FYI.

This story is over 5 years old.

Tecnologia

"Così abbiamo convinto il Ministero della Difesa a convertirsi all’open-source”

La pubblica amministrazione italiana è il mostruoso titano che conosciamo tutti: qualcuno, però, sta cercando di sconfiggerlo.

Tra le tante croci che affliggono il nostro caro paese, la burocrazia istituzionale è senza dubbio la più fastidiosa. Un ecosistema gigantesco fatto di fogli, uffici, timbri e responsabili: una violenza strutturale che ha smesso da tempo di essere effettivamente funzionale, e che in questo momento storico risulta sempre più costosa. Il primo passo per risolvere questa situazione è semplice: se questa amministrazione è pubblica, perché, quando può, non si affida a strumenti di dominio pubblico?

Pubblicità

Vi raccontiamo la storia di LibreItalia, l'associazione che ogni giorno lavora per spiegare alle pubbliche amministrazioni i vantaggi nell'adozione del software libero (un lavoro meno semplice di quanto sembri.)

Si chiama LibreDifesa ed è il progetto con cui il Ministero della Difesa è entrato nell'era del software libero. In pratica sui computer che popolano gli uffici dell'ente non ci saranno più programmi "proprietari", cioè sviluppati dalle multinazionali e chiusi, di default, a modifiche dal basso, ma solo applicazioni con termini di licenza liberi, come LibreOffice, che consente miglioramenti da parte della comunità di appassionati.

Il progetto è frutto del lavoro dell'associazione no-profit LibreItalia che lo scorso settembre aveva comunicato il buon esito dell'accordo con i vertici del sistema informatico della Difesa, coordinato dal Generale Brigata Camillo Sileo. I media internazionali non hanno esitato a riprendere la notizia perché si tratta della più grande migrazione verso il software libero in Italia e la seconda in Europa con oltre 150.000 di postazioni coinvolte.

La novità LibreDifesa è fondamentale per il contesto pubblico italiano per vari motivi. Prima di tutto perché da seguito, dopo poco più di tre anni, al Decreto Legge 83 del 22 giugno 2012, che dispone per le pubbliche amministrazioni l'obbligo di preferire il software di tipo open source a quello proprietario. Ma soprattutto, ed è questo il punto più interessante, il software libero fa risparmiare somme importanti alle PA vista la gratuità delle licenze.

Pubblicità

Non ci sono dati chiari circa il numero di enti che si affida a software proprietari nel nostro paese, ma se consideriamo che il canone mensile di Office 365 completo per le pubbliche amministrazioni è di 16,70 euro e che gli enti accreditati in Italia sono oltre 23 mila (solo quelli accreditati) non ci vuole molto a realizzare che tagliare corto su una spesa del genere, preferendo valide alternative gratuite, non è per nulla una sciocchezza. Nel caso della Difesa, l'organo ha dichiarato che le cifre risparmiate grazie a LibreOffice verranno reinvestite in attività di ammodernamento dei software gestionali, sviluppati da altre aziende. In un contesto del genere, nemmeno la riduzione delle risorse economiche fa più paura.

"La migrazione della Difesa dimostra che è possibile optare per il software libero senza timore, anzi divenendo esempi da seguire anche a livello internazionale."

Per capire meglio cosa vuol dire migrare verso il software libero ho fatto due chiacchiere con Sonia Montegiove, Presidente dell'Associazione LibreItalia, promotrice di varie iniziative volte all'adozione dell'open source in comuni, regioni e istituti italiani, "La migrazione della Difesa dimostra che è possibile optare per il software libero senza timore, anzi divenendo esempi da seguire anche a livello internazionale. È importante capire che dietro LibreOffice non ci sono solo bit, ma un mondo fatto di collaborazione con altri soggetti: dalle pubbliche amministrazioni alle associazioni, fino a chi lavora sodo credendo nella diffusione gratuita del sapere e del miglioramento informatico," mi spiega.

"L'approccio della Difesa è stato orientato, fin dalle procedure di analisi, alla ricerca di esperienze pregresse e di sinergie da attivare, con scambi di informazioni e competenze, e ha dimostrato che anche nella PA esiste la concreta possibile di ottimizzare le risorse, peraltro senza rivoluzionare metodi e strumenti di lavoro. Nel progetto LibreDifesa si è cercata fin da subito l'interazione con numerose realtà, al fine di stilare una serie di buone pratiche da condividere tramite licenza copyleft. È la prova che la conoscenza open genera altra conoscenza," continua.

Ma non solo. L'adozione di LibreOffice, da parte del Ministero della Difesa è un segnale forte in risposta al sempreverde trend della pirateria digitale. In che senso? Non è raro che le amministrazioni pubbliche, pur di risparmiare qualcosa, decidano di adottare procedure poco etiche per utilizzare suite professionali normalmente a pagamento (non solo Microsoft Office). Un paio di anni fa, l'organizzazione BSA-The Software Alliance, aveva condotto una ricerca sulla proliferazione di software pirata in aziende e PA italiane. I risultati parlavano di oltre il 48% di programmi non originali nei computer, compresi quelli di sindaci e amministratori. Una percentuale alta, più della media europea (34%), destinata a scendere grazie al lavoro del team di LibreItalia.

Per quanto l'argomento possa sembrare tecnico, l'adozione di sistemi open in contesti pubblici significherebbe fare un enorme passo avanti sia nei rapporti di trasparenza che in quelli di risparmio. Il lavoro svolto da LibreItalia, quindi, è in questo senso non solo ben accolto, ma fondamentale.

Segui Antonino su Twitter: @connessioni