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Secondo l'ex questore di Ferrara, col taser Aldrovandi 'sarebbe ancora vivo'

La madre di Federico, invece, ha ricordato la semplice verità: il figlio è morto perché è stato pestato da quattro agenti senza alcun motivo.
Leonardo Bianchi
Rome, IT

Grazie all’uscita di Sulla mia pelle, e all’enorme emotività che sta generando, l’Italia si sta finalmente confrontando sul tema degli abusi in divisa a livello collettivo. In parallelo è in corso la sperimentazione del taser—strumento non poco controverso, come dimostrato da diverse inchieste—in 12 città.

In tutto ciò, c'è chi ha pensato di unire questi due temi: il questore di Reggio Emilia Antonio Sbordone, già a capo della polizia di Ferrara (anche se non all'epoca dei fatti di cui riferisce), che in un’intervista al Resto del Carlino ha dichiarato: “Io ho visto cosa è accaduto a Ferrara dopo il caso Aldrovandi […]. Questo ragazzo, se ci fosse stato il taser, sarebbe ancora vivo. Per fermare un giovane alto un metro e 90 agitatissimo hanno dovuto usare anche i manganelli.”

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Federico Aldrovandi, come noto, è stato massacrato di botte il 25 settembre 2005 da quattro agenti che poi sono stati condannati in via definitiva per eccesso colposo nell’uso legittimo delle armi. Uno di loro, nel corso di quella nottata, disse alla centrale operativa che “l’abbiamo bastonato di brutto. Adesso è svenuto, non so… È mezzo morto.”

Nella sua requisitoria, il procuratore generale della Cassazione definì i poliziotti come “schegge impazzite dello Stato” che “non avevano davanti un mostro”—Federico era un ragazzo di 18 anni che non aveva fatto nulla—“eppure si sono avventati” in quattro contro uno. La Corte Suprema scrisse inoltre nelle motivazioni che gli agenti causarono la morte con un’azione “sproporzionatamente violenta e repressiva.”

La verità è arrivata solo dopo una battaglia legale e mediatica estenuante, portata avanti dalla famiglia e dall’avvocato Fabio Anselmo. Per chi ancora non conoscesse il caso, può recuperarsi il documentario È stato morto un ragazzo di Filippo Vendemmiati.

Ed è proprio dalla famiglia e da Anselmo che sono arrivate forti critiche a Sbordone.

“Mi viene da pensare che quella maledetta mattina il taser non sarebbe stato da usare su Federico, ma su chi lo stava uccidendo 'senza una ragione’,” ha detto Lino Aldrovandi a Repubblica. “Federico quella mattina non aveva commesso alcun reato e nulla di male, non so perché gli abbiano fatto tutto quel male, ma l'hanno fatto e lui ce l'ha raccontato con il suo cuore spezzato di 18 anni.”

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Patrizia Moretti, la madre, ha ricordato che Federico non era certo quell’energumeno "agitatissimo" che descrive il questore. “Era alto un metro e 75 e pesava 60 chili, evidentemente l’ex questore di Ferrara non si è informato bene, poteva almeno leggere le carte.” In più, ha aggiunto, “Federico è morto perché hanno continuato a pestarlo, schiacciarlo e a dargli calci nella testa quando era già stato immobilizzato e stava chiedendo aiuto. Mi dispiace che si possa giustificare uno strumento pericolosissimo come il taser con questo paragone che non ha senso.”

Come ha detto poi Lino Aldrovandi, “ogni volta è una ferita di sangue innocente che si riapre in tutta la sua devastante realtà.” Perché la realtà, purtroppo, è molto semplice. Federico sarebbe ancora vivo se all’alba di quel 25 settembre non avesse incontrato quattro poliziotti che l’hanno brutalmente ucciso senza alcun motivo.

Qualsiasi altra affermazione va presa per quello che è: un insulto alla sua memoria—l’ultimo dei tanti, troppi a cui abbiamo dovuto assistere in questi lunghi 13 anni.

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