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Umberto Eco, il nostro rompipalle preferito

Umberto Eco non era solo il più grande scrittore italiano, semiologo italiano, critico italiano, o semplicemente un tipo piuttosto antipatico: era un'entità, un'icona pop.

Immagine via Wikimedia Commons.

Fino a ieri, quando all'estero ti chiedevano chi era il più grande scrittore italiano vivente potevi non metterti nemmeno a pensare e rispondere "Umberto Eco". Dico all'estero perché in realtà in Italia la situazione è sempre stata più variegata e statisticamente, delle persone con cui ho parlato, una percentuale molto prossima allo zero mi ha risposto così. È per questo che, dopo la notizia della morte di Umberto Eco, ho cominciato a chiedermi chi sia stato e perché, pur avendo gattonato sui denti per finire Il pendolo di Foucault , la faccenda mi toccasse così da vicino.

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La prima risposta è probabilmente che Eco non è solo la persona che "ha modernizzato la letteratura italiana" che poi però dal 1980 è rimasta uguale: il trono che ha lasciato non è tanto quello del più grande scrittore italiano, semiologo italiano, critico italiano, ma quello di un'icona pop. Umberto Eco è un argomento di conversazione prima di essere uno studioso. Tutti ne sanno qualcosa, e lo sanno senza necessariamente aver letto i suoi libri e articoli o aver frequentato le sue lezioni.

Ed è per questo suo gigantismo simbolico, oltre che per il fatto che non offriamo praticamente nient'altro di così potente a livello di produzione culturale since 1980, che all'estero è sempre andato fortissimo. Lo trattano come trattano il greco e il latino nelle loro confraternite, cose barbogie ma così intelligenti. Forse fuori prima che in Italia Umberto Eco è morto per diventare un mito: l'autore de Il nome della rosa. Nelle ultime ore la stampa estera è esplosa e la notizia della sua morte ha surclassato quella della morte di Harper Lee.

Ovviamente all'estero è sempre stato più facile ignorare che Eco non fosse una lingua morta ma una persona con una grande risonanza mediatica che a volte dice della cose un po' out, tipo che internet ha dato il diritto di parola a un sacco di imbecilli. In effetti, era proprio quello che doveva fare.

La mia seconda e centrale risposta alla domanda perché Eco è Eco è che ha rappresentato il fulcro morale della vita intellettuale italiana. Di quell'episodio, infatti, la questione centrale è che l'affermazione di Eco era necessaria per riproporre anche in Italia un dibattito intellettuali-internet che in altri paesi era già avviato. Poco tempo prima, per esempio, Franzen aveva dissato Salman Rushdie affermando che Twitter fa schifo e che un romanziere ha di meglio da fare, e aveva anche pubblicato Il Progetto Kraus per mettere bene in chiaro che a lui di internet e delle opinioni della gente non gliene frega nulla. Da noi la questione è sempre rimasta quasi sospesa, finché è arrivato quello stracciapalle di Eco e l'ha fatto lui.

In questo senso Eco ha rappresentato un po' il Franzen - Catone della nostra letteratura, non perché si lasciasse sempre andare ad affermazioni passatistiche, ma perché facendolo, e coinvolgendo nell'atto tutta la sua statura intellettuale, ha costretto tutti a parlare solo di quello per giorni. D'altronde quello che pensa è ben chiaro nel suo approccio alla morte, che [per le prossime ore continuerà a occupare le nostre bacheche di FB](Il suo approccio alla morte, che vedrete comparire sulle vostre bacheche di FB decine di volte nei prossimi giorni, è che per morire in pace bisogna convincersi che tutti gli altri siano dei coglioni. ): per morire in pace bisogna convincersi che tutti gli altri siano dei coglioni.

Questa figura dovrebbe essere fondamentale per un dialogo costruttivo, e quindi la domanda è: chi prenderà il suo posto da oggi? L'unica altra grande figura della letteratura italiana di oggi è Elena Ferrante. Di sicuro, come dimostrano le vendite e l'esplosione della Ferrante Fever, può tenere alta la bandiera letteraria sul campo internazionale e anche lei è ormai un personaggio mitico—ancora più mitico perché nessuno sa chi sia.

Ma da un punto di vista di censore dei costumi, proprio perché Elena Ferrante non esiste non possiamo fare riferimento a lei come a nostra balia. È tutto il contrario di Eco: Elena Ferrante è i suoi libri, Eco è Eco. Non riesco a immaginarmi l'autrice, chiunque sia, dire che Berlusconi è come Hitler. Perciò, per me, nello spazio lasciato vuoto da Eco, quello di scrittore e studioso è secondario a ciò che Eco rappresentava anche in quanto intelligenza vigile. Moralizzante e noioso alle volte, ma sempre vigile.