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Cosa ci dice l’ondata di meme sull’uccisione dell'ambasciatore russo in Turchia

Come le foto e i video dell'uccisione dell'ambasciatore russo ad Ankara sono già diventate dei meme, pochissimo tempo dopo il fatto.
Grab dal video.

A pochissime ore dall'uccisione dell'ambasciatore russo in Turchia Andrey Karlov per mano del 22enne Mert Altintas, le foto e i video dell'accaduto hanno iniziato a dominare tutti i siti d'informazione non soltanto per il contenuto potenzialmente scioccante, ma anche per le possibili implicazioni politiche di tale azioni.

Poco dopo, quella che sembrava destinata a essere "la" notizia più importante del 19 dicembre, com'è ormai noto, è stata superata in orrore dalla strage di Breitscheidplatz, che si è guadagnata rapidissimamente la centralità, diventando già dopo un'ora dai primi dettagli dell'accaduto il primo hastag più scritto: #PrayForBerlin. In entrambi i casi, assai diversi ma accomunati dall'intenzione di seminare terrore tramite un gesto imprevedibile, la ricostruzione dettagliata degli eventi è ancora lontana dall'essere chiara. C'è però un elemento che rende i due fatti distinti, almeno nella loro forma digitale: l'uccisione dell'ambasciatore russo, attraverso il suo attentatore, è diventata immediatamente un meme. È accaduto questa volta forse ancor più rapidamente che in altri casi, legati magari a fenomeni e personaggi della politica o della cultura pop.

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Questa volta però Altintas è, indipendentemente dai motivi che lo hanno animato, un killer che a omicidio ancora fresco e dopo la sua stessa uccisione (avvenuta per mano della polizia), si è trasformato nell'ennesimo lol digitale da ripostare e condividere.

Non c'è dubbio che l'uccisione dell'ambasciatore russo si possa già annoverare tra i casi più spettacolari di morte in diretta avvenuti davanti a telecamere e macchine fotografiche. Cos'ha potenziato così tanto il caso di Ankara? Diversi elementi. Primo tra tutti, il luogo: l'azione si è svolta all'interno di una galleria d'arte che ospitava una mostra fotografica dal tema "La Russia vista dai turchi", perciò lo spazio è quello tipicamente "whitecube" destinato a ospitare oggetti per risaltarne il loro valore estetico ma soprattutto per astrarli da ogni possibile relazione o dialogo simbolico con altri elementi che potrebbero intaccarne il senso.

Poi vi è la dinamica del gesto, che proprio per via della location—come ha subito riferito il fotografo Burhan Ozbilici, autore degli scatti diventati immediatamente virali—sarebbe avvenuto sotto gli occhi increduli dei visitatori presenti al vernissage, almeno per poche frazioni di secondi convinti che la performance estrema fosse in realtà un happening artistico a metà tra Alan Caprow e Chris Burden, con l'attentatore perfettamente "mimetizzato" in un completo con cravatta nera e camicia bianca.

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Guardando le foto di Ozbilici, così come i due video immediatamente diffusi dopo l'accaduto, si deve poi notare un terzo fondamentale elemento: le luci hanno conferito all'intera scena un tono surreale, o per meglio dire iperreale, con foto (scattate da un professionista e non con il solito smartphone) che riviste oggi sembrano già le immagini di scena promozionali di una nuova serie televisiva. Un'impressione, questa, condivisa tra gli utenti online che proprio basandosi su tale possibile paragone hanno subito creato appositi meme.

Se alcune di queste creazioni possono fare effettivamente e mestamente sorridere, e in alcuni casi suggerire letture storiche istantanee—una tra tutte: il paragone non solo omicidiario ma anche fisiognomico con Gavrilo Princip , il rivoluzionario bosniaco che con l'assassino dell'arciduca Francesco Ferdinando diede simbolicamente il via alla Prima guerra mondiale—la maggior parte tende a utilizzare associazioni sottilmente ironiche oppure marcatamente ignoranti e grottesche, derubricando il fatto a una semplice jpeg su cui farsi una risata. Così, i meme di Mert Altintas vanno ad aggiungersi al novero di migliaia di altre immagini virali di qualsiasi segno, di qualsiasi natura, che indipendente dal loro peso vengono messe sullo stesso piano e diffuse e fruite con la stessa leggerezza—con risultati che spaziano dal patetico, all'ostile all'odioso: ne è un esempio il recente caso il volto dell'autrice americana Lizzie Velásquez affetta dalla sindrome di Marfan e diventata suo malgrado oggetto di ludibrio da parte di utenti di tutto il mondo.

In questo senso, l'apparente leggerezza e l'assoluta rapidità di diffusione di queste immagini rivelano sempre di più il loro potenziale nefasto e il loro precipitato politico: si è già scritto molto della memizzazione di Trump e di come ciò l'abbia mantenuto sempre presente in quello che ormai è il canale d'informazione privilegiato (se non l'unico) dalla gran parte delle persone: Facebook.

I meme di Mert Altintas, però, potrebbero lasciare spazio a molto altro: dietro l'apparente bisogno di sdrammatizzare, il dramma appare in realtà del tutto evaso e saltato a piè pari, ricercando l'elemento ludico in un evento che sotto nessun punto di vista può essere divertente. Con il rischio, nemmeno tanto remoto, di vedere organizzazioni terroristiche appropriarsi del linguaggio dei meme per diffondere ancora più efficacemente il loro messaggio di morte, aiutate inconsapevolmente dalla nostra ossessione verso istantanee particelle di volatile divertimento.

Del resto, nel clima di postreale che il 2016 ha definitivamente messo in moto, le immagini di Burhan Ozbilici a metà tra Black Mirror, un film di Tarantino o le opere di artisti come Longo e Cattelan sono soggetti perfetti per diventare il prototipo di una nuova generazione di meme. Come Susan Sontag scrisse nel suo saggio Davanti al dolore degli altri,__ nei racconti dei sopravvissuti all'attacco delle Twin Towers, l'elaborazione dell'esperienza scioccante che nelle decadi precedenti "sembrava un sogno" era ormai totalmente sostituita da "sembrava un film". È molto probabile che presto ricorderemo il senso di estraniamento dei prossimi fenomeni estremi con "sembrava un meme".

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