Macao. Foto: Gian Maria Di Pasquale
Macao. Foto: Gian Maria Di Pasquale. Tutte le foto per gentile concessione degli intervistati.
Musica

Cosa resta della vita notturna di Milano dopo Macao?

Lo spazio autogestito di Viale Molise è abbandonato dal 2021, ma il vuoto che ha lasciato non è stato ancora colmato.

Milano, negli anni, ha dato spazio a diversi luoghi di aggregazione, ricreazione e condivisione dell’arte e della musica, luoghi di unione, interazione e amore in senso lato che contribuiscono alla costruzione di una società culturalmente florida. Primo fra tutti, un tempo, era Macao, centro socio-culturale di estrema importanza per circa dieci anni prima del suo abbandono nel novembre 2021.

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Da quando non esiste più, la narrazione di Milano sembra essere per sempre divisa in pre-Macao e post-Macao. Questa chiusura, di cui è più corretto parlare in termini di abbandono indotto, però, non è l’unico elemento che ha cambiato le sorti della notte milanese: tra l’incertezza economico-sociale causata dalla pandemia e l’innalzamento vertiginoso dei prezzi—dagli ingressi alla porta al bar e le prevendite agli spostamenti—, la vita notturna della città si è trasformata radicalmente.

Noi di Noisey abbiamo deciso di fermarci un attimo a guardare lo stato attuale del divertimento notturno di Milano, con un focus sulle attività più sperimentali, e capire in che punto ci troviamo. Per farlo bene abbiamo scelto di intervistare chi è coinvolto quotidianamente (in vario modo) nelle serate, nei club e nelle feste che costellano la città.

Abbiamo quindi interagito con alcuni e alcune ex partecipanti di Tavolo Suono—il gruppo di persone che si è occupato della proposta musicale di Macao—in particolare Manuella, Barbara, Gian Maria, Francesco E. e Giulia, che hanno raccontato la loro esperienza diretta con il peso culturale che la palazzina di viale Molise ha sempre avuto e con le conseguenze della sua scomparsa. Come richiesto, ci teniamo a sottolineare che le opinioni uscite dal confronto con queste persone non sono espressione del collettivo, bensì di alcuni singoli individui che vi hanno preso parte negli anni. Dall’ascolto delle loro voci sono infatti emersi pensieri talvolta contrastanti, che riflettono la complessità delle dinamiche caratteristiche di una realtà sfaccettata e inclusiva come Macao.

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Abbiamo poi parlato con Virginia Ricci e Luca Giudici, che organizzano la serata Spiritual Sauna, un evento di riferimento per il clubbing milanese cresciuto a Macao e spostatosi ora al Q Club. Abbiamo anche raccolto le idee di Ioana Boaje, in arte Miss Jay, dj che da anni suona e balla in numerosi luoghi della città, e il fondamentale parere di un assiduo clubber, Francesco Cellino, per confrontare i due lati della barricata.

macao saturnalia foto guido borso

Saturnalia. Foto di Guido Borso.

Raccontare Macao come luogo fisico a chi non ci ha mai messo piede è difficile, forse impossibile. Il progetto era collocato in una meravigliosa palazzina liberty (Ex Macello) in viale Molise 68, in Calvairate, occupata dal 2012. Era gigante, piena di stanze, balconate e scale, con al pian terreno uno spazio dedicato al dancefloor, cuore pulsante delle nottate.

Ma Macao non era un club. Come ha ricordato Manuella, Macao è stato “innanzitutto un punto di incontro, potremmo dire un melting pot,” un luogo di sperimentazione non solo estetico-musicale ma anche di aspetti politico-economici di gestione delle risorse, oltre che relazionali. Era come se esistesse una ‘Repubblica di Macao’, in cui “si poteva agire attraverso modalità che all’esterno neanche lontanamente venivano prese in considerazione.” Un posto in cui “se dicevi una cosa, potenzialmente potevi farla”, ha aggiunto Giulia. Mentre per Francesco E., la cosa che rendeva il polo così attrattivo, un posto speciale in cui soggettività di ogni background socio-economico e lavorativo volevano venire, era “la possibilità di proporre progetti non strutturati per le logiche di mercato capitalistiche dentro un edificio multifunzionale e pluristratificato, composto da tanti spazi diversi e interconnessi nel presentare al pubblico un flusso organico di performance ed esperienze artistiche di ogni tipo.”

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Era uno snodo fondamentale sulla questione della proposta musicale, come ha sottolineato anche Barbara: “Uno spazio come Macao mi ha permesso di organizzare eventi underground, di ricerca, situazioni anche fastidiose e fuori dalle logiche di mercato. E mi ha dato quella libertà di dire: ‘Ok, faccio questa cosa matta e sicuramente avrò il pubblico che riceve e accetta l’idea.’”

sMacao negli anni è infatti riuscito a portare un pubblico molto ampio a concerti di musica underground e sperimentale che fondamentalmente, prima della sua azione, erano relegati a spazi che sia per questioni di metri quadri sia per un discorso di nicchia culturale, raggiungevano i soliti 15-30 spettatori. Legando queste esperienze, sono state tratte le energie necessarie per creare nuove possibilità. “Abbiamo portato quel tipo di musica a una platea molto più ampia, di cui facevamo parte assolutamente anche noi. Portavamo la musica che volevamo ascoltare noi,” ha sottolineato Gian Maria, uno tra i primi fondatori di Tavolo Suono e di Macao, a cui ha fatto seguito subito Barbara: “Si organizzava il concerto pensando: ‘Ok, lo organizzo perché altrimenti non lo sento da nessuna parte a Milano. E adesso è questo quello che manca.” Questa mancanza si fa sentire forte e chiara sul pubblico e sugli addetti ai lavori, come ha dichiarato Ioana: “Appena dopo la chiusura di Macao sembrava che la scena alternativa fosse quasi inesistente.”

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Tavolo Suono, come ci racconta sempre Gian Maria, è una realtà nata nei primi momenti di occupazione della palazzina di Viale Molise, seguendo un’idea di suddivisione in “tavoli” tematici, ciascuno con i propri obiettivi di sviluppo culturale: “Io avevo proposto di fare un tavolo suono legato alla proposta e alla ricerca musicale, non solamente a eventi, concerti e serate. Era prioritario creare un nucleo che raccogliesse musicisti e organizzatori per ravvivare un po’ la scena, perché ci si rendeva conto che sul territorio milanese c’erano delle piccole realtà che spesso erano anche molto chiuse. Quindi Tavolo Suono nasce all’interno di Macao tra qualche tecnico, qualche fonico e qualche musicista.”

Delle logiche di mercato poco interessava a Tavolo Suono, anche se come ha ricordato Francesco E. questo non significava per forza non seguire anche solo in minima parte un trend. Spesso, ha aggiunto Gian Maria: “Non abbiamo soddisfatto richieste di agenzie e di artisti in contrasto con il nostro pensiero.” E quindi, a livello culturale e artistico, Macao si distingueva dagli altri centri sociali, tendenzialmente caratterizzati da azioni–legittimamente–più political-oriented. Lo scopo iniziale del collettivo quando è nato–si parla del 2012, ai tempi in cui era stata occupata Torre GalFa (all’incrocio, appunto, tra via Galvani e via Fara), prima di spostarsi in altri 4 o 5 luoghi e, poi, definitivamente all’ex Macello in viale Molise 68—era “fare della propria arte il proprio lavoro,” ha detto ancora Manuella.

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saturnalia 2018 macao foto guido borso

Lucta ad Allucinazione Metropolitana, Macao, 2018. Foto di Guido Borso.

Macao era quindi il centro per l’arte, la cultura e la ricerca. Non era strano vedere i tuoi genitori uscire dall’evento dedicato allo scambio di piante e talee, mentre tu entravi per ballare. Ma non solo, al suo interno potevi trovare anche il mercato, la falegnameria, la boxe, tantissimi gruppi di incontro, il cinema, la serigrafia, il tango, l’orchestra, lo studio di registrazione, la sartoria, la sala teatro, lo spazio di swap di vestiti. Virginia e Luca concordano sul fatto che “oggi sarebbe bello avere spazi di aggregazione anche fuori dal club. Macao era questo, era fuori dalle logiche.” E per quanto riguarda la musica in sé, i due sottolineano che attualmente il panorama milanese rispecchia le paure pre abbandono di Macao e pre pandemia, ossia quelle di avere una città musicalmente morta.

Ma oltre tutto questo, oltre la praticità, l’offerta culturale e la proposta musicale, oltre l’autogestione, Macao era un posto in cui poter raggiungere un senso di autodeterminazione del proprio corpo e del proprio genere, un posto in cui gli outsider potevano sentirsi liberi di essere chi erano, un luogo capace di accogliere chi non aveva mai trovato il proprio posto altrove. “Un sacco di persone a Macao hanno trovato uno spazio, un tempo e una ragione d’esistenza,” ha spiegato Manuella. E Giulia le ha fatto eco: “Macao è stato fuga e cura allo stesso tempo, per tutte quelle persone che non si sono ritrovate all’interno delle società in cui sono nate.” Macao è anche stato un bacino di riscoperte personali: “Dentro abbiamo visto nascere transizioni, prendere forma autocoscienze e personalità di diverso tipo.”

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Per Ioana, la sua esperienza a Macao è stata di grande impatto sulla sua personalità artistica. Ha raccontato infatti: “Da dove vengo io (la Romania, ndr) non esiste un centro sociale di quelle dimensioni. Ho avuto esperienze bellissime, è lì che ho realizzato dove volessi andare con la mia musica ed è anche il primo posto a Milano in cui ho suonato. Purtroppo verso la fine si sentiva che il clima fosse cambiato, era diverso, non so come spiegarlo.”

Francesco Cellino, invece, che parla in un’ottica più da clubber, si allinea con le parole degli ex partecipanti di Tavolo Suono: “Credo sia venuto a mancare un punto di riferimento per serate e concerti più sperimentali: penso soprattutto a eventi ricorrenti come Dance Affliction o il festival Saturnalia, erano un’occasione per vedere a Milano artisti meno conosciuti, nonché per conoscerne di nuovi o entrare a contatto con scene artistiche diverse da quelle che generalmente trovano maggiori spazi e attenzioni.”

Dopo nove anni di sperimentazione collettiva, tra organizzazione, produzione artistica/culturale e lotta, Macao è stato “messo nella condizione di andarsene”—secondo le parole di Manuella—e il 5 novembre 2021 ha deciso di lasciare la palazzina. Questa (sofferta) decisione è stata presa perché la zona non era più sicura: “Non ce la sentivamo più di organizzare eventi, di chiamare gente, ma più che altro perché l’avremmo messa in pericolo.”

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Nel 2021, infatti, la palazzina gemella di Macao–proprio di fianco al civico 68–era stata occupata da persone che vivevano situazioni di estremo disagio e disperazione, in contesti di povertà assoluta. Come hanno raccontato, “non potevano di certo permettersi di pagare un affitto, né tantomeno ottenere garanzie per trovare un appartamento.” Ad abitare la palazzina gemella erano circa duecento persone, abbandonate e senza tutele, per le quali “il comune non ha fatto alcun genere di attività legata alla casa e al diritto alla casa, o al loro diritto di avere un lavoro dignitoso,” ha affermato Manuella.

“La loro posizione di classe, unita allo stato di abbandono sociale ed economico estremo in cui erano immersi, spingeva alcuni di loro irrimediabilmente al dover sopravvivere ad un mondo ostile e respingente, e a farlo con ogni mezzo possibile”–come ha spiegato Francesco E. Durante una notte in particolare il collettivo si è dovuto barricare dentro l’edificio, per non incorrere in pericoli che arrivavano dall’esterno. “Con loro abbiamo tentato anche di renderci consapevoli del privilegio che deteniamo, rispetto a loro, ma eravamo su due piani di comunicazione troppo differenti.” Così si è arrivati alla decisione del 5 novembre 2021, quando tramite i social, il collettivo ha comunicato l’abbandono della palazzina. 

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Di lì a poco, sono intervenuti Polizia di Stato, Carabinieri e Polizia locale, coordinati dalla Questura, con la presenza anche di servizi sociali del Comune di Milano, e hanno sgomberato tutte le palazzine dell’area ex Macello ed ex Avicunicolo in via Lombroso, allontanando tutti gli occupanti.

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Violence a Saturnalia, Macao 2017. Foto di Gian Maria Di Pasquale.

Quella di Macao è stata quindi un’esperienza terminata con l’amaro in bocca. Secondo gli ex partecipanti di Tavolo Suono con cui abbiamo parlato, è una storia di speculazione edilizia. Il comune, con la sua assenza di politiche per la casa e il suo totale menefreghismo nei confronti dell’arte proveniente dal basso e della popolazione più giovane della città, si configura come con-causa dell’abbandono indotto della palazzina da parte di Macao. Manuella ci ha lasciato quindi con qualche domanda: “Perché il comune non ha scelto di spacchettare il lotto e assegnare delle sezioni più piccole a realtà che venissero dal basso? Perché il comune ha voluto mantenere un valore commerciale, anziché uno sociale?” 

Se da un lato le domande a queste risposte tardano ad arrivare, dall’altro oggi possiamo osservare una Milano che, piano ma con ambizione, sta cercando di ricostruire la proposta artistico-musicale in luoghi e tempi diversi, fronteggiando la crisi post Covid e l’aumento del costo della vita.

Secondo Francesco C., il panorama attuale offre soprattutto realtà che già esistevano prima della crisi pandemica–pensa al circolo Masada e il suo fratello notturno Amelia, Buka nelle sue varie forme e location, le Hundebiss night al Cox18, Lobo al Leoncavallo, Discosizer. Circa gli stessi nomi sono arrivati da Virginia, Luca e Ioana, che hanno anche ricordato l’importanza di serate come Solida e Vitamina al Q Club, C3, lo spazio di Fondo Luogo, i collettivi Spite e Sayri e tante altre piccole esistenze, impossibili da collocare in una definizione precisa di soggetto o di luogo, che animano e guidano l’interesse sperimentale in città.

Virginia e Luca ci hanno tenuto a ricordare l’ultima Sauna in viale Molise di sempre, il giorno di San Valentino del 2020. Quella sera suonavano HDMirror e Ecco2k, l’afflusso di persone era impressionante e il Covid era ancora qualcosa di cui non tutti erano granché informati o preoccupati. Quella notte era stata importante per Sauna sicuramente per la line-up, ma soprattutto perché l’idea stava iniziando a entrare con un filo di continuità nella programmazione di Macao.

Di lì a poco ci sarebbe stato il primo ufficiale annullamento di un evento di musica sperimentale causa Covid, lo showcase di Lyra Pramuk a Spazio Vitelli previsto sempre in febbraio di quell’anno. Come hanno raccontato Virginia e Luca, inizialmente non c’era grande preoccupazione: invece che andare fisicamente a ballare, passavano la notte su Club40ine, un plug-in che ti permette di giocare a turno a mettere le proprie tracce, partecipando all’after in chat, ognuno nella propria cameretta, aspettando di ripartire con Sauna a Macao più carichi di prima.

Tuttavia, come ci ha raccontato Virginia stessa: “Macao era impegnativo, le nostre serate spesso portavano oltre 2500 persone e mettersi d’accordo con tutti gli organi interni alla struttura era difficile. Dialogare ora con un club a tutti gli effetti è sicuramente più immediato e permette una cadenza regolare, una continuità che prima non era ovviamente possibile—Macao aveva tante attività, andava rispettato il turnover.” Lavorare in una struttura più istituzionale, però, porta inevitabilmente a confrontarsi con il problema dei costi. Sempre Virginia ci ha raccontato che, nonostante lei e Luca riescano a limitare le volontà del locale e a mantenere prezzi sempre abbordabili, ovviamente la modalità è cambiata, le spese in Macao erano completamente diverse—e minori—rispetto ad ora.

Secondo Francesco C. l’aumento dei costi sta rischiando di creare delle barriere d’esclusione, sta diventando un ostacolo. “Per questo”, dice, “credo che abbia ancora più valore il fatto che debbano esistere spazi in grado di mantenere prezzi popolari.”

Ciò che emerge dalle parole degli ex partecipanti di Tavolo Suono, di Ioana, di Francesco C., di Virginia e di Luca, rispecchia un po’ quanto scritto all’inizio dell’articolo: Milano ha perso un punto di riferimento, di legame, di equilibrio, di ispirazione e di accoglienza, ma cerca di tenersi in piedi, di portare avanti progetti nonostante la fatica nel trovare spazio, talvolta scendendo a compromessi con le regole di mercato. Niente tornerà davvero come prima, ma la speranza è quella di continuare a far nascere e crescere nuove forme e zone di partecipazione musicale.