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Attualità

Il regista-demiurgo che ha ricreato l'URSS

Ho parlato con lo scrittore Gianluigi Ricuperati di Ilya Khrzhanovsky, della sua esperienza dentro il mondo che ha creato e di EST, il suo ultimo libro.

Ilya Khrzhanovsky è figura ambigua e regista russo, e tra il 2009 e il 2011 ha ricreato fuori dalla città ucraina di Kharkov un istituto di ricerca top secret sovietico e ci ha fatto vivere dentro—non recitare un copione ma vivere—centinaia di persone. Membri dell'élite scientifica, cameriere, spazzini, operai frustrati dalla gerarchia per due anni sono stati costretti a vestirsi come nella Russia del dopoguerra, pagare ed essere pagati in rubli, abbandonare tutti gli anacronismi (no Google, sì Pravda) e le informazioni (nessuna menzione dello stato di Israele prima del '1948'), e ovviamente tecnologie e comfort del nuovo millennio. Questo incrocio tra NKVD, distopia e perversione è DAU.

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Il premio Nobel David Gross, il neurologo James Fallon, Peter Sellars, Carlo Rovelli, Marina Abramovic, il matematico Shing-Tung Yau, il regista Romeo Castelucci e altri nomi enormi nel corso di quei due anni hanno tutti vissuto qui sotto la guida di Lev Landau (—> DAU), l'uomo che nel 1962 ha vinto il Nobel per "la ricerca pionieristica nella teoria dello stato condensato della materia e in particolare dell'elio liquido" e ha rivoluzionato l'insegnamento della fisica.

screenshot DAU trailer esperimento

La potenza dell'operazione sta qui: gli strumenti del regime totalitario—il terrore, la segretezza, il controllo totale—non si applicano solo dentro l'Istituto. Khrzhanovsky non ha solo ricreato un angolo di un regime totalitario, ma ha confuso i confini tra vero e falso, tra ragionevole paura e paranoia, tra verificabile e frutto della fede. Oltre ad avere imposto, sostengono diversi articoli, tentativi di molestie e umiliazioni sui partecipanti e sui 250 membri del suo staff.

Dopo che alcuni partecipanti sono finiti in carcere con veri assassini 'assoldati' da Khrzhanovsky nel vicino carcere di Kharkov; quando ormai il regime repressivo era arrivato al suo apice con interrogatori immotivati nel cuore della notte e i partecipanti si denunciavano a vicenda in una specie di versione sovietica dell'esperimento di Milgram, nel novembre 2011 Khrzhanovsky ha ordinato la distruzione dell'Istituto. Secondo un report comparso in Kommersant e riportato dalla London Review of Books , dei veri neonazisti sono stati assoldati per attaccare l'Istituto e i suoi abitanti. È seguita una serata danzante con musicisti famosi e sponsorizzata al pubblico esterno come l'apertura di una discoteca.

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Pochi giornalisti hanno potuto accedere all'istituto; pochi altri sono stati in seguito ammessi alla mansion londinese di Piccadilly Street numero 100 dove Khrzhanovsky seguiva il montaggio della sua opera. Gianluigi Ricuperati è stato uno dei visitatori, e ha poi stretto un rapporto continuativo con il regista che voleva assoldarlo per creare una tassonomia del reale dentro l'Istituto. In EST Ricuperati racconta la sua amicizia con Khrzhanovsky, l'allontanamento da quel mondo, e come la sua vita è cambiata dopo aver 'toccato' DAU.

Ora, sfumata l'idea di fare dalle 700 ore di riprese un film, sembra che DAU sia pronto per essere esperito in una serie di video-installazioni, ciascuna che segue una linea tematica parallela e alternativa. La prima doveva tenersi quest'autunno a Berlino, accompagnata da una performance niente affatto ambiziosa come la riedificazione di un segmento di Muro su Unter Der Linden, ma il consiglio comunale ha detto no. Le installazioni successive, per cui ancora non c'è una data certa, dovrebbero essere a Parigi e Londra.

Gianluigi Ricuperati ha scritto di tutto questo in EST, breve romanzo avvincente e alienante in uscita oggi per Tunué. Nel libro la vicenda di DAU fa da innesco per il cambiamento del protagonista e della sua vita, anzitutto sentimentale—e la cosa pazzesca è che è proprio quello che è successo anche all'autore. Ho parlato con Gianluigi di film e libro, e del perché non riesco a smettere di pensarci né a togliermi dalla testa una vocina che dice che non è possibile che sia vero.

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VICE: Come ci sei finito tu in mezzo al progetto di Khrzhanovsky?
Gianluigi Ricuperati: Attraverso [il curatore e critico d'arte] Obrist, è stato lui a segnalarmi questa 'cosa' come interessante. Sono andato a Londra, al quartier generale della post-produzione di DAU, per scrivere un'enciclopedia di quello che succedeva nel film. Khrzhanovsky mi ha detto, come succede al protagonista di EST, che per farlo avrei dovuto vedere tutto il girato. Per settimane ho fissato lo schermo, in una stanza in cui mi portavano da mangiare e da bere. Poi il progetto è stato abortito.

Perché hai deciso di mettere questa esperienza al centro del tuo ultimo libro?
Anziché filmare una finta realtà Khrzhanovsky ha creato una vera finta realtà e l'ha filmata, e io credo che la produzione di realtà sia la forma più contemporanea di arte. Penso che il suo processo creativo diventerà un classico, per questo per me era un privilegio e un'urgenza scriverne.

Forse EST è il libro più semplice tra tutti quelli che ho scritto, alla fine è una storia d’amore con dentro un 'trucco' da romanzo d'avventura, ma mi preme anche dire che il processo è stato unico: l'ho scritto praticamente in 30 giorni, in un continuo scambio con Vanni Santoni [editor e direttore della collana Romanzi di Tunuè]. Ho fatto qualche piccola modifica ai nomi un po' perché ero legato a DAU da una specie di accordo di segretezza, un po' perché mi piacciono i giochi di rimando, per esempio che Landau diventi il creatore del concetto di biosfera Vernadskij. Comunque, ora che la crisalide di DAU si sta aprendo, non è più un problema.

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interno post-produzione DAU piccadilly 100

L'interno dell'edificio dove si svolge la post-produzione di DAU. A sinistra, un manichino in panni sovietici. A destra, il dietro le quinte. Foto di Gianluigi Ricuperati, per gentile concessione dell'autore.

Igor, il regista di cui scrivi nel tuo libro, è megalomane, precisissimo e violento nella sua ira. È questa l'idea che ti sei fatto di Khrzhanovsky ?
Khrzhanovsky è una specie di Orson Wells russo che va molto al di là del cinema. In questa storia c'è qualcosa della cosmogonia gnostica: un demiurgo cattivo, una chiara distinzione tra bene e male, un mondo totalmente controllato, un cosmo in cui tutto è perfettamente coerente e in cui però possono arrivare delle turbative.

Secondo me DAU somiglia a un incrocio tra Heimat e Un posto al sole. Il progetto però non è solo questa specie di grande telenovela, cioè tanti film inanellati che raccontano la storia di Landau: ci sono anche spin off dedicati al sesso, alla violenza, o alla discussione di fisica teoretica che i geni che ha infilato nell'Istituto facevano a tempo perso (completamente anacronistici, ma Khrzhanovsky aveva deciso che andava bene così). Tutto quello che avveniva è stato filmato.

A proposito del fotoromanzo: ci sono tanta morbosità, tanto voyeurismo nelle scene che descrivi.
La storia di Landau viene affrontata molto dal punto di vista matrimoniale. Io mi sono trovato nel momento in cui si dissolveva la mia relazione a immergermi nella realtà di una persona che aveva, nell'URSS, una specie di matrimonio aperto. Tieni conto che gli scienziati sovietici vivevano in uno stato di eccezione rispetto alla popolazione, a livello di beni e diritti, perché erano utili allo stato, soprattutto dopo la scoperta dell'atomica. C’è dietro un elemento di fortissima tensione erotica, voyeurista—e non a caso tra le scene migliori ci sono proprio quelle di sesso. E poi c'è il filone del terrore.

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Ecco, il filone del terrore che continua anche di là dall'Istituto, per esempio nel tuo rapporto con Igor/Khrzhanovsky. Nel libro è centrale la storia del tuo allontanamento dal cosmo del regista, che ti punisce proprio perché pecchi di hybris nei confronti del mondo che lui ha creato. Lo trovo molto… significativo.
Appunto. Guarda, mi ha fatto un culo… Mi ha fatto vivere una situazione di terrore. Mi sono spaventato davanti alla sua aggressività anche perché mi trovavo in un edificio privato di Londra e nel frattempo erano in corso gli eventi che poi avrebbero portato a quella che è diventata nota come "guerra delle spie russe". Poi mi ha chiesto scusa, ma ormai i rapporti erano incrinati.

screenshot trailer DAU sesso

Tu hai assistito al processo di post-produzione, che si svolgeva non a Kharkov ma in un palazzo del centro di Londra. Perché anche questo luogo è stato allestito in continuità con la Russia sovietica?
Perché l’opera non è tanto il film quanto creare un mondo, e la post-produzione è una specie di demi-mondo che doveva essere in continuità con il resto: "A me non interessa fare arte, mi interessa fare la vita," mi diceva sempre Khrzhanovsky. Anche la musica che continuamente andava in filodiffusione serviva a costruire il mondo. Era Šostakovič, che ha scritto tutte delle fughe, perché la paura è una cosa che ti fa correre, e lui ne sa qualcosa perché ha rischiato di essere mandato in esilio tre-quattro volte.

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Ma chi ha finanziato Khrzhanovsky?
Diciamo che ha sfruttato a vantaggio del progetto alcune condizioni preesistenti nel particolare sistema capitalistico russo. Si dice che il suo principale finanziatore sia un fantomatico "oligarca intellettuale" matematico e filosofo (si dice avesse un'idea dello spazio sociale nella Russia contemporanea ispirata a Sorvegliare e punire di Foucault e al Panopticon). A parte questo oligarca, mi pare che anche lo stato russo gli abbia dato dei soldi come succede per ogni grande produzione cinematografica, credo poi ritirati quando il film non è uscito. Sinceramente non ho mai capito quale sia il suo rapporto con le autorità russe: sul tavolo del suo ufficio c’erano cioccolatini con la faccia di Putin sopra, ma i gadget su Putin sono davvero una categoria merceologica diffusa, un po’ ovunque, perciò a parte farmi un po’ ridere la cosa ha ulteriormente confuso un eventuale giudizio ‘politico’. Il mio istinto mi fa pensare che Ilya sia un uomo e artista in fondo libero.

gialuigi ricuperati est piccadilly 100 montaggio DAU

L'esterno di Piccadilly 100, sede della post-produzione di DAU. Foto di Gianluigi Ricuperati, per sua gentile concessione.

Però nel libro ci sono anche storie omosessuali, mi sembrerebbe strano se fosse legato agli ambienti di Putin.
Sì, ci sono elementi di quel tipo, ma si respirava un forte senso di omofobia. L'unica scena di sesso gay è tra due personaggi molto bassi nella scala sociale—considera che era 'in vigore' la gerarchia sovietica, dove umile = brutto = brutale. Invece le scene lesbiche sono molto approfondite, be', perché dietro di fondo c’è il fatto che lui è un erotomane. Comunque non c'erano forzature, solo input che lui dava e potevano essere seguiti o meno. È la vita sessuale di un mondo chiuso: era normale che, per dire, il cuoco e la cameriera a un certo punto scopassero.

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Ma lui come interveniva su quello che accadeva?
In realtà ci teneva molto a mantenere una segretezza a riguardo. Considera poi che difficilmente in Occidente gli avrebbero lasciato fare quello che ha potuto fare a Kharkov: esperimenti sui topi in laboratorio o trattare in un certo modo le persone che lavoravano o comparivano in questo esperimento. Non avrebbe mai potuto arrivare a questo tipo di controllo, mai.

Comunque quello che a me è rimasto non è tanto l'ambiguità quanto la disponibilità a dire di sì alla vita, come dice Nietzsche, di prendersi il rischio di abbandonare una strada sicura per una insicura. Penso che l'elemento dell’amore fosse molto importante per questo, nel progetto: alla fine quello che è accaduto nell'Istituto sono soprattutto storie d'amore.

DAU, come EST, sono mondi chiusi. Nella grande tradizione distopica volevate dirci qualcosa sul presente?
Sì, assolutamente. Penso che il mondo russo oggi sia il vero player mondiale della geopolitica, e non ci è ancora abbastanza chiaro quanto tutti gli aspetti della politica occidentale siano stati influenzati dall’investimento economico, mediatico e strategico russo. Per quanto riguarda DAU, invece, secondo la mia compagna tutto il film è una propaganda della grandiosità russa, dell'ambizione russa nel fare opere d’arte grandiose. Non so, può essere.

EST è edito da Tunuè, e puoi comprarlo qui.

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