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televisione

Dopo la puntata di Report, è ora di farsi qualche domanda sulla Juventus

Non "perché quando c'è un problema indagano noi?", ma: "perché quando c'è un problema ci siamo in mezzo sempre noi?"
Niccolò Carradori
Florence, IT
report puntata juventus
Grab via Report.

Dopo due settimane di anticipazioni e supposizioni, ieri sera è andata in onda la puntata di Report sul suicidio di Raffaele Bucci, le infiltrazioni mafiose nei gruppi ultras juventini e il legame ambiguo che alcuni dipendenti e dirigenti della Juventus avevano con i capi ultrà che facevano bagarinaggio. Tutto il convoglio di zone d'ombra rivelate dallo scoppio dell'inchiesta Alto Piemonte.

Già due anni fa infatti l'inchiesta Alto Piemonte aveva accertato l'infiltrazione di personaggi legati alla 'Ndrangheta nel mondo del tifo organizzato juventino, con lo scopo di gestire i flussi di denaro derivanti dal bagarinaggio dei biglietti concessi gratuitamente dalla società ai capi dei gruppi organizzati. Un giro di denaro corposo, che gli ultras alimentavano tramite un tacito e "benevolo" ricatto alla Juventus: tu mi dai i biglietti che mi servono e non fai storie se ci lucro sopra, mi consenti un rapporto diretto per ottenere determinati benefit—come i sotterfugi per fare entrare gli striscioni proibiti allo stadio—e io ti garantisco la sicurezza in curva. Niente casini, niente ritorsioni strumentali.

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Quello del "ricatto" ultras alle società sportive è un problema che viene da lontano, e che riguarda in particolar modo determinate società (attenzione: non voglio fare una generalizzazione del mondo ultras), e la connivenza fra le parti è sempre stata bene o male risaputa e tollerata. Nel momento in cui entra in ballo la criminalità organizzata, però, le cose si aggravano: specie se lo scoppio delle indagini porta al suicidio oscuro di un personaggio come Raffaele Bucci, capo ultrà juventino, dipendente della società assunto per gestire i problemi con la tifoseria e informatore dei servizi segreti. L'attesa per la puntata era molto alta. Un po' perché Ranucci—il conduttore di Report— aveva rilasciato diverse anticipazioni, un po' perché attorno alla vicenda si era creata un'aura apocalittica da "Calciopoli 2.0". Iniziamo quindi col posizionare l'inchiesta andata in onda: il reportage di Federico Ruffo più che una bomba-scoop giornalistica è un ottimo approfondimento, con molti dettagli che rendono ancora più cupa la vicenda. Ma in realtà, per come era stata presentata la puntata, si è rivelata una mezza delusione che non sposta di molto il quadro generale fornito dai quotidiani al tempo dello scandalo Alto Piemonte. Con un processo penale già arrivato al secondo grado di giudizio, e uno sportivo terminato con pena definitiva a tre mesi di deferimento per Andrea Agnelli. Il quadro che ne esce è chiaramente desolante, e mette bene in risalto il livello di distopia raggiunta da una parte del tifo organizzato e la connivenza rassegnata e le mancate denunce da parte di esponenti della Juventus. Ma non ci troviamo di fronte a nessuna bomba in grado di sconvolgere il campionato italiano, quando fra i tifosi c'era già chi ipotizzava una nuova retrocessione per la Juve. Anzi, Ranucci ha chiuso la puntata specificando che nessuno dei dirigenti juventini è stato imputato penalmente, e che la sentenza di primo grado del processo chiariva bene quanto la posizione della Juve fosse passiva—per quanto non apertamente contraria—nella pressione e il ricatto di stampo mafioso. Diciamo che Report ha venduto bene il lancio della nuova stagione, ecco.

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Da tifoso juventino, comunque, rimane un inalterato amaro in bocca. Report mostra fin troppo bene quanto alcuni dipendenti della Juventus fossero in contatto amichevole e diretto con determinati personaggi, arrivando addirittura a violare il sistema di sicurezza pur di agevolare le condotte non consentite degli ultras.

L'inchiesta inoltre crea molti dubbi sulla consapevolezza dell'identità di questi "responsabili ultrà": la Juve sapeva che erano uomini vicini alle cosche? Perché alcuni aspetti della condotta della Juventus riguardo al suicidio di Bucci sono stati così ambigui? Ci sono molte zone d'ombra, insomma. E a me piacerebbe che la società le chiarisse.

Ora, la logica di molti tifosi juventini è la seguente: ci accollano totalmente il peso di un problema come quello del ricatto degli ultras organizzati—che riguarda molte società e non solo noi— perché siamo una società antipatica e vincente, e vogliono metterci i bastoni fra le ruote. "C'è sempre un accanimento mirato."

Che il problema travalichi il singolo caso della Juve è sicuramente vero, ma forse è arrivato il momento di chiedersi quanto sia ottuso cercare di spostare sempre il focus dell'attenzione. Anche se la prassi del ricatto ultras e della connivenza riguardasse molte altre società italiane, questo non assolverebbe per osmosi tutti i comportamenti ambigui e di omertà tenuti dalla Juventus. È lo stesso discorso che vale da 12 anni a questa parte per Calciopoli: anche assumendo che determinati comportamenti tenuti da Moggi e Girando fossero la prassi per altri dirigenti, questo non toglie che fossero sbagliati. Non esiste l'assoluzione per "diffusione di reato." La vera domanda da porsi, a questo punto—per non finire in una litania complottista tutta italiana—non è tanto "perché quando c'è un problema indagano sempre e solo noi?", quanto "perché quando c'è un problema ci siamo in mezzo sempre noi?". La risposta del tifoso medio juventino esautora solo la prima domanda: "Zeman disse che anche altre squadre andavano indagate per doping!"; "Le intercettazioni di Facchetti, Meani e Baldini non le ha calcolate nessuno!", eccetera eccetera.

Io personalmente, dopo tutti questi anni, comincio ad essere un po' avvilito. Specialmente dall'atteggiamento generale della Juventus: il fine giustifica sempre i mezzi. Conta solo vincere, noi guardiamo solo ai nostri successi sul campo, tutti ci invidiano, bla bla bla. Che per carità, in parte è sicuramente vero: metà del pubblico di Report letteralmente sperava che il coinvolgimento della Juve nella vicenda fosse molto più pesante, e che si configurasse uno scandalo in grado di indebolirla. Ma non è questo il punto.

Noi vogliamo anche negare gli errori. Io sono un gobbo da 6000 generazioni, ma diciamoci la verità: è ora di finirla con questa roba. Cominciando, ad esempio, col togliere gli scudetti revocati dalla tettoia dello stadio.

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