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A8N9: La strana scienza

A suon di stelle

Fiorella Terenzi ha trasformato le onde della galassia in musica.

Foto di Christiaan Lopez-Miro

Una sera, in un baretto che frequento, un tizio ha iniziato a raccontarmi di quando è andato in vacanza in un’isola sperduta nel Pacifico, ha assunto una dose massiccia di LSD e ha iniziato a percepire l’universo che comunicava con lui tramite suoni bellissimi e armoniosi. Tornato a casa con una nuova consapevolezza, ha iniziato a fare ricerche su internet e ha trovato che non solo i flussi cosmici che aveva intercettato erano probabilmente frutto di un’autentica percezione extrasensoriale, ma che questa sua esperienza era condivisa e provata da un’astrofisica. L’astrofisica in questione si chiama Fiorella Terenzi e, verso la fine degli anni Ottanta, ha iniziato a registrare le onde cosmiche e a tradurle in suoni. Fiorella ha pubblicato due album, Music from the Galaxies, del 1991, e The Gate to the Mind’s Eye, del 1994. Pare che i Massive Attack abbiano utilizzato campioni del suo brano “Sidereal Breath”. In quegli anni, Fiorella ha avuto una certa risonanza universale anche in parecchi media, a partire da performance in importanti talk show fino a un articolo su TIME Magazine che la definiva “A cross between Carl Sagan and Madonna.” Poi Fiorella ha smesso di pubblicare musica e ha iniziato a dedicarsi all’insegnamento, sempre con un orecchio di riguardo alle melodie cosmiche. L’ho intervistata via Skype da Milano a Miami, una roba che per me è già super tecnologica, ma per lei, abituata a ricevere chiamate da anni-luce di distanza, sarà stato come salutare il fruttivendolo sotto casa.

VICE: Buongiorno Fiorella, al momento dove si trova?
Fiorella Terenzi: Sono in Florida. Da quanti anni è negli Stati Uniti?
Da 22 anni. In Europa i ricercatori sono sottopagati, io ho provato a insegnare in Italia, ma poi sono tornata negli Stati Uniti. È lì che è iniziato il suo progetto musicale?
Sì, è incominciato tutto a San Diego nel 1987 ed è andato in pieno sviluppo nel 1991 quando è uscito il mio primo CD. Io avevo studiato pianoforte, opera e composizione al conservatorio Verdi di Milano, e mi sono accorta che le onde radio delle galassie erano decodificate tramite intensità e frequenza, esattamente come le note musicali. Quindi mi sono chiesta, perché non provare ad ascoltare l’universo? Da lì è nata l’idea della astronomia acustica, che ho messo in pratica nel Computer Audio Research Laboratory di San Diego. Mi spiega più nel dettaglio come funziona?
Tu sai che i suoni che noi sentiamo sono pochissimi, stanno in un intervallo molto limitato che va dai 20 ai 20.000 HZ. Poi esistono gli ultrasuoni, che sono quelli oltre i 20.000 HZ. Ecco, le radiogalassie hanno una frequenza di miliardi di HZ. Quindi il primo problema era accedere al radiotelescopio per poter registrare i suoi dati e trasformare questi miliardi di vibrazioni in un intervallo udibile dall’orecchio umano. Io ho utilizzato il Very Large Array Radiotelescope nel New Mexico, poi ai tempi occorrevano computer molto potenti che solo le università avevano. Da lì poi si traduceva in musica.
Sì, con i primi strumenti di sintetizzazione del suono tramite il computer e poi conversione di questo segnale digitale a un apparato analogico per renderlo udibile. Come si è sviluppato questo tipo di ricerca?
Ci sono alcune università che si stanno occupando di registrare solo determinati pianeti o oggetti astronomici, ad esempio a Stanford si stanno occupando di registrare il Sole, il dottor Webb della Florida International University, dove sto insegnando, ha preso il quasar, un oggetto potentissimo che emette della luminosità molto variabile, anche nel giro di pochi minuti, e ha trasformato in suono questa luminosità. Nell’università della Virginia hanno fatto la stessa cosa con la radiazione cosmica di sottofondo, alla temperatura di tre kelvin. Poi abbiamo ascoltato un sacco di pulsar, Giove, Saturno. Un universo che si sta rivelando molto musicale. Cosa registrava lei esattamente?
Io mi sono concentrata su una galassia che sta a 180 milioni di anni-luce, si chiama UGC6697, è situata tra la costellazione della Vergine e quella del Leone, vicino al Grande Carro. Questa galassia è molto imprevedibile, ha un compagno con cui litiga parecchio lanciandosi getti di luce super rapida, per questo la sinfonia che viene fuori è abbastanza casuale. Non è come una pulsar, che emette un segnale regolare. La pulsar è la batteria dell’universo. Io cercavo qualcosa di più variato. Quindi la sua musica è antichissima.
Esatto, risale ai tempi in cui sulla Terra vivevano i dinosauri. Ora le farò una domanda che può sembrare stupida, ma è anche inevitabile: è mai riuscita a captare entità con un’intelligenza sviluppata, non umane?
Purtroppo no, e le spiego anche perché: nell’universo la vita a livello cellulare è molto comune, anche se non abbiamo tutte le prove, perché siamo stati in pochissimi posti. Però sono sicura che organismi molto semplici siano presenti in ogni galassia. Quando invece si parla di vita intelligente come quella del popolo della Terra, è una cosa diversa. Dico che noi siamo intelligenti perché mandiamo ogni giorno segnali modulati nell’universo, che sono segnali molto riconoscibili, non sono caotici come il suono che naturalmente produce, ad esempio, l’idrogeno, che è una specie di rumore bianco. O una stella, una galassia, una pulsar. Quindi se ci fosse un’altra vita intelligente che tenta di comunicare con noi, manderebbe sicuramente segnali di questo tipo o risponderebbe ai nostri. Purtroppo questo non è ancora successo, ma continueremo a mantenere aperta la comunicazione. Magari il problema è che non siamo ancora riusciti a raggiungere la stella giusta.
Infatti, per ora con i nostri messaggi siamo arrivati più o meno a 6.000 stelle, tutte abbastanza vicine al nostro pianeta. Come puoi capire, non è un numero molto elevato, stiamo cercando di spingerci più in là nell’universo. Tutti i giorni mandiamo un saluto ai nostri vicini cosmici, ma nessuno ci ha ancora dato una risposta. Come mai i talk show in cui è ospite risalgono a un po’ di anni fa, e perché sono tutti statunitensi? Non l’hanno mai invitata a parlare in Italia?
Eh, non ho molti contatti in Italia, a quanto pare è indispensabile averne per andare in televisione, però sarebbe un sogno avere un mio programma televisivo, quindi se sai di qualcuno che cerca una divulgatrice simpatica, con un po’ di brio, che sappia combinare scienza e arte, musica e fisica astronomica, sai chi chiamare. Ultimamente ho partecipato ad alcuni documentari per History Channel. Però io credo fortemente in internet, sto tentando di costruire la mia comunità telematica, che so che mi segue e si interessa davvero a quello che faccio. La sua produzione musicale è ferma, ora che è professoressa?
Diciamo che la condizione attuale del mercato discografico mi ha impedito di proseguire a produrre dischi, però la musica è sempre parte del mio insegnamento. A ogni corso io suono qualcosa ai miei allievi, oppure inizio la lezione con una canzone “a tema”. Io vorrei che i miei alunni arrivassero appassionati a lezione, perché la fisica ci può spiegare come funzionano i nostri interessi: se ti piace la musica, la fisica può spiegartela, per questo parto da una canzone come “Drops of Jupiter” dei Train o una di Celine Dion o di Sade. Da lì parte una discussione con i miei studenti su alcuni problemi puramente fisici. Poi in classe guardiamo anche video musicali o pezzi di film ambientati nello spazio. Io credo che l’universo abbia un sacco da insegnarci e che l’infinitamente grande, l’universale, sia legato a doppio filo alle cose piccole della nostra vita, per questo tento di spiegare una cosa tramite l’altra. Mi fa un paio di esempi di musica che utilizza a lezione?
Be’, un video che utilizzo molto spesso è “Scream” di Michael Jackson, oppure utilizzo alcuni dipinti sempre a tema spaziale, insomma partiamo dall’arte per arrivare alla scienza. Questo è il mio approccio. È nella transizione tra la ragione analitica e l’immaginazione artistica che sta il vero senso sia dell’arte che della scienza. L’una senza l’altra rimarrebbe ferma. Mi può indicare gli artisti che si avvicinano di più al vero suono dell’universo?
Sicuramente sono compositori molto surreali come Ligeti o Stockhausen, ma anche alcuni lavori di Vangelis sono molto validi. Per il resto si tratta di musica microtonale, svincolata dalle tonalità a cui ci limitiamo con la musica occidentale. Io la incoraggio a mettere sul suo iPod musica giapponese per 24 ore, per un esercizio di apertura mentale. Il mio messaggio in fin dei conti è questo: impariamo a guardare, anzi, ad ascoltare l’universo da diversi punti di vista.