rotture più o meno pesanti. Inevitabilmente la vita cambia, c’è sempre un prima e un dopo.

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Ma una cosa che spesso non si considera pensando alle malattie come questa è che non solo devi trovare il modo di conviverci in prima persona—e ognuno trova il suo modo—ma cambia anche la realtà intorno a te. Il mio grande problema, infatti, è stato avere a che fare con gli altri: amici, fidanzato, parenti, conoscenti, sconosciuti, la folla in generale. Il telefono per un certo periodo è diventato il mio peggior nemico.

Ovviamente, non è colpa di nessuno: le relazioni sociali sono un terreno scivoloso e chiunque in questa situazione può commettere degli errori, da entrambi i lati. Io ho sbagliato mille volte, sia quando ero dalla parte dell'amica, sia ora. Ma è proprio questo il punto: dovremmo parlarne di più e cercare un confronto.

Vorrei aggiungere che so che affrontare la situazione nel ruolo di caregiver è fonte di stress: se ti dovesse capitare non lo sottovalutare, hai anche tu il diritto di chiedere una mano quando pensi di non farcela. Per ora, questi sono i miei consigli su come comportarsi e soprattutto non comportarsi con le ragazze che hanno il cancro, come me.

NON FISSARLA SE NON VUOI PROVARCI

Non è per niente piacevole ritrovarsi d’un tratto senza capelli: ti senti come se il tuo corpo ti avesse tradita. In un mondo votato all’estetica non è facile essere una ragazza pelata, e c’è chi riesce ad accettarlo bene e chi come me ancora dopo mesi guardandosi allo specchio per un attimo pensa sempre, "Oddio, chi è? Ah, sono io." Quindi, essere fissata può mettere enormemente a disagio.

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Certo, sicuramente leggendo questo paragrafo ti chiederai se davvero c'è qualcuno di così idiota. La risposta è sì, un sacco di gente—almeno a giudicare dalla quantità di volte che mi è capitato. Quindi, se vedi una ragazza con un foulard in testa al bar, fuori a cena, in un locale, evita di fissarla: un minuto dopo, avrà sempre un foulard in testa. Ci sono persino persone, non scherzo, che rallentano in macchina per osservarmi. Mi piace pensare di averli folgorati col mio sex appeal, ma so che non è sempre così.

Peggio degli sguardi incuriositi ci sono solo quelli pieni di compassione. Questi dovrebbero proprio scomparire. Perché magari stiamo per un momento pensando ai fatti nostri, e all’improvviso dobbiamo tornare a pensare: ecco, ho il cancro. Di nuovo.

SE SEI UN AMICO, TIENI DURO

Il cancro fa paura a tutti. Non solo perché avere il cancro è inteso come una condanna. C’è anche tutta la paura di fare domande inopportune, di dire la cosa sbagliata, di perdere una persona che ami.

Molti tendono per vari motivi a fuggire, facendosi sentire ogni due mesi, ed evitando anche di chiederti come va. Questi vari motivi possono essere inseriti tutti nella macrocategoria dell’egoismo in senso psicologico: la paura di fallire nel ruolo di amico, la paura di sviluppare un ulteriore attaccamento e di sentire quindi più forte il dolore di un'eventuale perdita, esperienze di lutto non risolte, la paura di un contagio emotivo.

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Ovviamente c'è anche l'estremo opposto, di chi per altre ragioni è più forte della media: poco dopo la diagnosi, mi confidai con un'amica che da poco aveva perso la madre per un tumore, ed ero molto titubante, ma lei mi rispose, "Guarda, il cancro non mi fa paura, lo conosco da tempo. Affronteremo anche questa." Mi sono sentita protetta.

Ora, non chiedo questo. Ma nemmeno che gli amici si manifestino con un "Ti sono vicino" via messaggio quando non li si vede nemmeno con il binocolo. Un po' di coerenza, questo chiedo.

CERCA DI ESSERE UTILE

Se una persona a te cara si ammala, una delle sensazioni che ti prenderà sarà forse quella di essere impotente e inutile. È perfettamente normale, soprattutto perché non è sempre facile intercettare i bisogni dell’altro. Quello che puoi fare è dare una mano nella pratica, aiutare la persona con i compiti della sua giornata—fare la spesa, cucinare qualcosa (attenzione: spesso le diete sono molto restrittive)—oppure proporle una passeggiata, o ascoltarla.

Sembrano cose banali ma non lo sono: nella mia esperienza avere un cancro vuol dire una cosa molto pratica e quotidiana, ovvero che ho un terzo delle energie e devo gestire le chemio, le operazioni e la vita di tutti i giorni, ma ho sempre le stesse 24 ore a disposizione. Immaginala così: è la vita di tutti, ma con uno zaino di mattoni sulle spalle. Cerca di portare qualche mattone anche tu dove e quando puoi.

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NON INSISTERE SU QUESTIONI ESTETICHE

C’è chi si piace rasata, chi gira con il foulard, chi con una cuffia da pusher o chi, come me, si compra capelli alla Kim Kardashian. Il rapporto con il proprio corpo—che cambia in continuazione—spesso è esasperante. Io cambio opinione ogni due giorni, e capisco che per le persone che mi stanno intorno sia difficile non commentare, non chiedermi perché, non darmi consigli su parrucche o meno. Ma davvero, non fatelo: la malattia e la chemioterapia non sono esattamente filtri di giovinezza, e insistere su aspetti estetici non fa che portare la nostra attenzione su un'immagine che ci fa sentire inadeguate.

Potrebbe anche capitarti un'amica (come me) che ha la mutazione dei BRCA, quella che indica una predisposizione al cancro del seno ormai notissima grazie ad Angelina Jolie. Sapere di avere questa mutazione comporta scelte piuttosto drastiche, come la rimozione delle ghiandole mammarie. Ecco, vacci cauto con le battute sulle tette finte, farsi operare per togliere il seno non è una cosa da poco. E poi, magari a qualcuna piace l’idea di avere le protesi, ma a me ad esempio i seni rifatti fanno senso e ho il terrore di uscire dalla sala operatoria sembrando un culturista che ha preso troppi steroidi.

SII PAZIENTE SUL LAVORO

Uno dei molti regali delle terapie sono i vuoti di memoria e difficoltà a concentrarsi. Per ovviare, io faccio brevi report tutti i giorni per ricordare cosa ho fatto e cosa devo fare, e questo strumento si è poi rivelato utile non solo per me (perché sì, ci sono persone che sono così al naturale). Il mio consiglio è di non far pesare alla tua collega se non ricorda qualcosa, è già piuttosto imbarazzante scordarsi di colpo come si mette un allegato in una mail.

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Io personalmente sono una stagista—ossia l’ultima ruota del carro—in un’agenzia di comunicazione, e mi sono ammalata un mese dopo aver trovato un lavoro che finalmente mi piace. Ma i miei colleghi mi hanno sostenuta, e così lavorare per me è diventato un modo per evadere, e l’ufficio si è trasformato in una vera comfort zone (la seconda dopo il divano).

I GRUPPI DI SUPPORTO NON SONO TUTTI UGUALI

Quando mi è stato consigliato di aderire a gruppi di supporto su Facebook mi sono imbattuta in una giungla di psicoterapia collettiva senza filtri. Ora, quello che dovresti pensare è che se un gruppo è deprimente per una qualsiasi persona sana, figuriamoci per noi che già di base, quando riceviamo la diagnosi, non siamo allegrissime. Usa questo criterio prima di consigliare un gruppo di sostegno online qualunque.

Molti gruppi senza un vero filtro dei contenuti sono solo ricettacoli di ansie di vario tipo, autodiagnosi azzardate, previsioni apocalittiche, meme sul buongiorno e la buonanotte, sull’essere forti, e altre banalità su banalità. Certo, è giusto avere la possibilità di confrontarsi con altre persone che stanno vivendo la tua stessa esperienza, ma solo se ce la si sente, e soprattutto se si è guidati in un’esperienza collettiva da chi ha le competenze per farlo.

NON CERCARE DI TIRARCI SU IL MORALE A TUTTI I COSTI

Quando ho passato l’estate a letto a vomitare in compagnia del mio cane, che è un husky e soffre il caldo quasi più di me che sono in menopausa forzata, non avevo così voglia di farmi esplodere in faccia quella bomba di positività che sono le foto di vacanze, matrimoni, grandi serate e cose varie sui social. La sensazione che provavo allora e provo ancora, alle volte, è quella di essere chiusa in una stanza dove non puoi far nulla se non guardare il mondo fuori che va avanti mentre la vita ti scivola tra le dita. Non sempre, ma a volte sì.

Ecco perché dirmi, "Sei una persona forte, supererai tutto," a volte non funziona—oltre a essere una terribile frase fatta. Diagnosi pesanti portano a momenti di sofferenza difficili da descrivere e, ovviamente, da affrontare. Per quanto io abbia pensato per anni di essere un caterpillar, mi sono accorta che a volte ho il bisogno di cedere e lamentarmi, di arrabbiarmi ed essere triste o invidiosa. Non c'è bisogno di lanciarsi in diagnosi psicologiche non richieste: per questo esistono esperti nel settore, e di solito hanno una laurea in materia.

Non cercare di sdrammatizzare sempre la situazione, per esempio ricordandoci che c'è sempre qualcuno che sta peggio—ti saremo grate dell'intento, ma a volte abbiamo semplicemente bisogno di essere ascoltate e comprese su un fatto che non è il più grave del mondo, ma comunque: avere il cancro fa schifo.