Suonare in una band fa schifo

FYI.

This story is over 5 years old.

Musica

Suonare in una band fa schifo

In ogni remoto buco di ogni provincia d'Italia migliaia di giovani, me compresa, si arrabattano tra sale prove malsane, locali da incubo, automobili stipate fino all'orlo: ma chi ce lo fa fare?

C'è un momento nell'adolescenza di tutti in cui l'esigenza di connotare la propria personalità con qualche attività per così dire "extrascolastica" diventa irrefrenabile. Di solito queste attività hanno una forte caratterizzazione che denota anche il gruppo di appartenenza, determinando, nella maggior parte dei casi indelebilmente, i successivi anni della vita di ciascuno.

Se si è abbastanza fortunati da scegliere che uno sport faccia da abito sociale durante il liceo, gli effetti positivi sono visibili già intorno ai venticinque anni, quando il tuo fisico forgiato da calcetto o danza non si trova davanti alla realtà del decadimento che invece si impossessa di tutti i non-sportivi.

Pubblicità

Se invece si è stati così ribelli e velleitari da considerarsi degli "artisti" e dunque si è optato per un corso di chitarra o di qualsiasi altro strumento da imbecille invece di un sano corso di equitazione, a meno che non si abbia poi sfondato nella musica, cosa abbastanza improbabile, ci si ritrova con un sacco di tempo perso, sogni infranti e mal di schiena da viaggi in macchina.

Suonare in una band è un'attività massacrante che non regala altro che delusioni goffamente anestetizzate da un paio di consumazioni gratis nei locali in cui si suona e qualche bagliore di vanagloria. Per il resto, è davvero uno schifo.

Le sale prove fanno schifo

Partiamo dal principio: per suonare in una band bisogna avere prima di tutto degli strumenti, e poi un luogo dove incontrarsi. Per quanto riguarda gli strumenti, è inutile specificare quanto sangue e sudore bisogna buttare per riuscire ad ottenere un set degno di questo nome, facendo ricorso ai vari fondi compleanno/Natale o a un nonno incline al mecenatismo.

Una volta imbracciata una sottomarca della Fender che ricordi vagamente quella del proprio idolo, la sala prove diventa il luogo dove i pomeriggi si perdono nel nulla insieme all'udito che piano piano andrà sempre più ad abbassarsi nonostante non si abbiano ancora nemmeno vent'anni.

Uno strozzino che lucra sui sogni degli adolescenti vi spillerà denaro almeno due o tre volte a settimana convincendovi che l'attrezzatura che si trova nella sua saletta "Stairway to Heaven" non si trova da nessun'altra parte in città. La saletta sarà una specie di caverna bollente d'estate e gelida di inverno coi divanetti impregnati di birre e le pareti mangiate dai topi, perché chi ha detto che il punk è morto?

Pubblicità

Le prime prove poi saranno un osceno ensemble di cover scelte in base ai gusti di ognuno dei membri della band, dunque un'accozzaglia di rivincite personali e pessimi gusti. Una volta presa la mano con il resto dei componenti, e dunque preso atto di ogni snervante problema individuale tipo non andare a tempo o non rendersi conto di quanto si è stonati, la sala prove può diventare il luogo della creazione e dunque all'ansia del tempo che passa e si trasforma in denaro per chi la affitta e si aggiunge anche quella inevitabile incompatibilità di gusto tra delle persone che dovrebbero essere a casa a fare versioni di latino e non a comporre schifezze.

I primi live fanno schifo, ma gli ultimi non sono da meno

Dopo svariate settimane passate chiusi in un luogo senza finestre e con i cartoni delle uova che fanno da sfondo, arriva l'inevitabile momento in cui l'esibizione diventa un obbligo verso se stessi e verso gli altri. I più famosi tra i rompighiaccio per le band sono senza dubbio gli eventi scolastici, dove tra un urlo al megafono e un simpatico gavettone per festeggiare l'arrivo dell'estate, un'esibizione solitamente pessima si fa strada tra l'imbarazzo di suonare davanti ai propri compagni di scuola e l'orgoglio di poter dire di essere parte attiva della comunità. Tra improbabili richieste da karaoke e pernacchie derisorie, potrebbe anche succedere che qualcuno vi rubi qualcosa dalla strumentazione o che la vostra professoressa faccia capolino durante l'esibizione per mettervi ulteriormente a vostro agio.

Passata la fase dei live a scuola, si entra nella fase dei live nei locali, caratterizzata dal definitivo addio alla propria dignità ufficialmente immolata allo spam. "Ci vieni al mio concerto? Dai entro le 22 sono solo dieci euro con una tazzina di birra in omaggio": quante di queste frasi sarete costretti a pronunciare? Quanti dei vostri amici vi odieranno per aver fatto prendere loro la macchina di mercoledì sera per andare in una sperduta birreria di qualche paesino remoto?

Pubblicità

Per non parlare dei proprietari dei locali, tutti gentilissimi e desiderosi di fare il possibile affinché la serata sia piacevole prima di tutto per i musicisti, per questo vi faranno aspettare le due di notte per cominciare a suonare e vi daranno per cena una fetta di pizza fredda.

Andare in tour fa schifo

Superato lo scoglio del live a casa propria e in tutti i paesi che circondano la città, bisognerà pure andare in avanscoperta verso altri lidi. Quale modo migliore per farsi del male se non infilarsi in una macchina (o in un furgoncino, se si è particolarmente facoltosi) facendo il Tetris con la strumentazione, rischiando di decapitarsi con pezzi di batteria e percorrendo infiniti chilometri per poi ripartire dopo qualche ora e dopo un micragnoso spettacolino per una decina di persone? Questa fatidica parola che piace tanto ai grandi, "la gavetta", è la cosa che ci ha illusi di poterci martoriare fisicamente e psicologicamente con una tortura come il tour.

Sempre speranzosi di stare facendo la cosa giusta per il futuro, perché i frutti prima o poi saranno colti, si finisce a dormire a casa di uno sconosciuto, a terra o sul divano, dopo aver smontato e caricato ogni pezzo della strumentazione per poi rimontarlo e ricaricarlo la sera dopo per ripetere all'infinito questo scenario da inferno dantesco.

Per non parlare poi dello stato brado in cui ci si ritrova: le docce sono un miraggio, tant'è che l'odore di tour si può identificare da svariati metri, il sonno è un'attività secondaria, l'alimentazione diventa autodistruzione dei propri organi, la vita sostanzialmente fa schifo.

Pubblicità

Finito di suonare non puoi nemmeno concederti una piccola sbronza liberatoria con quelle due consumazioni che ti sono state concesse (se ti sono state concesse, non è così scontato) perché devi stare attento che nessuno trafughi cose dal backline che verrà successivamente spostando a gran fatica dentro il mezzo con cui ci si muove, spesso molto lontano dal luogo del concerto. E a proposito del mezzo, mi sembra superfluo sottolineare l'assoluta e imprescindibile scomodità di ogni metro percorso in uno stato di asfissia costante in cui si è costretti a stare se non si guida e alla noia mortale di autostrade su autostrade da percorrere in caso in cui invece si stia al volante. Non so onestamente quale delle due opzioni sia peggio.

Nei momenti che succedono ai concerti, ci si potrebbero aspettare rimorchi seriali o quanto meno un po' di gloria, mentre solitamente le uniche persone che ti si approcciano lo fanno o per farti i complimenti da musicista a musicista e quindi ad esporti un infinito pippone tra "gente che si capisce" o per fare dei commenti assolutamente fuori contesto. Se poi, come nel mio caso, si ha la fortuna non solo di essere donna ma di essere anche batterista, dunque una specie di mostro mitologico, il dopo concerto sarà dedicato esclusivamente a rispondere a uomini sbalorditi dal fatto che una ragazza sappia suonare la batteria, o ad altri commenti sessisti come per esempio il classico "perché non sorridi mentre suoni?".

Pubblicità

Registrare un album fa schifo

Fatto il tour, fatti i live, cos'altro resta da fare? Il disco. Vabbè, che ci vorrà mai a registrare una decina di pezzi che sai a memoria e che suoni da mesi e mesi in giro per l'Italia o per l'Europa o addirittura per il mondo intero?

Non c'è nulla di più sbagliato che sottovalutare l'impareggiabile fatica che si è costretti a sopportare dentro uno studio ovattato, con addosso un paio di cuffie che fanno avvampare le orecchie per quante ore le si devono tenere addosso, di fronte ad un presunto "ingegnere del suono" il quale non si tratterrà dal mettervi in difficoltà ogni volta che gli sarà concesso con richieste che rasentano la follia.

La nausea che si impossessa del cervello di un musicista costretto a suonare la stessa cosa per una trentina di volte di fila penso sia paragonabile solo a quella di Paul Anka che si esibisce fisso a Las Vegas da una ventina di anni, senza la consolazione del guadagno però, anzi, con la consapevolezza dell'altro espediente motivazionale oltre "la gavetta" che adottano gli artisti per andare ostinatamente avanti, ovvero "l'investimento".

Durante la registrazione di un disco arrivi a odiare l'unica cosa che ti aveva sempre portato avanti in questa pazza scelta di assecondare le tue velleità, la tua musica. Poi, una volta finito questo strazio al quale ti sei sottoposto volontariamente, come tutto il resto, non avrai nemmeno la soddisfazione di potere avere questo dannato disco tra le mani senza dover aspettare settimane su settimane che il missaggio sia finito. E ti ritrovi a chiederti se sia necessario un labor limae così sofisticato e dispendioso su un disco che probabilmente farà cacare comunque.

Pubblicità

I musicisti fanno schifo

Ecco, diciamocelo chiaramente: il vero problema non sono le band, ma la sostanza di cui sono fatte—i musicisti. Egocentrici, presuntuosi, vanitosi, i musicisti sono una categoria umana che raccoglie in sé tratti caratteriali tra i peggiori nell'universo, secondi forse solo agli attori.

I chitarristi non riescono a trattenersi dal mettere il volume dell'amplificatore, metafora del loro ego, a livelli assordanti per tutti i presenti; i cantanti non fanno praticamente nulla di complicato o stancante se non prendersi tutto il merito dell'eventuale riuscita di un live o di un disco; i bassisti sono quasi sempre chitarristi riconvertiti che nutriranno per sempre un complesso di inferiorità nonché una frustrazione insostenibile per non essere loro quelli con gli amplificatori a palla che si sparano gli assoli; e i batteristi sono generalmente autistici che non sanno fare altro che pensare a quello che suonano e a essere estremamente rumorosi in momenti inopportuni.

I tastieristi non li tengo nemmeno in conto perché possiamo dire che sostanzialmente non esistono, mentre la chimera per eccellenza sono i cantanti chitarristi che combinano un misto di egocentrismo e prevaricazione nei confronti di tutti coloro i quali si ritrovano malauguratamente a fare da spettatori della loro arte.

Per non parlare poi di tutte quelle altre figure che ruotano attorno alle band: i fonici, che si sentono un po' i nerd della musica dal vivo perché parlano di cose che capiscono solo loro e fanno spesso finta di sentire cose che in realtà non sente nemmeno un cane; e i manager, la parte operativa della band, quella che pensa al business mentre gli artisti bighellonano in giro troppo impegnati a fare dell'arte per curarsi di qualcosa di così poco eccentrico come il denaro (nel caso in cui ce ne sia).

Insomma, se siete ancora in tempo per non diventare nessuna di queste cose, prendete la chitarra o qualsiasi altra cosa abbiate intenzione di suonare e buttatela, prima che sia troppo tardi.

Segui Noisey su Twitter e Facebook.

Altro su Noisey:
Storie dell'orrore dai tour delle band italiane
Storie dell'orrore dai tour delle band italiane, parte seconda
Andare ai concerti fa schifo