Umberto Eco non era solo il più grande scrittore italiano, semiologo italiano, critico italiano, o semplicemente un tipo piuttosto antipatico: era un'entità, un'icona pop.
Fino a ieri, quando all'estero ti chiedevano chi era il più grande scrittore italiano vivente potevi non metterti nemmeno a pensare e rispondere "Umberto Eco". Dico all'estero perché in realtà in Italia la situazione è sempre stata più variegata e statisticamente, delle persone con cui ho parlato, una percentuale molto prossima allo zero mi ha risposto così. È per questo che, dopo la notizia della morte di Umberto Eco, ho cominciato a chiedermi chi sia stato e perché, pur avendo gattonato sui denti per finire Il pendolo di Foucault , la faccenda mi toccasse così da vicino.
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La prima risposta è probabilmente che Eco non è solo la persona che "ha modernizzato la letteratura italiana" che poi però dal 1980 è rimasta uguale: il trono che ha lasciato non è tanto quello del più grande scrittore italiano, semiologo italiano, critico italiano, ma quello di un'icona pop. Umberto Eco è un argomento di conversazione prima di essere uno studioso. Tutti ne sanno qualcosa, e lo sanno senza necessariamente aver letto i suoi libri e articoli o aver frequentato le sue lezioni.Ed è per questo suo gigantismo simbolico, oltre che per il fatto che non offriamo praticamente nient'altro di così potente a livello di produzione culturale since 1980, che all'estero è sempre andato fortissimo. Lo trattano come trattano il greco e il latino nelle loro confraternite, cose barbogie ma così intelligenti. Forse fuori prima che in Italia Umberto Eco è morto per diventare un mito: l'autore de Il nome della rosa. Nelle ultime ore la stampa estera è esplosa e la notizia della sua morte ha surclassato quella della morte di Harper Lee.Ovviamente all'estero è sempre stato più facile ignorare che Eco non fosse una lingua morta ma una persona con una grande risonanza mediatica che a volte dice della cose un po' out, tipo che internet ha dato il diritto di parola a un sacco di imbecilli. In effetti, era proprio quello che doveva fare.La mia seconda e centrale risposta alla domanda perché Eco è Eco è che ha rappresentato il fulcro morale della vita intellettuale italiana. Di quell'episodio, infatti, la questione centrale è che l'affermazione di Eco era necessaria per riproporre anche in Italia un dibattito intellettuali-internet che in altri paesi era già avviato. Poco tempo prima, per esempio, Franzen aveva dissato Salman Rushdie affermando che Twitter fa schifo e che un romanziere ha di meglio da fare, e aveva anche pubblicato IlProgetto Kraus per mettere bene in chiaro che a lui di internet e delle opinioni della gente non gliene frega nulla. Da noi la questione è sempre rimasta quasi sospesa, finché è arrivato quello stracciapalle di Eco e l'ha fatto lui.In questo senso Eco ha rappresentato un po' il Franzen - Catone della nostra letteratura, non perché si lasciasse sempre andare ad affermazioni passatistiche, ma perché facendolo, e coinvolgendo nell'atto tutta la sua statura intellettuale, ha costretto tutti a parlare solo di quello per giorni. D'altronde quello che pensa è ben chiaro nel suo approccio alla morte, che [per le prossime ore continuerà a occupare le nostre bacheche di FB](Il suo approccio alla morte, che vedrete comparire sulle vostre bacheche di FB decine di volte nei prossimi giorni, è che per morire in pace bisogna convincersi che tutti gli altri siano dei coglioni. ): per morire in pace bisogna convincersi che tutti gli altri siano dei coglioni.Questa figura dovrebbe essere fondamentale per un dialogo costruttivo, e quindi la domanda è: chi prenderà il suo posto da oggi? L'unica altra grande figura della letteratura italiana di oggi è Elena Ferrante. Di sicuro, come dimostrano le vendite e l'esplosione della Ferrante Fever, può tenere alta la bandiera letteraria sul campo internazionale e anche lei è ormai un personaggio mitico—ancora più mitico perché nessuno sa chi sia.Ma da un punto di vista di censore dei costumi, proprio perché Elena Ferrante non esiste non possiamo fare riferimento a lei come a nostra balia. È tutto il contrario di Eco: Elena Ferrante è i suoi libri, Eco è Eco. Non riesco a immaginarmi l'autrice, chiunque sia, dire che Berlusconi è come Hitler. Perciò, per me, nello spazio lasciato vuoto da Eco, quello di scrittore e studioso è secondario a ciò che Eco rappresentava anche in quanto intelligenza vigile. Moralizzante e noioso alle volte, ma sempre vigile.