"Malacarne" - Foto dei quartieri popolari di Palermo e dei ragazzini che ci abitano

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"Malacarne" - Foto dei quartieri popolari di Palermo e dei ragazzini che ci abitano

Il fotografo Francesco Faraci ha immortalato la vita dei più giovani a Ballarò e negli altri quartieri popolari palermitani.
Vincenzo Ligresti
Milan, IT

Prove d'astuzia e di forza a Ballarò. Tutte le foto per gentile concessione di Francesco Faraci.

A Palermo quando qualcuno pronuncia la parola "malacarne" non si riferisce a una persona infame, ma a qualcosa di ben più specifico: ai ragazzini dei quartieri popolari della città. "Vengono chiamati così da una buona fetta dei palermitani perché 'è meglio stargli lontano'," mi spiega il fotografo Francesco Faraci, "dato che spesso vivono per strada, hanno alle spalle storie familiari di disagio e in alcuni casi sono seguiti dagli assistenti sociali."

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Francesco Faraci, 32 anni, fotografa questi bambini e ragazzini da tre anni, come parte di uno dei progetti personali dedicati a quello che sente "più vicino". Il suo interesse per i quartieri satelliti o popolari del capoluogo siciliano—Ballarò, Monreale, Albergheria, Zen e Brancaccio—viene dall'esperienza personale: anche lui è cresciuto in un quartiere periferico di Palermo, "fatto di strade larghe e palazzoni fatiscenti che somigliano un po' tutti a un dormitorio."

Ma il casus belli che l'ha spinto a cominciare il progetto è stato un incontro avvenuto nella stazione centrale di Palermo nel novembre 2013, quando un ragazzino dello Sperone gli aveva raccontato di aver preso il treno per "andare a Palermo" con gli amici, come se il suo quartiere e il centro appartenessero a due città distinte. "Per i ragazzi—e in generale per tutti gli abitanti—dei quartieri popolari, il proprio quartiere è un ecosistema a sé rispetto al centro, pur facendo parte, sulla carta, dello stesso comune," mi spiega Faraci.

"Il Bandito".

Il senso di distanza ed estraneità interviene anche quando è qualcuno di "esterno" a mettere piede nel proprio quartiere periferico. "Non si può pensare di entrare in questi quartieri e di poter documentare ciò che avviene per strada fin da subito," racconta Faraci. "C'è molta diffidenza, io stesso ho attraversato un lento processo di accettazione: all'inizio temevano che potessi essere un assistente sociale o un poliziotto—due categorie non proprio ben viste in quei quartieri. Anche se va detto che non mi è mai successo niente di che: nessuno mi ha mai minacciato o cacciato malamente mentre cercavo di avvicinarmi ai ragazzini e magari giocare un po' a calcio con loro per stabilire un rapporto di fiducia."

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Proprio i rapporti allacciati con i più giovani hanno permesso a Faraci di entrare nella vita profonda del quartiere, di sedere a tavola con le loro famiglie e documentare dall'interno la situazione. Con tutti i suoi problemi: spesso il degrado in cui vivono spinge a delinquere. "In un contesto dove lo Stato non è davvero presente, nel bene e nel male, si creano determinate dinamiche," spiega Faraci. "C'è chi spaccia o ruba, ma anche tanta gente perbene."

Lo scopo del progetto, però, non era documentare le già note problematiche della vita in un contesto degradato del sud. "Volevo piuttosto tirare fuori la bellezza e la varietà dell'umanità che abita questi quartieri," chiarisce Faraci.

A fine ottobre, il progetto fotografico di Francesco Faraci diventerà un libro a cura di Benedetta Donato ed edito da Crowdbooks­, MALACARNE - Kids come first. Il libro verrà presentato in anteprima l'8 novembre a Milano presso lo Spazio STILL.

Una delle tante stalle nascoste nel quartiere dell'Alberghiera a Palermo.
Materasso abbandonato allo Zen.

Due ragazzi in un vicolo di Ballarò.
Due ragazzini all'Albergheria.

Una panoramica del quartiere Sperone, ai margini estremi della periferia palermitana.

Ritratto attraverso il vetro di una macchina, nel quartiere Ballarò.
Giochi sulle impalcature, Albergheria.

Sant'Erasmo.

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