Spiagge e strisce di coca: foto ritrovate sul cellulare che mi avevano rubato

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Spiagge e strisce di coca: foto ritrovate sul cellulare che mi avevano rubato

Dopo il furto del cellulare mi ero sentita spogliata. Ora che ce l’ho di nuovo, mi sento sporca. Sotto gli occhi le vite di due sconosciuti.

Quando riaccendo il cellulare, sullo schermo trovo a fissarmi un paio di occhi marroni, grandi. Appartengono una bambina che non avrà più di due o tre anni e il cui ritratto fa da foto di sfondo.

Il cellulare emette una vibrazione e dalle notifiche vedo che sono messaggi in arabo. Siamo sicuri che questo sia il mio cellulare?

Sei settimane prima, di ritorno dalla festa di compleanno di mio fratello, mi ero addormentata in treno nel tratto tra Bochum e Colonia, perdendo la mia fermata di una cinquantina di chilometri. Anche il mio zaino si era perso—rubato—e con lui i miei soldi, la mia carta d'identità e, cosa peggiore di tutte, il mio cellulare. Su quel cellulare c'erano tutti i numeri di telefono delle persone che avevo ritenuto interessanti nel corso della mia vita, le foto di una notte folle ad Amburgo, i video del matrimonio di una mia amica. Non avevo fatto backup di alcun tipo, e ora erano finite nelle mani di uno sconosciuto.

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Rubare il mio telefono significava avere la possibilità di arrivare a sapere più cose sul mio conto di quante non ne sappiano i miei genitori. Sull'app delle ferrovie tedesche si sarebbe per esempio notato che di recente sono stata a Berlino, e le mie ultime ricerche su Google Maps avrebbero restituito l'indirizzo di casa di un amico, del mio dentista e degli ultimi dieci locali in cui sono stata. Nella mia cronologia dei messaggi sarebbe stato possibile consultare tutte le conversazioni da sbronza con una certa amica, i messaggi in cui sparlo di un collega o quelli in cui commento l'ultima penosa partita dello Schalke 04. Tra le foto, il fortunato ladro avrebbe potuto ammirare i miei travestimenti carnevaleschi e le catture schermo delle bollette da pagare.

Ma sono stata fortunata. Un mese e mezzo dopo essermi appisolata su quel treno e aver fatto denuncia alla polizia ho ricevuto una busta del commissariato di Colonia con dentro il mio cellulare. L'agente con cui ho parlato mi ha detto che era stato ritrovato ad Aquisgrana, forse in uno zaino insieme ad altri oggetti rubati. Eppure, a guardarlo meglio, il telefono non sembrava più il mio. Nella lettera inclusa nella busta si diceva che avrei dovuto cancellare dalla scheda di memoria qualunque cosa non fosse stata mia. Vedendo le foto di quella bambina e i messaggi in una lingua che non sapevo leggere, però, mi è stato chiaro che non avrei potuto resistere alla tentazione di ficcare il naso nella vita dello sconosciuto che per un pochino aveva posseduto il mio telefono.

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Così, eccomi qui. Tra le foto ci sono quelle di un uomo coi figli, e dello stesso uomo in posa come un guappo, fotografato dal basso. Guardarle mi fa sentire strana, ma la sensazione passa non appena penso che in fondo se lo merita—non doveva rubarmi il cellulare, come prima cosa. Scorro tra una foto della piazza di Bergheim, una cittadina a 40 km da Colonia, e un video di una bambina e un ragazzino di fronte a un tabellone degli orari della stazione di Colonia.

cellulare rubato foto

La piazza centrale di Bergheim. Foto ritrovata sul mio cellulare.

Curioso tra le app—una a tema sport, in arabo, una torcia, un gioco che si chiama Fighting Tiger, una con le suonerie. Su Messenger vedo tutti i suoi scambi, per la maggior parte brevi e in lingue diverse. Tedesco, arabo, francese, italiano e inglese. Il tizio è un poliglotta.

Alcuni messaggi sono di giovani uomini che gli chiedono se è tornato in Europa, altri di donne bionde. Lui chiede: "You want sex?" E poi: "Vuoi una foto del cazzo?" Lancio il telefono sul letto, corro in cucina e prendo il disinfettante per pulire lo schermo. Nessuna delle ragazze sembra interessata al suo pisello—lo ignorano tutte.

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Una notifica dell'app Hespress Sport. L'articolo fa riferimento all'esercito marocchino e alle tensioni col fronte Polisario. Cattura schermo del mio cellulare.

Continuo a cercare e quando mi imbatto nelle chat backuppate di Telegram trovo le foto di un altro ragazzo. Ha un bel sorriso e i capelli un po' radi sulle tempie. Avrà poco più di trent'anni, e sembra un allenatore di una qualche squadra di provincia. È come avere una finestra sulla vita di qualcun altro. A differenza del primo, questo ragazzo apprezza moltissimo i meme—a un certo punto trovo la foto di un koala attaccato alla ruota di una macchina (con la frase "I'm Koalafied to Drive") e decine di foto di gatti.

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C'è anche la cattura schermo di un invito Facebook a un compleanno (159 invitati, 4 parteciperanno), seguita dalla foto scattata da una finestra a Colonia, una di una spiaggia e una di una padella con delle verdure.

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La cena è servita. Foto ritrovata sul mio cellulare.

Da lì in poi la situazione si fa un po' più movimentata: passo dalla foto di un coltello a quella di una cannuccia rotta, dalla foto di una vecchia SIM a quella di una bustina di coca con due strisce su uno specchio con la foto di Rambo. Ormai so tutto di questo tizio. C'è una foto della sua carta di credito, so dove è nato (in un paesino della Westfalia), conosco la sua targa e posso recitare a memoria un elenco dei suoi locali preferiti. So persino che voce ha—amichevole, con le parole pronunciate in modo chiaro, una a una—perché nelle chat ci sono alcuni messaggi vocali e video.

In pratica, il mio cellulare è passato per le mani di due persone diverse. Prima il tizio con figli a cui piace essere fotografato dal basso, e che probabilmente non ha rubato il mio cellulare, ma l'ha acquistato. Le date in cui sono state scattate le sue foto sono più recenti, e risalgono a un mese circa dopo il furto. I dati recuperati tramite backup, le foto della cocaina e di Rambo risalgono invece a sei mesi prima, ovvero ben prima che il mio telefono venisse rubato. Appartengono a una scheda SD che qualcuno—non si sa come o perché—ha inserito nel mio telefono.

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Una festicciola. Foto ritrovata sul mio cellulare.

Dopo il furto del cellulare mi sono sentita spogliata, nuda. Ora che ce l'ho di nuovo, mi sento sporca. Ho le vite di due sconosciuti sotto ai miei occhi, perché non sono riuscita a fermarmi.

"È una cosiddetta strategia di coping," mi dice lo psicologo Stefan Grimm, di Colonia, quando gli chiedo di spiegarmi perché mi sento così. "È come se il furto avesse invaso la tua sfera privata, e ora tu hai ribaltato i ruoli. Hai trasformato il criminale in vittima, un meccanismo che ti aiuta a riottenere il controllo e a trasmetterti una sensazione di sicurezza."

Spengo il cellulare e lo metto in un cassetto. Non ne ho più bisogno, perché qualche giorno prima ne ho comprato uno nuovo. E nonostante non sia più a portata di mano, continuano a venirmi in mente le istantanee di quelle vite. In particolare quella del fan della cocaina, di cui conosco l'indirizzo e che potrei andare a trovare. Ma cosa direi dopo? "Ciao, ti ho trovato sul mio telefono e ora so tutto di te."

Invece chiamo la polizia di Colonia per avere più dettagli sul ritrovamento del cellulare. Mi spiegano che il primo tizio—quello delle foto del pisello—era sotto indagine. Non mi dicono che tipo di indagine, e la mia denuncia per il furto del cellulare non fa di me una testimone né richiede che mi vengano trasmesse informazioni riservate. Poi aggiungono che non è raro che, nonostante le prove, le indagini non vengano portate a termine poiché costerebbero più di qualsiasi pena si possa infliggere per il furto di beni di piccola entità. Non penso di trovarmi d'accordo con la polizia su quel "piccola entità." Il mio telefono non sarà qualcosa di grosso, ma dentro c'è tutta la mia vita. E anche la loro.

Decido di scrivere a entrambi un messaggio su Facebook, consapevole che almeno uno dei due potrebbe essere un criminale (un criminale potenzialmente al corrente di tutti i dettagli della mia esistenza). "Ciao, ho trovato tutte le tue cose sul cellulare che mi hanno restituito e che mi era stato rubato. Puoi spiegarmi come ci sono finite?" Non ottengo risposta. Probabilmente i miei messaggi sono finiti nella casella 'Altri', dove si annidano tutte le richieste di persone che non conosci. Se voglio che vedano i miei messaggi devo aggiungerli agli amici. Ma per ora penso di aver visto abbastanza.