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Musica

Recensione: Cults - Offering

Cosa significa oggi fare musica pop? Un'emozione è tale anche se fabbricata a tavolino?

È arrivato il momento di chiedersi cosa significa oggi fare musica pop: confezionare un prodotto che venda a breve termine e quindi accontentare il gusto delle masse? Significa contaminare e rendere la ricerca un modo per arrivare a tutti senza sputtanarsi? Non significa un cazzo? Ecco, queste le domande che mi sono venute in mente ascoltando l'ultimo dei Cults: disco in cui i nostri si trasformano in una perfetta macchina oliata di "canzoncine", laccate laccate, pulite, senza un pelo, coi suoni che sembrano prodotti da Hello Kitty in persona.

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Ora, non che prima i Cults fossero chissà quali personaggi con chissà quali grilli per la testa, ma la differenza rispetto al passato si sente. Perso quello che avevano di lo–fi, hanno acquistato del glo e una probabile ambizione ad arrivare in qualche posto alto della classifica. Il che non è necessariamente un male, ma a un certo punto l'ascoltatore, colpito da questa valanga di romanticismo, comincia a pensare che qualcosa non quadri. Nel senso che sì, è tutto perfetto, ma le melodie sembrano forzate, tutto dà l'impressione di essere stato costruito a tavolino. Certo, mentre stavano al tavolino si sono divertiti e si sente, ma dopo un inizio in cui sembrano evocare lo spettro del Paul Mc Cartney di Silly Love Songs, poi rimane solo lo spettro e dopo il terzo pezzo ti sei già rotto i coglioni.

Però poi sembrano dirsi "ok dai, però facciamo anche qualcosa di più matto, sennò questo si rompe i coglioni davvero"; e arrivano le ritmiche un po' vintage primi anni Duemila, gli Ottanta, un piano che riecheggia i grandi classici. Insomma, mischiano un po' le carte per distrarmi, col risultato che non capisco dove vogliano arrivare. Vogliono far piangere gli adolescenti? Vogliono allontanare i matusa? Vogliono qualcosa? Boh.

Forse nulla, che è la sensazione che dopo un continuo ascolto del disco esce prepotente dallo stomaco. In fondo in fondo, forse proprio per questo, Offering fa venire il magone e i lucciconi: peccato che sembrino indotti chimicamente e non proprio per motivi "naturali".

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Ma, appunto, torniamo alle domande iniziali: cosa significa oggi fare musica pop? Confezionare un prodotto che venda a breve termine e quindi accontentare il gusto delle masse? Significa contaminare e rendere la ricerca un modo per arrivare a tutti senza sputtanarsi? Non significa un cazzo? Penso che di base significhi emozionarsi—e allora Bubble Tea per tutti, con questa roba nelle orecchie.

Offering è uscito il 6 ottobre per Sinderlyn.

Ascolta Offering su Bandcamp:

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