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Musica

Recensione: Converge - The Dusk In Us

Ai Converge si potrà pure rimproverare qualcosa (forse, presumo), ma non la qualità dei loro lavori.

Qualche mese fa il buon Jake Bannon se ne usciva con insospettabile e inaspettato aziendalismo dicendo che, in soldoni, il disco migliore dei Converge è sempre l’ultimo, se non quello che ancora deve essere scritto. Si tratta di un’affermazione quantomeno eccessiva, ma che la dice lunga su quanto i ragazzi di Salem vogliano ogni volta alzare l’asticella e non fermarsi né accontentarsi mai. E ai Converge si potrà pure rimproverare qualcosa (forse, presumo), ma non la qualità dei loro lavori. Sono pochissime le band che in oltre vent’anni di carriera hanno avuto una crescita costante e che disco dopo disco ancora riescono ad aggiungere elementi, a rimescolare le carte e ad avere sempre qualcosa da dire.

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The Dusk In Us segue di ben cinque anni All We Love We Leave Behind, ma i Converge non sono certo rimasti fermi in questo lasso di tempo: progetti paralleli (dai Wear Your Wounds agli All Pigs Must Die), tour dedicati per i quindici anni di Jane Doe, e poi le sempre più prominenti attività della Deathwish Inc. e del GodCity Studio. Tutte queste esperienze portano il gruppo di Salem a confrontarsi con una dimensione sempre più controllata della loro furia e della loro esasperazione: le canzoni sono sempre al limite della follia, le chitarre di Ballou sono sempre schizzate, le urla di Bannon sono sempre da manicomio, ma i Converge non sono più ragazzini ribelli. Oggi sono uomini adulti, che devono fare i conti con problemi più grandi di loro, con responsabilità più grandi di loro, e hanno capito che devono continuare a lottare, ma in modo diverso, per ragioni diverse.

“A Single Tear” apre il disco con uno dei testi più belli che Bannon abbia mai scritto, una presa di coscienza che sembra scritta in occasione di un amore soverchiante (una prima paternità?) e che lo porta a dire che "come cadde una lacrima / inghiottita dal mare / il tuo splendore era senza pari / hai ridefinito ciò che posso diventare / quando ti ho stretto per la prima volta / ho capito di dover sopravvivere", che tradotto da me su Noisey non rende giustizia alla potenza emotiva delle immagini di un uomo dalla sensibilità inarrivabile. La crescita, il passaggio definitivo da ragazzi a uomini, è ormai talmente assodato e assimilato che i Converge ci raccontano addirittura di avere la “calma di Arkhipov”, perché “sono i fuochi che plachiamo a salvarci dagli inferni che viviamo”. Questo ovviamente non significa che la sofferenza e il dolore abbiano avuto fine, anzi, casomai avessimo qualche dubbio, il primo singolo estratto si chiamava “I Can Tell You About Pain”. Anche qui però il mantra è sempre lo stesso: nervi saldi. “Sta’ calmo, sta’ calmo, tieni giù la testa”, sì, ma “voi non sapete cos’è il mio dolore”.

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E poi la titletrack: “il tramonto in noi”. Da applausi a scena aperta. Come dare un senso crepuscolare ad un intero disco, ad un’intera carriera, ad un’intera vita, il tentativo di spiegare alle prossime generazioni che la vita è così, che fa male, che ci sono i mostri, che le nostre speranze verranno continuamente fatte a pezzi, ma che bisogna andare avanti e cercare di sopravvivere.

The Dusk In Us è uscito il 3 novembre per Epitaph.

Ascolta The Dusk In Us su Bandcamp:

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