Ecco come un carnivora etica ha mangiato per un anno solo animali che lei stessa ha ucciso

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Ecco come un carnivora etica ha mangiato per un anno solo animali che lei stessa ha ucciso

Louise Gray è l’autrice del libro “The Ethical Carnivole” (La carnivora etica), che documenta l’anno passato a mangiare carne di animali allevati e uccisi da lei.

Louise Gray corre verso la macchina proprio mentre sua zia le sta gridando qualcosa dal sedile del conducente. Abbiamo appena passato il casello che, per 3 sterline, ci avvicina alla spiaggia di Seacliff, a più di sei chilometri a est di North Berwick, in Scozia. Guidiamo verso una strada sterrata, di quelle che ad un certo punto si diramano in due finendo comunque nel bosco. Usciamo quindi dalla macchina, piuttosto goffi nei movimenti a causa dei vari thermos, cappotti ed equipaggiamenti video. La zia se ne va lasciandoci lì.

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La spiaggia di Seacliff, a 6 chilometri a est di North Berwick, in Scozia. Tutte le foto sono di Will Eckersley.

Albero dopo albero, finalmente arriviamo sulla spiaggia. Una sottile sabbia scura si distende fino alla costa, dove troviamo un furgoncino bianco appostato vicino a degli scogli. Siamo in ritardo e Gray sta camminando speditamente, faccio fatica a seguirla soprattutto per via dei miei stivaloni di gomma.

Dopo aver lavorato come corrispondente ambientale del The Daily Telegraph per quattro anni, Gray si è trasferita da Londra a Edimburgo. Qui ha testato il processo dietro al detto "il pranzo è servito", cercando di capire da dove e come venisse "servito" tale pranzo. Per un anno, ha mangiato solo carne degli animali che lei stessa ha ucciso. The Ethical Carnivore, pubblicato nel 2016, racconta i 18 mesi che Gray ha trascorso provando a capire cosa significhi e implichi mangiare carne eticamente.

The Ethical Carnivore descrive tutte quelle scene terribili che in molti si aspettano sicuramente dai libri che trattano l'etica del consumo di carne.

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"Non ci sono né giustificazioni né modalità facili [per mangiare carne]," mi racconta. "Non ve la cavate solamente dicendo che lo avete fatto da soli e lo avete fatto eticamente. Ci sono persone che credono sia immorale uccidere animali e io non mi sono soffermata a scardinare le loro teorie. Io le percepisco come il loro punto di vista, altrimenti l'intero libro perderebbe le proprie istanze. Non è un trattato filosofico. È il mio viaggio personale e ognuno può trarne le proprie conclusioni."

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The Ethical Carnivore descrive tutte quelle scene terribili che in molti si aspettano sicuramente dai libri che trattano l'etica del consumo di carne, ma alla fine non è poi così pesante come pensavo che fosse. E comunque sia non parlare di quelle scene non è di aiuto a nessuno.

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Louise Gray, autrice di The Ethical Carnivore.

Ho quindi raggiunto Gray per un assaggio della una vita da carnivora etica. Cacceremo e mangeremo i nostri astici di oggi.

Non appena raggiungiamo il porto di Seacliff, troviamo subito il cugino di Gray e tutto il suo equipaggio pronto a salutarci. Ci arrampichiamo sulla nave dove il nostro pescatore di astici del giorno, Sam Lowe, inverte subito la rotta verso il Firth Forth, l'estuario che sfocia nel Mare del Nord.

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Il cugino di Gray e Sam Lowe recuperano la pesca del giorno.

Stuoie di gomma ricoprono lo scafo della barca. Non si scapa. Lowe, fra i secchi pieni di teste di pesce, apparecchiature radio, sandwich e thermos di tè verde, tira su secchi pieni di pesci e granchi in movimento.

Estrae con attenzione gli astici per lasciarli esaminare a Gray, che a sua volta li misurerà per accertarsi siano grandi abbastanza. È un processo piuttosto serio, perché se per caso sbagliano e ne portano via uno troppo piccolo, rischiano multe fino a 1000 sterline. Nel mentre io sto lì, con le mani tremule, a cercare di chiudere le chele degli astici per far sì che una banda elastica possa passarvi sopra tenendole ferme. Dopo essere riuscita nell'impresa, le riponiamo in un secchio lasciato sulla poppa della barca, così da poter continuare la nostra navigazione in cerca di altri astici.

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Misurazione dell'astice

Ritornati al porto, ci dirigiamo verso Lobster Shack, un piccolo rifugio che durante l'estate propone ai visitatori piatti freschi a base di scampi, cozze e sgombri. Il proprietario, Stirling Stewart, ci aiuta a "smaltire" il nostro pranzo.

L'astice designato per il giorno viene posizionata su un tagliere blu, e noi facciamo un piccolo passo indietro verso le panche cosicché Gray possa ucciderla tranquillamente. Stewart le porge un enorme e affilatissimo coltello, e io mi accingo ad osservare come la postura del corpo di Gray inizi a cambiare sottilmente. Per tutta la giornata di oggi l'ho vista muoversi distratta, tra chiavi della macchina perse e momenti di iperattività. Ora, però, è calma e tranquilla. Più alta di prima, si accinge a regolare i conti con l'astice, con i piedi divaricati alla larghezza delle anche e ben adiacenti al tavolo.

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Gray e la pesca del giorno.

Gray inizia a tagliarla dal mezzo, e io sento l'astice scricchiolare. Segue poi il rumore tipico di un utensile che si muove su di una piattaforma di legno, e un "fiu!" finale non appena l'astice smette finalmente di muoversi.

Gray e Stewart iniziano a eviscerarla, tagliando le che e avvicinandone la carne alla griglia. Scoppietterà e cambierà colore alla cottura, passando dal blu notte al rosa pesca. Alla fine diventerà rossa. Gray mi fa notare che le chele si muovono per via della carne che, scaldata, si contrae.

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Uccisa e tagliata partendo dal mezzo: l'astice è pronto per essere grigliato.

Non avevo mai mangiato astici prima, e il suo sapore non mi ha delusa. È ricoa, dolce e si scioglie in bocca, proprio come mi aspettavo, e mi fa capire subito perché si presti così bene ai cliché.

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"Credo, soprattutto per la nostra generazione, che sia una cosa con la quale dobbiamo riconnetterci, perché non la si può ottenere via schermo," inizia a raccontami Gray tra un pezzetto di astice e l'altro. " Mangiare carne o cibo in generale è un modo per riconnettersi col mondo, per questo procacciarsi carne è il non plus ultra. Non credo si debba solo mangiare carne che abbiamo noi stessi ucciso, perché un sacco di persone so che non ce la farebbero fisicamente per questioni di emotività. Allo stesso tempo, io ci ho rimesso un sacco di tempo e soldi per farlo. Ed è per questo che ho scritto il libro, così voi non dovete farlo."

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L'astice cucinato nel burro all'aglio.

A un minuto di distanza dal Lobster Shack troviamo Maggie Sheddan. Ci aspettava ed è pronta a mostrarci il vivaio del porto. In dei contenitori trovo cosi migliaia di giovani astici che vengono poi rilasciati nel Firth of Forth ogni anno. Sheddan ci informa che allo stato brado un esemplare femmina di astice depone tra le 8000 e le 10000 uova l'anno, per un tasso dello 0,01% di sopravvivenza.

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Il vivaio del porto di North Berwick. Ogni anno libera migliaia di astici nell'estuario di Firth of Forth.

"Se con il vivaio ne otteniamo 100 su 1000, siamo felici," continua. "Rimangono qui dai 12 ai 18 giorni, quindi hanno più occasioni di sopravvivere qui che a mare aperto."

Il vivaio consta di enormi container bianchi tutti allineati, pieni di quelle creaturire che io inizialmente avevo scambiato per scimmie di mare. Divise per età, questi piccoli astici si fanno strada verso quelli che Sheddan definisce "le loro stanze", che altro non sono che dei piani impilati dietro ai container. Lì "soggiornano" finché non sono abbastanza grandi da poter essere liberati.

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Gray mi spiega anche che "il vivaio non è regolato sotto le norme dell'Unione Europea. È gestito dai pescatori locali perché è un loro compito, e loro vogliono e sono molto attenti a proteggere il numero di astici."

"Noi non è che vi diciamo di non mangiarle, ma solo di farlo consapevolmente. I nostri lavori, le nostre posizioni, le scuole locali… tutto nasce dagli astici e e della consapevolezza che riusciamo a instillare nelle persone," conclude Sheddan.

Il giorno seguente ritrovo Gray nella sua casa di Edimburgo, intenta a gestire un crescente accumulo di stampa creatosi in vista della pubblicazione del suo libro. Mi mostra subito il freezer che ha dovuto comprare per consentire al nuovo afflusso di carne di trovare il giusto spazio al fresco. Ciononostante, qualche pezzo lo ha dovuto comunque distribuire ad amici e familiari.

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Freezer e stivaloni di gomma per pescare a parte, cos'altro è cambiato nella vita di tutti i giorni di Gray, dopo tutto quell'uccidere animali e macellare carne?

"Ho cambiato il modo in cui vedo la carne. Ho intrapreso questo viaggio incredibile alla scoperta dell'origine del cibo, e a volte sogno di non averlo mai iniziato perché rimanere nell'ignoranza è molto più facile. Spiegare alle persone cosa succeda al mondo è però una delle mie più grandi passioni, così come cercare di vedere e capire come sia questo mondo. Questo viaggio mi ha insegnato a spiegare e vedere meglio."

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Io un po' mi chiedo come le persone che vivono in città possano reagire a The Ethical Carnivore. O anche come chiunque non abbia accesso ad allevamenti di bestiame o a vivai possa muovere i primi passi verso un onnivorismo etico.

"I fattori e i guardiacaccia spesso non sono bravi a raccontare come si svolga il loro lavoro," ammette Gray. "Ma credo che le cose stiano cambiando ora. Consiglio di provare a cucinare o trovare una carne con cui si abbia una sorta di connessione, sia il mezzo per raggiungerla un bravo macellaio o un mercato contadino."

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L'umanità vorrà sempre mangiare carne. Il viaggio di Gray mostra quanto sia fondamentale incrementare le responsabilità che derivano dal consumare carne.

Seguendo un tragitto ridicolmente lungo, me ne torno così da Edimburgo a Londra. Basta avvicinarmi al Lake District per notare un cambiamento del paesaggio, nello specifico del cielo: le nuvole da un verdastro slavato sono passate a dei piccoli specchi di luce. Mi è bastato un solo giorno con Gray e il suo vivere da carnivora etica che già guardo al mondo con occhi differenti.


Questo articolo è originariamente apparso su MUNCHIES Uk