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Tecnologia

Ecco perché esistono ancora i biglietti da visita

Il CEO di LinkedIn ha provato a seppellirli, ma la tradizione dei biglietti da visita sopravvive al tempo e ai confini geografici.
Immagine: Shutterstock

Ossessione giapponese, robetta da startupper o feticcio del rappresentante assicurativo, è evidente che i biglietti da visita stiano resistendo alla rivoluzione digitale e alle frontiere geografiche.

Un anno fa, il CEO di LinkedIn Ryan Holmes ha pubblicato su Pulse la tribuna "RIP Business Cards: Why It's Time to (Finally) Ditch Them", cercando di seppellire definitivamente questa pratica, secondo lui poco rispettosa dell'ambiente (come se internet lo fosse).

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Ma considerando la quantità di ads di Vistaprint e la diversità dei servizi proposti dai siti come Moo.com, il mercato sembra indicare che Ryan Holmes non aveva ragione. Oggi è infatti possibile stampare con pochi euro il proprio biglietto da visita su carta mono-patinata, opaca, martellata o riciclata… A cosa è dovuto il successo delle business card? Se internet e il computer hanno permesso di moltiplicare lo spazio disponibile per organizzare le nostre idee, alla fine dei conti, per ricordarsi una cosa, non c'è nulla di meglio di un post-it. E per ricordarsi di qualcuno, di un biglietto da visita.

BUSINESS AS USUAL

Promessa di un affare commerciale, di una liaison amoureuse o di una pratica di networking aggressivo, il biglietto da visita resiste ai secoli. Nato nel XVIII secolo in Francia, durante il regno di Luigi XIV, la carte de visite appare spoglio e senza ornamenti.

Capitano Georges Chanzy (1844-1906), Lannoy de Bissy, Francia. Immagine: Bibliothèque numérique de Chambéry

Al contrario, in Italia, i primi biglietti manoscritti - apparsi circa nel 1730 a Firenze - saranno presto soppiantati da sofisticate incisioni eseguite con l'aiuto del bolino, uno scalpello a punta metallica: lo stesso attrezzo utilizzato da Piranesi per le acqueforti o per le incisioni di Dürer e Tiepolo. La preziosa collezione dei primi del Settecento del barone Ferdinand de Rothschild ne è un ottimo esempio.

Se la tradizione francese era legata al protocollo di corte, in Inghilterra fu il commercio a spingere i commercianti a utilizzare quelli che in inglese si chiamano a giusto titolo business card. La primavera culturale e la ricchezza del periodo georgiano permise lo sviluppo delle arti e della creazione, come testimoniano anche i biglietti da visita di quel periodo, visibili nell'archivio on line del British Museum, che ne contiene 15.700, o quello dedicato alle donne commercianti dell'Università di Oxford.

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COME DIVENTARE CIECHI NELLE FIANDRE AL TEMPO DEL PIOMBO

Nel 1825, le tipografie di Bruges, Gand e Bruxelles inventano un nuovo procedimento di stampa, la Porseleinkaarten (cioè la carta porcellana). Il suo nome evoca l'effetto liscio e brillante della porcellana, rimasto intatto fino ai giorni nostri. Con questa tecnica venivano realizzati i biglietti da visita (nel classico formato di carta di credito o in A3), i menù dei ristoranti o i programmi dei concerti. La minuziosa attenzione per i dettagli e l'utilizzo dei colori avevano fatto esplodere la moda della "carta porcellana". Purtroppo, a cinquant'anni dalla loro nascita, la tecnica della Porseleinkaarten scompariva a causa dei gravi problemi di salute che colpivano gli incisori delle stamperie. L'utilizzo delle polveri colorate e gli ossidi di piombo portavano infatti alla cecità.

Biglietto da visita della Boulangerie Lagenbick- De Splenter di Gent. Immagine: Liberaal Archief

Il blu di Prussia veniva fabbricato a Gand utilizzando i sali di ferro, il rosso veniva estratto dall'ematite e il giallo composto da un elemento altamente tossico, il cromato di piombo, utilizzato anche da Van Gogh. Il nero era derivato dal nero di carbone o animale, mentre per le dorature veniva impiega una polvere di metallo di rame e argento, meno costoso della foglia d'oro.

MEISHI, STORIA DI UN PROTOCOLLO GIAPPONESE

Se in Europa il biglietto da visita è rimasta una pratica diffusa, la società giapponese se ne è appropriata al punto da diventare il caposaldo del protocollo nipponico. La storia d'amore tra giapponesi e biglietti da visita è nata nel XVIII secolo : al tempo i biglietti venivano lasciati se la persona visitata era assente.

Vero e proprio rituale giapponese, lo scambio dei biglietti da visita (il (meishi kōkan) deve rispettare una serie di regole precise: non bisogna annotare nulla sui biglietti ricevuti, i biglietti devono essere stretti con entrambe le mani lanciandosi in un profondo inchino, il biglietto ricevuto deve essere riposto come un tesoro prezioso nell'apposito porta biglietti da visita, è necessario effettuare lo scambio in piedi e non bisogna mai distribuire i biglietti con una mano.

Benché la rivoluzione paperless stia cominciando a garantire qualche anno di vita in più ai nostri cari vecchi alberi, perdere una tradizione folkloristica come i biglietti da visita sembra quasi un peccato. Quindi giù di cattivo gusto, andate a idearne e a stamparne, grazie.