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Cesc Fabregas, o cosa succede se passi dall'Arsenal al Barça

Ricomincia la Champions League, e per la prima volta dopo anni il Barcellona non è la squadra favorita. O meglio, lo è, ma con molti dubbi sull'allenatore, e talenti come Fabregas.

Questa sera comincia la nuova edizione della Champions League e per la prima volta dopo anni il Barcellona non è la squadra favorita. O meglio, lo è, ma con molti dubbi riguardo le reali capacità di Vilanova di colmare il vuoto lasciato da Guardiola. Si tratta, soprattutto, di mantenere l'asticella del gioco a quell'altezza che, se non è garanzia di trofei, ha fatto sì che ognuno di noi seguisse quel Barça con la segreta consapevolezza che si trattava già di una fortuna esistere, e amare il calcio, proprio mentre Guardiola allenava il Barcellona (e, sia detto per inciso, è una fortuna che siano esistiti anche Mourinho e il Chelsea di Di Matteo, in grado di batterlo).

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Vilanova ha ereditato una delle squadre più forti mai esistite e, se non è proprio per paura di rompere il giocattolo di qualcun altro, sembra comunque intenzionato a cambiare il meno possibile. Forse anche più di prima, quello di quest'anno è il Barcellona di Messi, Xavi e Iniesta. Un mercato estivo puramente funzionale (un terzino sinistro che possa fare da alternativa ad Adriano, Jordi Alba, e un centrocampista che possa giocare anche in difesa per sostituire Keita, Alexander Song) e dei giovani pronti per il salto (Thiago AlcantaraJonathan Dos Santos, Muniesa, Montoya) dovrebbero permettere alle stelle di rifiatare nei momenti di maggiore stress. Se alla ritrovata forma di Pedro e ai progressi di Sanchez si aggiunge anche il rientro di David Villa, viene spontaneo chiedersi: che ne sarà di Cesc Fabregas?

Personalmente, il passaggio di Fabregas al Barcellona nell'estate del 2011 mi lasciò perplesso. Fa parte della filosofia dell'Arsenal vendere i propri campioni al momento giusto, ma nel caso di Fabregas deve essere stato particolarmente doloroso per i tifosi Gunners. Lo avevano letteralmente visto crescere, e Fabregas sapeva che non sarebbe stato così importante, là dove stava andando, rispetto a quanto lo era per loro.

Sedotto da Arsene Wenger quando aveva appena 16 anni, Fabregas non ci ha pensato due volte ad abbandonare la Masia e trasferirsi a Londra (a titolo gratuito, perlomeno finché il Barcellona non ha fatto ricorso) proprio per la maggiore possibilità di giocare in prima squadra.

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Era il 2003 e Wenger mantenne le promesse facendolo esordire un mese dopo il suo arrivo, a 16 anni e mezzo, in League Cup. Fabregas diventa il più giovane marcatore in assoluto della storia dell'Arsenal segnando in coppa il gol del 5-1 ai Wolves (a porta vuota, ma tanto basta), ma non gioca neanche un minuto nel campionato di quella stagione in cui l'Arsenal resterà imbattuto (la stagione degli "invincibili"). Quindi niente medaglia.

La stagione successiva la comincia però da titolare, in Community Shield contro il Manchester United, e dopo poco diventa anche il più giovane giocatore di sempre dell'Arsenal ad aver segnato in campionato (contro il Blackburn). Al suo secondo anno in Inghilterra, a 17 anni, Fabregas gioca 33 volte in campionato (più cinque presenze e un gol in Champions) anche grazie agli infortuni di Vieira, Edu e Gilberto Silva. Firma il suo primo contratto da professionista, e pare che dopo la partita persa 2-0 a Manchester (con cui si interruppe l'imbattibilità dell'Arsenal, che in campionato durava da 49 partite) abbia anche tirato un pezzo di pizza a Sir Alex (Ferguson) nel tunnel, costringendolo a cambiarsi la camicia prima di presentarsi davanti ai giornalisti.

Quando l'anno dopo Vieira viene ceduto alla Juventus, anziché cercare un centrocampista equivalente Wenger sceglie di puntare forte sulle qualità dello spagnolo. Fino a quel momento l'Arsenal aveva giocato con due centrocampisti di rottura al centro, e adesso stava rimpiazzando un senegalese di un metro e 90 con uno spagnolo che gli arrivava alla spalla, dotato di un'attitudine decisamente offensiva. Nella partita di Champions League contro la Juve di quello stesso anno, in cui i due si trovano l'uno contro l'altro, Fabregas segna il primo gol ed è suo l'assist per il secondo di Henry. Quell'anno l'Arsenal arriva in finale e perde 1-2 contro il Barcellona, giocando meglio. Fabregas aveva compiuto da poco 19 anni, giocò 74', sostituito da Flamini (sic) sull'1-0 per l'Arsenal. Nel Barcellona, Messi era in tribuna infortunato, Iniesta è entrato nel secondo tempo e Xavi è rimasto a guardare in panchina.

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Nell'ottobre del 2006, dopo aver rinnovato il contratto per otto anni (Wenger voleva tenerlo lontano dalle grinfie del Real Madrid), Fabregas dichiara: "Quando sono in campo mi diverto veramente, e questo è molto importante per un giocatore. Non so se potrei giocare in una squadra che non fa altro che lanciare." Ma divertirsi non è tutto: "Quello che conta adesso è che la squadra metta a frutto il proprio potenziale e vinca dei trofei."

Sintetizzando: negli anni successivi Fabregas diventa il giocatore più importante di Wenger (che lo compara a Platini), gli viene data la fascia da capitano, la Nike produce un programma tv chiamato Cesc Fabregas Show (qui Cesc con Matt Lucas, qui Cesc palleggia mentre va a fuoco con una tuta ignifuga addosso) e l'Arsenal, che nel frattempo ha venduto Henry (2007) e Hleb (2008) al Barcellona, continua a non vincere niente.

Nella stagione 2009-2010 l'Arsenal esce nei quarti di finale di Champions perdendo di nuovo contro il Barcellona, Fabregas si frattura la tibia all'andata e questa volta gli spagnoli sono nettamente superiori (ma non all'Inter di Mourinho). L'anno seguente Cesc gioca per la prima volta al Camp Nou, e perde 3-1 uscendo agli ottavi (il Barcellona vince la coppa un paio di partite dopo). Nell'estate del 2011 è esattamente da sei stagioni che Fabregas (103 assist e 57 gol in 303 partite all'Arsenal, statisticamente più incisivo di Xavi o Iniesta negli ultimi due anni) non alza un trofeo per club. Con la Spagna in compenso vince Euro2008 e il mondiale sudafricano del 2010 e quando firma per tornare in Catalogna nessuno è troppo sorpreso (né si bruciano le sue maglie come per Van Persie). Il Barcellona, d'altra parte, a differenza dell'Arsenal, è una squadra che non gioca a lanci lunghi e che, in più, vince trofei.

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A Gennaio 2012 Fabregas ha già vinto più con il Barcellona di quanto non abbia fatto in otto anni all'Arsenal e soprattutto sembra ben inserito nei meccanismi del Barça (vedere per credere il gol contro il Porto in finale di Supercoppa Europea). Le cose però peggiorano presto, molti gli rinfacciano il gioco troppo verticale appreso in Inghilterra (Fabregas parla di un "partito contro"), l'imprecisione nei passaggi (l'anno scorso la sua media di passaggi riusciti, 86,9 percento, è stata inferiore a quella di tutti i suoi compagni di reparto) e sotto porta. Il 19 febbraio, contro il Valencia, Guardiola mostra tutta la sua irritazione sostituendolo a dieci minuti della fine e prendendolo per il collo quando Cesc, il figliol prodigo, dice qualcosa che non gli piace. Alla fine della stagione il Barcellona non vince né il campionato né la Champions League.

Tatticamente meno spregiudicato del suo predecessore, là dove Vilanova ha messo la mano lo ha fatto nel segno di una generale normalizzazione. Finiti gli sperimentalismi di Guardiola, e niente più difesa a tre-che diventava a due nelle fasi di maggiore dominio-il Barcellona si è cristallizzato in un 4-3-3 tutto sommato classico, banale verrebbe da dire, se non fosse per gli interpreti. Con solo tre centrocampisti (tra cui uno che resta basso a fare da playmaker: Busquets) non c'è semplicemente più posto per Cesc a centrocampo. Davanti la competizione è durissima, con Sanchez, Villa e Pedro tutti attaccanti "veri" in grado di combinarsi bene con Messi. Nelle prime due partite di campionato, Vilanova, suo ex-allenatore ai tempi della Masia, lo ha schierato al posto di Iniesta (vs Valencia) o Xavi (vs Osasuna) e contro il Getafe come finto-centravanti (ruolo nel quale, all'Italia, ha segnato un gol e realizzato un assist in due partite), ma nelle sole due partite che hanno contato veramente fin qui (l'andata e ritorno della Supercoppa persa contro il Real Madrid) Fabregas è andato in panchina. Fabregas non è un playmaker né un attaccante, a suo agio nelle zone di campo più avanzate senza essere però un giocatore dalla profondità naturale, e ad oggi non è affatto chiaro quale sia il suo ruolo nel Barcellona.

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Considerando che il campionato sembra già chiuso (e che senza la competizione del Real Madrid perde di valore) la risposta arriverà probabilmente dalla Champions League, e da quelle partite importanti che ogni giocatore ci tiene a giocare, con tutto il rispetto per quelli in panchina. Anche Vilanova dovrà fare qualcosa in più di quanto fatto finora se non vuole limitarsi a gestire la propria superiorità interna, ma Fabregas rischia di restare tagliato fuori.

In questi ultimi giorni Cesc ha dichiarato alla radio di Marca che "Non esistono grandi panchinari nel calcio. Voglio giocare, come tutti. Ma ho sempre augurato il bene dei miei compagni di squadra, con un sorriso di facciata. Se dovessi mettere il muso lo farò a casa mia, non mi farò vedere dai compagni o dall'allenatore." In queste dichiarazioni qualcuno ha letto la possibilità per il Milan o per l'Arsenal di farlo tornare a gennaio, e Fabragas si è sentito in dovere di aggiungere su Twitter: "Vorrei evitare malintesi, sto molto bene, molto a mio agio nel mio club e sento il sostegno di tutto il pubblico e dei miei compagni."

Troppo sicuro di sé, forse, Fabregas avrebbe dovuto pensare alla fine fatta da un altro grande talento, e suo amico, passato dall'Arsenal al Barcellona: Alexander Hleb.

Acquistato da Guardiola perché con caratteristiche simili a quelle di Iniesta, Hleb ha giocato pochissimo perché… c'era già Iniesta. Anche lui faceva parte come Fabregas dell'11 iniziale con cui l'Arsenal ha affrontato il Barcellona nella finale del 2006. A 28 anni il bielorusso ha vinto in una sola stagione al Barcellona (2008-2009 la stagione del treble), più di quanto avrebbe potuto sognare di vincere se non avesse accettato il trasferimento; ma una finale di Champions League vinta dalla panchina senza giocare neanche un minuto, vale quanto una persa da titolare?

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Qualche anno dopo, con la maglia del Birmingham, una giornalista gli chiede se, tirando le somme e potendo tornare indietro, prenderebbe di nuovo la stessa decisone: "I don't know… if now, I think I don't change." Che tradurrei: col senno di poi, no.

Intanto un altro giocatore dell'Arsenal ha compiuto il "salto" (come lo chiama Fabregas) traslocando da Londra a Barcellona. Alexander Song è un centrocampista difensivo capace, lo scorso anno, di 13 assist, secondo solo a Silva e Mata-non a caso due spagnoli-e Antonio Valencia. Con la metà del suo talento ha ottenuto gli stessi risultati di giocatori che devono pensare quasi solo alla fase offensiva. La sua, però, è stata una progressione. È migliorato nel corso degli anni grazie a Wenger e al gioco dell'Arsenal. A meno che Vilanova non voglia rivoluzionare il gioco del Barça con un occhio al Real Madrid (e quindi preferire i chili di Song al ritmo di Busquets) quest'anno per lui la competizione sarà la stessa di Fabregas, con in più Fabregas, e con la possibilità di accumulare qualche minutino anche in difesa per dare il cambio a Puyol o Piqué (ma anche in questo caso Vilanova potrebbe preferirgli Mascherano, più abile nei lanci lunghi). Perché lasciare una squadra in grado di esaltare il talento di giocatori così diversi tra loro, competitiva per di più nel campionato più bello del mondo, per infilarsi negli ingranaggi delicati di un orologio che spacca già il secondo anche senza di te?

Anche Hleb era andato al Barcellona in cerca della definitiva consacrazione, trovando invece l'annata spartiacque tra la fase bella della sua carriera e quella brutta, passata in prestito a Stoccarda, Birmingham, Wolfsburg e in una squadra inutile e dal nome complicato del campionato russo. Almeno Hleb, per finire la propria carriera, è potuto tornare al suo primo club e con il Bate Borisov lo vedremo in campo in quella che forse sarà la sua ultima edizione di Champions League (girone F con Bayern Monaco, Valencia e Lille). Dove si rifugerà Fabregas, se quello al Barcellona era già il suo trasferimento finale, per chiudere la carriera (con più gloria di Hleb, certo) nel suo primo club? Cosa fare se a 25 anni ma con l'esperienza di Ulisse quando torni a casa la trovi occupata da Xavi, Iniesta e Messi?

Segui Daniele su Twitter: @DManusia