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Lei accennò uno schiaffo, che finì in carezza.
- Invece dico che ce la farò. Ti trasformerò nel primo mostro celero-comunista!
- Eppure ce n'è qualcuno in caserma, sai? Abbiamo un maresciallo che va in giro vestito come gli amici tuoi.
- Ma di certo non è bello come te -. Lo sguardo di Elisa diventò malizioso. Iniziarono a baciarsi, si accarezzarono, si ritrovarono a fare l'amore.e la descrizione cerebrale e iper-ragionata degli scontri, in cui tra una manganellata e l'altra il protagonista ha il tempo di formulare elaborate riflessioni;Una parte lontana del suo cervello prova a dirgli che fra quei caschi a cui hanno intenzione di fare davvero male – almeno per una volta, una volta ma sul serio – ci sono anche persone tranquille. Brave persone. Mica sono tutti matti esaltati, come pensano gli ultrà che non sanno un cazzo della polizia. Certo, ci sono sbirri che si eccitano negli scontri, ma altri che vogliono solo accumulare ore di straordinario, altri ancora che allo stadio ci vengono malvolentieri e vorrebbero essere in un milione di altri posti piuttosto che lí. Tipo pensare a moglie e figli, come dovrebbe fare lui.
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del freddo nelle cantine
illuminate dall'idea dell'unità
umide come le carceri
che mangiavano le nostre ossa.Non posso dirvi dell'ansia negli scontri
delle soffocate urla dei giovani
del loro rosso sangue che bagnò Magenta
e della visione della Patria
confusa nel fumo, forgiata nel piombo.Raccogliete le lacrime versate
dai verdi occhi delle madri
sui bianchi volti esangui dei figli
nella rossa scia del generale.Ma domandatevi
di quelle mattine di azzurro e cremisi
fatelo sorridendo
mentre guardate le nostre divise.Secondo un recensore che sembra conoscerlo piuttosto bene, "particolare merito della sua vena poetica Battellini tende ad attribuirlo all'Istituto Salesiano di macerata, ove ha frequentato le scuole medie […] Oltre alla passione di scrivere poesie, Battellini coltiva l'hobby del modellismo e condivide la passione per il calcio insieme ai suoi numerosi amici."Oltre a Battellini, un altro poeta interessante è Luigi Amalfitano, sovrintendente della polizia di frontiera di Chiasso, che ricorda molto Robert Frost per la capacità di essere ingenuamente e forse inconsapevolmente inquietante. Nella sua Un vecchio paese, in cui si descrive con minuzia di particolari un paesino "svuotato" da "maldicenze e malelingue" degli abitati è difficile non rivedere, alla luce del suo lavoro, un giudizio caustico sull'Italia di oggi—anche se nel testo non ci sono elementi che facciano propendere per questa interpretazione.
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dove poche case l'un l'altra si fanno ombra
e gli ulivi perenni sfidano il sole cocente,
le loro radici attorcigliate fanno guerra alla calura,
e un vecchio appoggiato al muro di quell'osteria gusta
la frescura di quel vino.Ozio preteso, da un viso rugoso e annerito,
di una vita di campi arati,
e di confessioni col Padreterno in quei campi infiniti,
dove nemmeno un corvo, incuriosito su una zolla,
saltellando ti dà retta.Ho visto un vecchio paese,
dove un pigro vento ti porta le notizie dei vicoli assolati,
e il rintocco della campana
dà il permesso alle pie donne a capo chino di uscire
per andare a messa.Ho visto un vecchio paese svuotato
da maldicenze e male lingue, di pregiudizi sprofondato,
e di tarli mentali offuscati,
fantasmi di faide cancerose e di fucili sulla spalla minacciosi. Le cicale assordanti riempiono il tempo fermo,
e un carrettino colorato di limoni profumato,
lascia a quel vecchio ozioso il respiro della polvere che si innalza.Un'intervista ad alcuni degli autori diParole d'anima indivisaHo chiesto a Bucchieri se tutti questi autori si sentono più poliziotti o più scrittori—ovvero, se considerano la letteratura come un'arte o come un passatempo. "Di certo si sentono più poliziotti," mi ha risposto. "Perché sono dei poliziotti. Per loro la letteratura è soltanto un mezzo di espressione." Un mezzo per uscire "da quel linguaggio burocratese cui sono costretti quotidianamente dalle relazioni di servizio."Probabilmente, però, non è così per tutti: in un'intervista, Matrone risponde a questa stessa domanda dicendo che gli sembra "di avere sempre vissuto con queste due anime, ma senza contrasti interiori." Aggiungendo poi che il suo lavoro gli ha insegnato a "prendere una certa distanza" e che "fatti e persone che [lo] colpiscono" poi "diventano storie e personaggi."Quello che colpisce analizzando il fenomeno dei poliziotti-scrittori, però, è come in realtà accanto a una grande considerazione della letteratura come mezzo d'espressione manchi quasi del tutto il contenuto che si vuole esprimere. Diversamente da quello che accade all'estero, dove i poliziotti che si mettono a scrivere sono in grado di produrre capolavori—basti citare i casi di Ed Burns, autore di The Wire, e di Joseph Wambaugh—qui in Italia le loro opere soddisfano solo una generica necessità espressiva, sono una sorta di "diario segreto" in cui riversare le proprie esperienze reali—seppure in una versione depurata, limata e rimaneggiata. Il filtro della finzione narrativa non è usato per approfondire o raccontare dall'interno certi temi, ma solo per eliminare dalle proprie esperienze di vita la loro dimensioni particolare e individuale—con il risultato di ottenere poco più che un ammasso di stereotipi e di vuota retorica. Non c'è mai alcuna rappresentazione vivida e dura di com'è davvero lavorare in polizia.Il risultato è un grande scarto tra la realtà e il modo edulcorato in cui viene rappresentata: da una parte i vari Aldovrandi, le Uno bianche e i carabinieri che rapinano i supermercati; dall'altra una produzione letteraria che si esplica in romanzi auto-assolutori come quelli di Gazzaniga e in poesie sulla quotidianità e le piccole cose—opere che potrebbero scavare all'interno di quella realtà complessa che è la polizia italiana ma che preferiscono rimanere nient'altro che velleità.Segui Mattia su Twitter: @mttslv